Gli astronauti perdono decenni di massa ossea nello spazio: missioni su Marte e oltre a rischio
Quando gli astronauti ritornano sulla Terra dopo una lunga permanenza nello spazio vengono normalmente accolti con le carrozzine e portati a braccio, a causa degli effetti prolungati della microgravità su scheletro e muscoli. Diverse ricerche hanno infatti dimostrato che per ogni mese trascorso “fra le stelle” si perde tra l'1 e il 2 percento della densità ossea, mancando la pressione determinata dalla gravità terrestre. Sulla Terra riusciamo ad alzarci in piedi, camminare e correre proprio grazie al sistema muscolo-scheletrico che si è evoluto sotto la spinta della gravità. È per questa ragione che gli astronauti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) devono praticare intensa attività fisica ogni giorno, cercando di mantenere il più possibile robusto ed efficiente questo sistema. Un nuovo studio ha tuttavia dimostrato che durante le permanenze prolungate (maggiori di sei mesi) gli astronauti possono perdono decenni di densità ossea che in molti casi non viene recuperata del tutto nemmeno a un anno dal rientro. Ciò pone seri dubbi sulla nostra capacità di sopportare i lunghissimi viaggi verso Marte o altre destinazioni dello spazio profondo. Dopo mesi o anni di volo, infatti, gli astronauti avrebbero significative difficoltà anche solo a scendere dalle navette e a mettere piede sul nuovo mondo.
A determinare che la prolungata permanenza in microgravità o assenza di gravità nello spazio può strappare decenni di densità ossea è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università di Calgary, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dello Human Heath and Performance Directorate della NASA, del Dipartimento di Medicina preventiva dell'Università del Texas Medical Branch, del Dipartimento di Scienze della Nutrizione e dell'Alimentazione dell'Università di Bonn del Centro Tedesco di Immunoterapia e di altri istituti. Gli scienziati, coordinati dal professor Steven K. Boyd, docente presso il McCaig Institute for Bone and Joint Health dell'ateneo canadese, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver coinvolto nello studio 17 astronauti con un'età media di 47 anni, 14 dei quali maschi. I ricercatori hanno analizzato la forza ossea, la microarchitettura e la densità minerale ossea totale, corticale e trabecolare della tibia e del radio in diversi momenti: prima del volo spaziale, al ritorno sulla Terra e dopo 6 e 12 mesi dal rientro. Per le analisi hanno sfruttato la tomografia computerizzata quantitativa periferica ad alta risoluzione (HR-pQCT; 61 μm).
Dall'analisi dei dati raccolti è emerso che, a un anno dal rientro, la forza ossea mediana della tibia, la densità minerale ossea e il volume dell'osso trabecolare risultavano ridotti da – 0,9 a – 2,1 percento rispetto alla condizione prima della partenza. Gli astronauti che sono rimasti più a lungo sulla stazione spaziale, ovvero più di 6 mesi, hanno avuto un recupero peggiore. Oltre la metà, infatti, a 12 mesi dal rientro non aveva completamente recuperato la densità minerale, con ancora un decennio o più di massa ossea da recuperare. “Abbiamo scoperto che le ossa portanti si sono riprese solo parzialmente nella maggior parte degli astronauti un anno dopo il volo spaziale”, ha dichiarato la coautrice dello studio Leigh Gabel in un comunicato stampa. “Ciò suggerisce che la perdita ossea permanente dovuta al volo spaziale è più o meno la stessa di un decennio di perdita ossea legata all'età sulla Terra”, ha aggiunto l'esperta. "Continuerà a peggiorare nel tempo o no? Non lo sappiamo", ha dichiarato il professor Boyd all'AFP. "È possibile che si raggiunga uno stato stazionario dopo un po', o è possibile che continuiamo a perdere l'osso. Ma non posso immaginare che continueremo a perderlo finché non rimane più nulla", ha chiosato l'esperto. Secondo uno studio di previsione, con un viaggio su Marte si stima che circa un terzo degli astronauti sarebbe a rischio osteoporosi.
Sono tutti dati rilevanti che pongono un problema significativo per i futuri viaggi nel cuore del Sistema solare e oltre; due ore di attività fisica al giorno a bordo della ISS non sono infatti sufficienti a contrastare gli effetti di demineralizzazione, se per le restanti 22 è come se si stesse costantemente a letto. I dettagli della ricerca “Incomplete recovery of bone strength and trabecular microarchitecture at the distal tibia 1 year after return from long duration spaceflight” sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports.