Farmaco per perdere peso elimina tanti chili e abbatte il rischio di ammalarsi di diabete del 94%
Uno dei nuovi farmaci dimagranti “miracolosi” non solo è in grado di eliminare decine di chilogrammi di peso, ma abbatte in modo quasi totale anche il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, una malattia metabolica e cronica associata a molteplici patologie severe. Lo ha dimostrato lo studio più lungo e approfondito condotto fino ad oggi sulla tirzepatide, nome commerciale Zepbound. I ricercatori hanno infatti determinato che, rispetto a coloro che hanno assunto il placebo, nell'arco di tre anni il farmaco è stato capace di far perdere in media il 22,9 percento di peso corporeo ai partecipanti, inoltre ha ridotto del 94 percento il rischio di diabete di tipo 2.
Le persone coinvolte nello studio erano pazienti in sovrappeso o obesi con una patologia sottostante (malattia cardiovascolare, ipertensione, apnea notturna ostruttiva (OSA) o dislipidemia) e in prediabete, una condizione in cui i livelli di zucchero nel sangue sono elevati ma non ancora nelle concentrazioni del diabete vero e proprio. È considerata una condizione "apripista". I risultati dell'indagine sono l'ennesima dimostrazione che questa nuova famiglia di farmaci non solo aiuta con i chilogrammi di troppo, ma migliora sensibilmente la salute sotto diversi punti di vista.
A determinare che la tirzepatide è in grado di far perdere il 22,9 percento del peso corporeo – equivalente a decine di kg – e abbattere il rischio di diabete di tipo 2 del 94 percento è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati della Scuola di Medicina dell'Università di Yale (Stati Uniti), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di diversi istituti. Tra quelli coinvolti il Comprehensive Weight Control Center della Weill Cornell Medicine di New York, l'Università McMaster (Canada), il Tokyo-Eki Center-Building Clinic (Giappone) e diversi altri. Alla ricerca ha partecipato anche la casa farmaceutica Eli Lilly, produttrice del farmaco Zepbound. Nello studio SURMOUNT-1 multicentrico, in doppio cieco, randomizzato e controllato con placebo – il gold standard della ricerca scientifica – gli studiosi hanno coinvolto oltre mille partecipanti, divisi in gruppi cui sono state somministrate via iniezione dosi di tirzepatide da 5, 10 o 15 milligrammi a settimana o un placebo.
Nell'arco dei tre anni, le persone che hanno assunto la dose maggiore di tirzepatide hanno avuto avuto una perdita media di peso del 22,9 percento, rispetto al 2,1 percento riscontrato in coloro che hanno preso il placebo. Per chi ha assunto le dosi da 5 e 10 milligrammi la perdita di peso è stata rispettivamente del 15,4 e del 19,9 percento. Un risultato ancor più significativo è emerso per il rischio di diabete, che è stato praticamente eliminato in chi ha ricevuto il farmaco. “L'obesità è una malattia cronica che espone circa 900 milioni di adulti in tutto il mondo a un rischio maggiore di altre complicazioni come il diabete di tipo 2. La tirzepatide ha ridotto il rischio di sviluppare diabete di tipo 2 del 94% e ha portato a una perdita di peso sostenuta nel periodo di trattamento di tre anni. Questi dati rafforzano i potenziali benefici clinici della terapia a lungo termine per le persone che convivono con obesità e prediabete”, ha dichiarato in un comunicato stampa il dottor Jeffrey Emmick, dirigente del colosso farmaceutico statunitense. È interessante notare che nel periodo di sospensione del farmaco (17 settimane) nei partecipanti non solo è tornato a salire il peso, ma ha accelerato anche la progressione verso il diabete di tipo 2.
Ma perché la tirzepatide è così efficace contro chili di troppo e diabete? La ragione risiede nel fatto che il principio attivo era inizialmente pensato proprio per il controllo glicemico come farmaco antidiabetico. Come la semaglutide, la tirzepatide imita ormoni naturali detti incretinici che vengono rilasciati dopo i pasti per indurre il senso di sazietà. Si tratta infatti di agonisti del peptide 1 simile al glucagone” (GLP-1) che stimolano anche il rilascio dell'insulina, rallentando inoltre il transito del cibo nell'apparato digerente. Tutto questo aumenta il senso di sazietà ed elimina quello della fame.
La tirzepatide è considerata più efficace della semaglutide perché, oltre a prendere di mira il recettore GLP-1, si lega a anche a quello dell’ormone GIP (Glucose-dependent Insulinotropic Polypeptide); ciò le conferisce una duplice azione ormonale. Nel nuovo studio è stato determinato che il profilo di tolleranza e sicurezza della tirzepatide è analogo a quello rilevato nelle precedenti indagini; i disturbi più comuni nei pazienti erano di tipo gastrointestinale come vomito, diarrea, nausea e stitichezza. In alcuni casi, tuttavia, questi farmaci possono ridurre in modo significativo i livelli di zucchero, innescare severe reazioni allergiche e determinare problemi ai reni e allo stomaco. Proprio per questo devono essere sempre assunti sotto strettissimo controllo medico. Recenti studi hanno comunque dimostrato che sono in grado di ridurre i rischi per il cuore e di ammalarsi di alcune tipologie di tumore. I dettagli della nuova ricerca, che deve ancora essere sottoposta a revisione paritaria, saranno presentati alla Obesity Week 2024 che si terrà tra il 3 e il 6 novembre a San Antonio, negli Stati Uniti.