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Farmaco anti Alzheimer che rallenta il declino cognitivo approvato dall’EMA: quando arriva in Italia

Il Comitato per i Prodotti Medicinali ad Uso Umano (CHMP) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha approvato il Lecanemab (nome commerciale Leqembi), un efficace farmaco anti Alzheimer che rallenta il declino cognitivo della demenza. Come funziona e quando sarà disponibile anche in Italia.
A cura di Andrea Centini
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L'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha dato il via libera al Lecanemab, un farmaco anti Alzheimer in grado di rallentare la progressione del declino cognitivo, tra le principali manifestazioni della diffusa patologia neurodegenerativa. Tecnicamente si tratta di un anticorpo monoclonale, ovvero un anticorpo semi-sintetico sviluppato in laboratorio a partire da una vera immunoglobulina; è prodotto e venduto dalle case biofarmaceutiche Biogen ed Eisai con il nome commerciale di Leqembi.

Il farmaco era stato già definitivamente approvato nel luglio del 2023 dalla Food and Drug Administration (FDA), l'agenzia federale statunitense che si occupa di regolamentare terapie, dispositivi medici e prodotti alimentari. Ora, dopo il via libera dell'EMA si attende l'ok definitivo da parte della Commissione Europea per l'immissione in commercio, che dovrebbe arrivare nel giro di un paio di mesi. Presumibile anche l'approvazione da parte dell'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) a stretto giro, con la disponibilità della terapia entro la prima metà del 2025.

L'autorizzazione al Lecanemab da parte dell'EMA non è stata immediata. A luglio di quest'anno, infatti, il Comitato per i Prodotti Medicinali ad Uso Umano (CHMP) dell'agenzia europea non aveva dato il via libera all'uso dell'anticorpo monoclonale in tutti i pazienti affetti da Alzheimer e deterioramento cognitivo, riscontrando un problema di sicurezza nei portatori di due copie di ApoE4, una forma del gene che codifica per la proteina apolipoproteina E (associata a un maggiore rischio di demenza). In parole semplici, i portatori di queste due copie del gene hanno un rischio sensibilmente superiore di sviluppare anomalie di imaging correlate all'amiloide (ARIA), una condizione che può emergere spontaneamente nei pazienti con demenza ma che può essere esacerbata proprio dall'assunzione di Lecanemab, trattandosi di un suo effetto collaterale severo emerso dai trial clinici. L'ARIA può portare a gonfiore e sanguinamento cerebrale, con rischi significativi per la salute. Alla luce di questa condizione, il CHMP lo scorso luglio ha determinato che il rapporto tra rischi e benefici della terapia non era soddisfatto in questa specifica classe di pazienti, da qui la bocciatura generalizzata.

Nella nuova revisione dei dati è stato determinato che nei portatori di una sola copia o nessuna del gene ApoE4 il rischio di ARIA è limitato, pertanto si è deciso di approvarlo solo in questa classe di pazienti, che devono inoltre essere affetti da una forma di Alzheimer o deterioramento cognitivo lievi, cioè allo stadio iniziale, che si manifestano con problemi di memoria, linguaggio e altri disturbi.

Come funziona il farmaco anti Alzheimer Lecanemab

Il Lecanemab è un anticorpo monoclonale progettato per colpire le placche di beta amiloide, proteine “appiccicose” – come i grovigli di proteina tau – che si accumulano nel cervello e sono associate alla neurodegenerazione della demenza. I trial clinici hanno dimostrato che colpirle con l'anticorpo monoclonale riduce la progressione del declino cognitivo. In una recente ricerca condotta dalla Scuola di Medicina dell'Università di Yale, ad esempio, è stato determinato che nei pazienti con Alzheimer lieve si ottiene un rallentamento della malattia del 27 percento, un risultato considerato storico, tenendo presente che ad oggi è ancora incurabile e le opzioni terapeutiche realmente valide sono molto poche.

Nella nuova indagine dell'EMA, che si è concentrata sui dati di circa 1.500 pazienti con una o nessuna copia di ApoE4, è stato dimostrato che colpire la beta amiloide con il Lecanemab riduce la progressione della malattia rispetto a chi riceve il placebo. Nel caso specifico, attraverso la scala di valutazione della demenza CDR-SB (basata su un sistema di punteggio), è stato evidenziato che a 18 mesi dall'inizio del trattamento il punteggio CDR-SB è aumentato in media di 1,22 punti contro 1,75 dei pazienti trattati con placebo (il valore massimo è 18, più è alto peggiore è la demenza). Si tratta dunque di un'opzione terapeutica efficace di cui possono beneficiare molti pazienti affetti da Alzheimer e deterioramento cognitivo lievi. Basti sapere che, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), entro il 2050 i pazienti con Alzheimer triplicheranno. Non resta che attendere il via libera definitivo dell'EMA e quello dell'AIFA per l'immissione in commercio del l'anticorpo monoclonale in Italia.

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