Forse abbiamo scoperto qual è la causa del colon irritabile
Nella maggior parte delle persone, la normale flora microbica dell’intestino prolifera senza arrecare alcun tipo di danno. Ma in presenza di un’infiammazione intestinale, alcuni microrganismi possono espandersi in maniera eccessiva, contribuendo allo sviluppo della sindrome del colon irritabile, una condizione cronica conosciuta anche come sindrome dell’intestino irritabile (IBS, dall’inglese irritable bowel disease), che comprende una serie di disturbi a carico del colon. Tra questi la colite ulcerosa, una malattia caratterizzata da infiammazione e ulcerazioni della mucosa dell’intestino crasso, i cui sintomi più comuni sono diarrea, spesso con sangue, dolore, debolezza e perdita di peso.
La possibile causa del colon irritabile
Le cause di questo disturbo non sono ancora chiare ma un team di ricerca della Cornell University di New York ha scoperto che alcuni lieviti sono particolarmente abbondanti nei pazienti con colite ulcerosa. E che più la malattia è grave, più è probabile che i pazienti mostrino una maggiore abbondanza di tali lieviti nel colon. In particolare, gli studiosi hanno osservato che specifici ceppi di Candida albicans, un fungo saprofita che normalmente si trova nel tratto gastrointestinale, dominano la mucosa del colon dei pazienti con malattia infiammatoria intestinale e che questi stessi lieviti mostrano una “ricca diversità genetica” rispetto alle specie che si trovano nelle persone senza colite ulcerosa, hanno spiegato i ricercatori in uno studio pubblicato su Nature.
Per valutare l’impatto di questi ceppi sull’infiammazione, i ricercatori hanno testato il loro effetto in modelli murini, verificando che nei topi senza infiammazione intestinale, i lieviti identificati nei pazienti con colite ulcerosa non hanno proliferato. Tuttavia, negli animali con un’infiammazione del colon, che imitava la colite ulcerosa, questi lieviti si sono espansi in maniera eccessiva, producendo una potente tossina, chiamata candidalisina, che può danneggiare alcune cellule immunitarie, note come macrofagi, innescando una tempesta di citochine, che sono proteine che promuovono l’infiammazione attraverso il sistema immunitario.
Quando ai topi è stata poi somministrata una terapia a base di corticosteroidi, una prescrizione comune per ridurre l’infiammazione intestinale, questi ceppi hanno continuato a secernere tossine, il che potrebbe spiegare perché gli attuali trattamenti per la sindrome dell’intestino irritabile spesso non riescono a risolvere il problema.
“I nostri risultati suggeriscono che questi ceppi di C. albicans non causano infiammazione intestinale spontanea – ha spiegato l’autore corrispondente dello studio, l’immunologo Iliyan Iliev della Cornell University – . Ma si espandono nell’intestino quando è presente un’infiammazione e possono essere un fattore che influenza la risposta alla terapia nei nostri modelli e forse nei pazienti”.
In altre parole, per la maggior parte delle persone, i ceppi di C. albicans non sono un problema, ma nell’intestino nei pazienti con colite ulcerosa, nei quali l’infiammazione è diffusa, alcuni ceppi fungini proliferano eccessivamente, causando più danni che benefici. “Non sappiamo però se questi specifici ceppi siano acquisiti dai pazienti durante il decorso della malattia o se siano sempre stati presenti nell’intestino e diventino un problema durante gli episodi di malattia attiva – ha aggiunto Iliev – . Tuttavia, i nostri risultati evidenziano un meccanismo mediante il quale tali ceppi fungini possono rivoltarsi contro il loro ospite e sovraccaricare l’infiammazione”.