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Vaiolo delle scimmie in Italia ed Europa

Focolai di vaiolo delle scimmie in Europa e America, esperto: “Possibile trasmissione aerea”

Decine di casi di vaiolo delle scimmie sono stati diagnosticati in Europa e America, un evento considerato raro e insolito. Cosa sappiamo e quali sono i rischi.
A cura di Andrea Centini
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L'anomalo incremento di casi di vaiolo delle scimmie (Monkeypox) registrato negli ultimi giorni nel Regno Unito ha avuto una svolta decisamente inaspettata, con la comparsa improvvisa di decine di infetti in Spagna e Portogallo, una dozzina in Canada e il primo confermato anche negli Stati Uniti. Per una malattia endemica dell'Africa occidentale / centrale si tratta di un fenomeno assai “raro e insolito”, come sottolineato anche dalla dottoressa Susan Hopkins, dirigente dell'Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (UKHSA). Il rischio è che questi focolai possano dar vita a una vera e propria epidemia, anche tenendo presente che il periodo di incubazione – il tempo che intercorre tra l'esposizione al patogeno e la comparsa dei sintomi – può arrivare fino a 21 giorni (in genere è di 6 – 13 giorni, specifica l'Organizzazione Mondiale della Sanità). Ciò significa che molte persone potrebbero aver contratto il virus e averlo trasmesso ad altri attraverso i contatti sociali, qualora fosse possibile la trasmissione pre-sintomatica (non ancora confermata). Al momento secondo gli esperti il rischio per la popolazione generale è considerato molto basso, tuttavia è necessaria la massima vigilanza, anche per capire l'origine degli insoliti focolai, con diversi contagi non associati a viaggi nel continente africano. Basti pensare che in Spagna il vaiolo delle scimmie non era mai stato rilevato prima, come riportato da El Pais, mentre nel Regno Unito i primi tre casi erano stati registrati solo nel 2018.

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Un dettaglio peculiare delle infezioni diagnosticate in Europa risiede nel fatto che in larga parte esse riguardano uomini gay, bisessuali o che comunque hanno avuto rapporti sessuali con altri uomini in tempi recenti, come riportato dall'UKHSA. Anche la direttrice generale della Sanità pubblica della Comunità di Madrid – la dottoressa Elena Andradas – ha confermato a El Pais che 22 dei primi 23 casi indagati sono relativi a uomini “che hanno avuto relazioni con altri uomini nelle ultime settimane”. La narrazione che lega i nuovi focolai di vaiolo delle scimmie alle sole comunità LGBT è comunque fortemente osteggiata da molti esperti. La malattia, infatti, come indica l'Istituto Superiore della Sanità (ISS) si pensa possa essere trasmessa tra uomo e uomo per via orale attraverso il contatto stretto e il “faccia a faccia prolungato”, oppure tramite il contatto diretto con i liquidi organici e con oggetti contaminati (i fomiti) da una persona infetta. Dunque non si tratta di un virus espressamente associato alla trasmissione sessuale, sebbene i contatti intimi con un positivo possano ovviamente favorire il contagio (ma ciò, naturalmente, non riguarda le sole comunità gay).

L'epidemiologo Eric Feigl-Ding, membro della Federation of American Scientists (FAS) e Chief Health Economist della Microclinic International, oltre che ex ricercatore presso la prestigiosa Università di Harvard, in un cinguettio su Twitter ha sottolineato di non apprezzare il fatto che ora si descriva il vaiolo delle scimmie "come una malattia sessualmente trasmissibile o LGBT". "È molto strano e non è affatto scientifico. Le popolazioni LGBT spesso hanno test migliori e potrebbero trovarlo più velocemente di altri. Non gettiamo vergogna su LGBT", ha chiosato lo scienziato, la cui posizione è stata fortemente sostenuta da molti utenti.

Nei diversi post dedicai al tema il dottor Feigl-Ding ha citato anche lo studio “Susceptibility of Monkeypox virus aerosol suspensions in a rotating chamber” condotto da scienziati del Tulane National Primate Research Center, in cui è stato dimostrato che il virus del vaiolo delle scimmie può restare nell'aria in un aerosol fino a 90 ore, mantenendo l'infettività. Il test è stato condotto in laboratorio e non ci sono conferme nel “mondo reale”, tuttavia in questa situazione è bene tenere a mente anche il potenziale rischio della trasmissione aerea attraverso le goccioline respiratorie. Non a caso l'esperto sottolinea l'importanza di continuare a indossare le mascherine, con le quali abbiamo ormai confidenza da più di due anni. Per lo scienziato si tratterebbe di un “principio di precauzione” e non dovremmo commettere lo stesso errore fatto all'inizio della pandemia di COVID-19. Il rischio di trasmissione interumana del vaiolo delle scimmie è considerato comunque basso, molto inferiore rispetto a quello di patogeni respiratori come il coronavirus SARS-CoV-2 e i virus dell'influenza.

Lesioni da vaiolo delle scimmie. Credit: wikipedia
Lesioni da vaiolo delle scimmie. Credit: wikipedia

Esistono due ceppi principali del virus che provoca il vaiolo delle scimmie e quello responsabile dei casi in Europa è il lignaggio dell'Africa occidentale, ritenuto generalmente meno aggressivo di quello del Congo (Africa centrale), pur potendo comunque provocare malattie gravi e letali. La mortalità si attesterebbe attorno all'1 percento per il primo e al 10 percento per il secondo, come indicato dall'OMS. I bambini sono considerati i soggetti più a rischio, inoltre possono determinarsi complicazioni anche durante la gravidanza. La malattia, caratterizzata da sintomi come febbre, mal di testa, mal di schiena, affaticamento, linfonodi gonfi e peculiari pustole che evolvono e si staccano, normalmente è autolimitante e guarisce nel giro di alcune settimane. Non ci sono trattamenti specifici contro il vaiolo delle scimmie, ma come confermato su The Conversation dal professor Michael Head, ricercatore di Salute Pubblica presso l'Università di Southampton, il “vaccino contro il vaiolo, il cidofovir (un farmaco antivirale) e le immunoglobuline vacciniche” possono essere impiegati per contenere una potenziale epidemia.

Lesioni da vaiolo delle scimmie. Credit: UKSHA
Lesioni da vaiolo delle scimmie. Credit: UKSHA
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