Gli antichi Egizi bevevano un mix di alcol, fluidi corporei e allucinogeni: la prova in una tazza di Bes
Durante alcuni rituali religiosi, gli Egizi bevevano un miscuglio di alcol, fluidi corporei e allucinogeni che potrebbe averli aiutati a rievocare la potenza di una storia mitologica, in cui una divinità nana ingannava la dea del cielo. Le tracce di quell’intruglio erano in un vaso di Bes, una tazza raffigurante la divinità egizia protettrice del parto, della fertilità e della gioia, custode delle gestanti e degli infanti.
Nell’Antico Egitto, i vasi di Bes erano diffusi fin dal tempo del Nuovo Regno (XVI-XI secolo a.C.) al periodo tolemaico (330-30 a.C.) e imperiale romano (30 a.C. – 476 d.C.) e sono stati ritrovati in molteplici contesti archeologici, da quelli funerari ai residenziali e sacri, il che ha finora reso estremamente difficile determinare se fossero utilizzati come vasellame domestico o per scopi funerari, per preparazioni medicinali o cosmetiche, oppure in rituali magici o cerimonie religiose, per promuovere la fertilità, curare malattie o allontanare il male.
Anche sul tipo di liquido che potevano contenere sono state formulate diverse ipotesi, ma solo pochi vasi sono stati effettivamente testati per ricercare tracce di materiali organici, senza tuttavia riuscire a fare completamente luce su questo antico mistero egizio.
Le tazze di Bes contenevano un intruglio allucinogeno
A risolvere l’enigma sono state nuove analisi chimiche condotte su un vaso di Bes risalente al periodo tolemaico, le cui pareti interne sono state raschiate, fino a ottenere un campione di polvere, poi valutato con diverse tecniche – dall’estrazione del DNA antico alla spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier, una tecnica che utilizza la luce infrarossa per individuare a natura chimica di tutte le sostanze organiche e inorganiche di un composto.
L’indagine ha rivelato che il vaso conteneva un particolare mix di alcol, fluidi corporei e sostanze allucinogene, suggerendone l’uso in “una sorta di rituale di rievocazione di ciò che accadde in un evento significativo del mito egizio” scrive il team che ha condotto l’analisi nello studio pubblicato su Scientific Report. L’evento in questione è quello narrato nel Mito dell’Occhio Solare, quando il dio nano Bes fermò l’ira sanguinaria della dea Hathor, servendole una bevanda alcolica, condita con una droga a base vegetale, camuffata da sangue, per indurre un sonno profondo e oblio su di lei.
In particolare, l’intruglio che avrebbe dovuto celebrare quell’evento (e potrebbe aver indotto allucinazioni in chi lo beveva) veniva preparato con ruta selvatica (Peganum harmala), loto egiziano (Nymphaea nouchali var. caerulea) e una pianta del genere Cleome, tutte tradizionalmente dotate di “proprietà psicotrope e medicinali” spiega il team, che ha anche rilevato tracce di miele, semi di sesamo, pinoli, liquirizia e uva, una combinazione che era “comunemente usata per far sembrare la bevanda simile al sangue”.
I ricercatori hanno anche trovato tracce di fluidi corporei umani come saliva e sangue, che potrebbero indicare che gli egizi bevessero la miscela. È però possibile che i fluidi corporei fossero aggiunti come ingrediente, ha aggiunto il team nello studio.
“La religione è uno degli aspetti più affascinanti e sconcertanti delle civiltà antiche – ha affermato il professor Davide Tanasi, della University of South Florida (USF) che ha sviluppato questo studio come parte del progetto Mediterranean Diet Archaeology promosso dall’Institute for the Advanced Study of Culture and the Environment, collaborando con diversi ricercatori e partner dell’USF in Italia, presso l’Università di Trieste e l’Università di Milano – . Con questo studio, abbiamo trovato prove scientifiche che i miti egiziani hanno una sorta di verità e ci aiuta a far luce sui rituali poco compresi che probabilmente venivano eseguiti nelle Camere di Bes a Saqqara, vicino alle Grandi Piramidi di Giza”.
Il vaso di Bes da cui è stato ricavato il campione è esposto al Tampa Museum of Art, in Florida, che lo ha acquisito nel 1984 e dove attualmente può essere ammirato nella mostra “Prelude: An Introduction to the Permanent Collection”.