video suggerito
video suggerito

Gli effetti dell’Alzheimer visibili sulla retina: speranze per diagnosi precoce da visita oculistica

Un nuovo studio ha evidenziato che il morbo di Alzheimer e il declino cognitivo innescano specifiche alterazioni sulla retina. Possibile test diagnostico precoce grazie a una semplice visita oculistica.
A cura di Andrea Centini
0 CONDIVISIONI
Immagine

Una semplice visita oculistica potrebbe aiutare i medici a diagnosticare con precisione e precocemente il morbo di Alzheimer, la principale forma di demenza al mondo che colpisce oltre 40 milioni di persone (saranno 150 milioni nel 2050). La ragione risiede nel fatto che la retina, "affacciata" sul sistema nervoso, presenta delle caratteristiche alterazioni in pazienti affetti dalla patologia neurodegenerativa e con declino cognitivo. Tali anomalie sono state osservate anche in persone senza tali disturbi; secondo gli studiosi potrebbero essere un segnale precoce di Alzheimer, i cui sintomi, del resto, si manifestano decenni dopo l'avvio del processo di degenerazione neuronale. La speranza è che si possa arrivare a un test diagnostico standardizzato in grado di identificare il morbo allo stadio iniziale e approntare tutti i percorsi terapeutici in grado di rallentarne il decorso. Ad oggi, purtroppo, si tratta ancora di una malattia incurabile.

A determinare che un esame oculistico (della retina) potrebbe essere efficace nel diagnosticare l'Alzheimer è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi del Maxine Dunitz Neurosurgical Research Institute del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Facoltà di Medicina, Salute e Scienze Umane dell'Università Macquarie di Sydney (Australia), dell'European Brain Research Institute (EBRI) di Roma, del Queensland Brain Institute e di altri istituti. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Maya Koronyo-Hamaoui, docente di Neurochirurgia, Neurologia e Scienze biomediche presso il centro californiano, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto un'approfondita indagine istopatologica e biochimica della retina e dei tessuti cerebrali di 86 donatori deceduti. I campioni sono stati raccolti nell'arco di 14 anni da pazienti con Alzheimer conclamato e vari livelli di deterioramento cognitivo. Si tratta del più grande campione di questo genere analizzato in letteratura scientifica. In questo modo è stato possibile confrontare lo stato patologico dei tessuti e metterlo in relazione con la funzione cognitiva, da normale a gravemente compromessa dall'Alzheimer.

Nei pazienti con lieve declino cognitivo e Alzheimer i ricercatori hanno osservato diverse anomalie. Innanzitutto è stata rilevata una maggiore concentrazione di una proteina chiamata beta-amiloide 42, “che nel cervello dei pazienti con malattia di Alzheimer si aggrega per formare placche che interrompono la funzione cerebrale”, come spiegato dal Cedars Sinai in un comunicato stampa. Hanno inoltre rilevato l'accumulo della proteina “appiccicosa” beta-amiloide nelle cellule gangliari; un numero superiori di astrociti e cellule di microglia (immunitarie) associate alle placche di beta-amiloide; l'80 percento in meno di cellule microgliali deputate all'eliminazione di queste placche dalla retina e dal cervello; e marcatori biologici associati alla neurodegenerazione e all'infiammazione.

Tutte queste alterazioni, che si manifestavano con atrofia dei tessuti e infiammazione di vario grado, in particolar modo nelle zone esterne della retina, erano strettamente associate al declino cognitivo. “Questi cambiamenti nella retina erano correlati con i cambiamenti in parti del cervello chiamate cortecce entorinale e temporale, un centro per la memoria, l'orientamento e la percezione del tempo”, ha specificato la dottoressa Koronyo, evidenziando il legame con la funzione cognitiva. In parole semplici, queste alterazioni possono essere la manifestazione della patologia neurodegenerativa in corso. Un aspetto interessante risiede che esse erano presenti anche in alcune persone con funzione cognitiva normale o leggermente compromessa; ciò suggerisce che potrebbe trattarsi di segnali predittivi per una futura diagnosi di Alzheimer. Ecco perché una visita oculistica ad hoc potrebbe essere molto preziosa.

“Il nostro studio è il primo a fornire analisi approfondite dei profili proteici e degli effetti molecolari, cellulari e strutturali dell'Alzheimer nella retina umana e di come corrispondono ai cambiamenti nel cervello e nella funzione cognitiva”, ha spiegato la professoressa Koronyo- Hamaoui. “Questi risultati potrebbero alla fine portare allo sviluppo di tecniche di imaging che ci consentono di diagnosticare l'Alzheimer prima e in modo più accurato e di monitorare la sua progressione in modo non invasivo guardando attraverso l'occhio”. ha chiosato la neurochirurga. Un recente studio ha dimostrato che la comune forma di demenza potrebbe essere diagnosticata anche attraverso un esame del sangue. I dettagli della ricerca “Retinal pathological features and proteome signatures of Alzheimer’s disease” sono stati pubblicati sulla rivista Acta Neuropathologica.

0 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views