Gli effetti collaterali di Sanremo, il neurologo spiega cosa succede se lo guardiamo fino alla fine
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Ci siamo, mancano solo poche ore all'inizio della 75esima edizione del Festival di Sanremo. È inutile negarlo, tutti lo sanno e quasi tutti lo guarderanno, tra gli irriducibili che non perdono nemmeno una serata, quelli che da giorni studiano la squadra perfetta del FantaSanremo e i curiosi dell'ultima ora. D'altronde, che Sanremo sia uno degli eventi più seguiti dell'anno è un ormai un dato di fatto: lo scorso anno, la serata più attesa, quella della finale, è stata vista da più di 14 milioni di persone, circa un italiano su cinque.
Da martedì 11 febbraio a sabato 15 febbraio ci aspettano quindi cinque serata intense (trovate qui il programma serata per serata), e anche molto lunghe, considerato che in media Sanremo dura fino a notte inoltrata, anche oltre l'una di notte. Ma, fatta eccezione per la finale che capita nel weekend, andare a dormire così tardi può diventare un problema per la nostra salute, rendendoci difficili anche le più comuni attività quotidiane. Questo è vero soprattutto per chi ha un lavoro o un altro impegno, come scuola o università, per cui deve svegliarsi presto al mattino.
A mettere in guardia sui possibili effetti collaterali della settimana sanremese è il neurologo Luigi Ferini-Strambi, professore ordinario di neurologia all'Università Vita-Salute San Raffaele e direttore del Centro di medicina del sonno del San Raffaele di Milano. Il medico ha spiegato all'agenzia di stampa Adnkronos che fare le ore piccole per più giorni consecutivi può esporci a uno stress eccessivo, che potrebbe avere un impatto negativo sullo stato dell'organismo e del cervello.
Un sonno insufficiente per più giorni può infatti ripercuotersi sul funzionamento delle aree frontali del cervello, che sono quelle "deputate – spiega Ferini-Strambi – a prendere decisioni improvvise durante il girono, oltre alla capacità di controllare l'istinto". Dormire poco può anche compromettere le funzioni cognitive rendendoci più irritabili e nervosi, oltre a penalizzare la nostra produttività e lucidità sul lavoro e a scuola.
Queste raccomandazione valgono per tutti, a prescindere dalle proprie abitudini di sonno. Non tutti infatti abbiamo le stesse modalità e esigenze. Per questo si distingue tra "allodole" e "gufi": nella prima categoria rientrano le persone abituate ad andare a dormire presto e a sentirsi più attive la mattina, i secondi sono invece coloro che tendono naturalmente ad addormentarsi più tardi la sera, in quanto si sentono più prodotti sul tardi piuttosto che durante la mattina. Ovviamente, fare le ore piccole può essere più difficile per le allodole, ma i rischi valgono per entrambi: vi lasciamo qui un approfondimento sul numero ideale di ore di sonno.
Quando infatti una persona è soggetta per lunghi periodi a deprivazione di sonno – spiega il sito di Fondazione Humanitas – può sviluppare non solo alterazioni nell'umore, ma anche veri e propri sintomi fisici, come stanchezza profonda, sintomi ansiosi o depressivi, difficoltà di concentrazione o memoria o eccessiva sonnolenza diurna. Inoltre, dormire male e poco è in generale un'abitudine dannosa perché sul lungo periodo può aumentare il rischio di diverse condizioni di salute, compreso quello di declino cognitivo e demenza.