Farmaci per perdere peso fino a cinque volte più efficaci grazie a queste proteine: lo studio
I ricercatori hanno scoperto che agendo su due proteine presenti nel cervello è possibile migliorare fino a cinque volte l'efficacia dei nuovi farmaci “miracolosi” per perdere peso, la semaglutide e la tirzepatide. In parole semplici, potrebbero far perdere molti più chilogrammi potenziando ulteriormente il senso di sazietà, il principio alla base del loro funzionamento. Se ciò non bastasse, intervenendo su queste due proteine si potrebbero ottenere anche benefici dal punto di vista degli effetti collaterali, come ad esempio la riduzione della nausea, una delle più comuni reazioni all'infusione dei due principi attivi. Al momento questo miglioramento dei farmaci contro il diabete e l'obesità è stato osservato solo su modelli murini (topi), tuttavia gli autori dello studio sono fiduciosi che il medesimo effetto possa essere osservato anche nell'essere umano.
A scoprire che potrebbe essere possibile potenziare fino a cinque volte l'efficacia della semaglutide e della tirzepatide è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati dell'Università del Michigan, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Fisiologia Molecolare e Integrativa dell'Università dell'Illinois e della società Courage Therapeutics di Newton. I ricercatori, coordinati dal professor Roger D. Cone, direttore dell'Istituto di Scienze della Vita e docente di fisiologia presso l'ateneo di Ann Arbor, per condurre i propri esperimenti si sono concentrati su due specifiche proteine chiamate MC3R (melanocortina 3) ed MC4R (melanocortina 4). Si tratta di recettori dell'ormone melanotropo (MSH) presenti soprattutto sui neuroni nel cervello che giocano un ruolo fondamentale nella regolazione dell'appetito e nel bilanciamento energetico del nostro organismo (omeostasi).
Poiché semaglutide e tirzepatide sono agonisti del peptide 1 simile al glucagone (GLP-1) e agiscono proprio innescando un prolungato senso di sazietà, stimolando il rilascio dell'insulina attraverso l'imitazione di un ormone che l'intestino produce quando siamo sazi, il professor Cone e colleghi si sono chiesti cosa sarebbe successo agendo sulle due proteine, coinvolte anch'esse nella regolazione dell'appetito. “Quindi la domanda ovvia per noi era: come funzionano questi farmaci GLP-1, che agiscono manipolando i segnali di sazietà, quando attiviamo il sistema della melanocortina?”, ha affermato il professor Cone in un comunicato stampa.
Per comprenderlo hanno condotto degli esperimenti su vari gruppi di topi: geneticamente modificati affinché non producessero la melanocortina 3; trattati con farmaci per inibire lo stesso recettore (antagonisti); e con farmaci per potenziare l'attivazione della melanocortina 4 (agonisti). Come spiegato dagli esperti, “MC3R è un regolatore negativo naturale di MC4R, il che significa che diminuisce l'attività di MC4R, bloccare MC3R e aumentare l'attività di MC4R ha effetti simili”. Mettendo a confronto il comportamento alimentare dei topi sottoposti a questi trattamenti e quelli normali, è stato scoperto che i primi erano molto più sensibili ai farmaci GLP-1. In parole semplici, i topi cui era stata somministrata semaglutide o tirzepatide in combinazione con un antagonista MC3R o un agonista MC4R mangiavano di meno e perdevano molto più peso – fino a cinque volte di più – di quelli trattati con i soli farmaci anti obesità. Ciò significa che agendo su queste due proteine è possibile potenziare in modo significativo l'efficacia dei principi attivi.
Un altro dettaglio particolarmente interessante emerso dalla ricerca risiede nel fatto che, dopo la somministrazione dei farmaci, i ricercatori non hanno rilevato alcun aumento dell'attività cerebrale legata alla nausea, uno degli effetti collaterali più comuni nei pazienti che assumono GLP-1. È possibile che la stimolazione del sistema della melanocortina sia in grado di ridurre anche questa reazione nota associata all'infusione di tirzepatide e semaglutide, ma chiaramente dovranno essere condotti approfonditi studi clinici (test sull'uomo) per dimostrare tutti i benefici evidenziati nei roditori senza problemi di sicurezza. “Il sistema della melanocortina è altamente conservato negli esseri umani. Tutto ciò che abbiamo osservato nel topo negli ultimi decenni studiando queste proteine è stato trovato anche negli esseri umani, quindi sospetto che questi risultati potrebbero essere trasferibili anche ai pazienti”, ha chiosato il professor Cone. I dettagli della ricerca “Subthreshold activation of the melanocortin system causes generalized sensitization to anorectic agents in mice” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Clinical Investigation.