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Gigantesco “buco” apparso sul Sole, è rivolto verso la Terra: tempeste solari attese oggi e domani

Un immenso buco coronale grande quanto 63 terre si è aperto sull’atmosfera del Sole, proiettando verso il nostro pianeta un velocissimo flusso di plasma. Gli esperti si attendono tempeste geomagnetiche tra oggi e domani. Quali sono i rischi.
A cura di Andrea Centini
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Credit: NASA / SDO
Credit: NASA / SDO

Un enorme “buco” è apparso nell'atmosfera del Sole e ha scagliato vento solare rapidissimo verso la Terra. Secondo gli esperti questo flusso di particelle cariche elettricamente (plasma) ultraveloce provocherà tempeste geomagnetiche sul nostro pianeta tra lunedì 4 e martedì 5 dicembre 2023. A essersi formato è un enorme buco coronale, un'area nella parte più esterna dell'atmosfera solare (la corona, appunto) in cui i campi magnetici della stella si sono aperti. Come spiegato dalla NASA, queste aperture rivolte verso lo spazio interplanetario permettono al vento solare di fuoriuscire a grandissima velocità – fino a 800 chilometri al secondo – e, nel caso in cui fosse diretto verso la Terra, può dare vita a tempeste geomagnetiche più o meno intense. È esattamente lo scenario che si sta verificando in queste ore.

A immortalare nell'ultravioletto l'immenso buco coronale il Solar Dynamics Observatory (SDO) della NASA, un telescopio spaziale lanciato nel febbraio del 2010 con l'obiettivo di monitorare la nostra stella e studiare l'impatto della sua attività sulla Terra. Come spiegato sul profilo X (ed Twitter) di Erika, un'astronoma canadese specializzata nello studio dell'evoluzione dei pianeti giganti gassosi (come Giove e Saturno), il buco nelle immagini pubblicate dalla NASA appare scuro “perché manca il gas caldo e incandescente normalmente contenuto al suo interno”. Infatti è stato liberato dall'apertura dei campi magnetici e, come indicato, ora è in viaggio verso il nostro pianeta, esattamente come lo era il vento solare della tempesta geomagnetica “cannibale” dei giorni scorsi. Quest'ultima, tuttavia, era stata sprigionata da un'espulsione di massa coronale (CME), un altro fenomeno solare più comune nel periodo di maggiore attività della stella (mentre i buchi coronali sono più frequenti nella fase di minore intensità).

A rendere particolarmente impressionante il buco nell'atmosfera solare sono le dimensioni, ben 800.000 chilometri nel lato più lungo. Per rendersi conto di quanto è grande, basti sapere che ci entrerebbero quasi 63 terre impilate l'una sull'altra (il nostro pianeta ha un diametro di 12.742 chilometri). Le dimensioni sono simili a quelle di un altro buco coronale che si aprì sul Sole nel 2015. Fortunatamente il vento solare ultraveloce diretto verso la Terra non dovrebbe scatenare tempeste geomagnetiche di intensità significativa; il portale specializzato spaceweather.com, infatti, indica che potrebbero manifestarsi tempeste geomagnetiche di classe G1 (debole) o G2 (moderata). Eventi di questo genere possono determinare disturbi alla rete elettrica, problemi alle operazioni satellitari, perdita di comunicazioni radio HF a latitudini elevate e alterazioni nel comportamento migratorio degli animali. Nei giorni scorsi la già citata tempesta “cannibale” ha dato vita a una tempesta solare G3 (forte), che comporta problemi maggiori per satelliti, alimentazione e simili. Gli esperti sono preoccupati dal fatto che il Sole potrebbe presto dar vita a una tempesta geomagnetica G5 (la più forte) analoga all'evento di Carrington del 1859, in grado di provocare gravi danni a satelliti, rete elettrica e connessioni internet, rispedendoci in un vero e proprio Medioevo tecnologico per lungo tempo.

Un “effetto collaterale” del vento solare che si abbatte contro la magnetosfera terrestre sono le magnifiche aurore polari (boreali nell'emisfero settentrionale e australi in quello meridionale), coloratissimi fenomeni ottici legati all'interazione tra le particelle cariche elettricamente e i gas nella ionosfera. Quando le tempeste geomagnetiche sono molto intense le aurore polari possono verificarsi anche a latitudini molto più basse del normale e dunque possono diventare visibili anche dall'Italia. Ricordiamo che lo scorso 5 novembre nei cieli dello Stivale comparve un fenomeno simile chiamato SAR, che inizialmente era stato scambiato per un'aurora polare.

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