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Estese macchie nere nel cervello di chi consuma cannabis: sono associate alla psicosi

Analizzando il cervello di consumatori assidui di cannabis i ricercatori hanno rilevato alterazioni affini a quelle osservate in persone affette da psicosi. Più nello specifico, sono state identificate grandi macchie nere in determinate zone dell’encefalo. Cosa sono queste macchie e come si formano.
A cura di Andrea Centini
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Da quando la cannabis è stata legalizzata in Canada per scopo ricreativo, nel 2018, gli operatori sanitari hanno assistito a un aumento significativo di persone che si recano al pronto soccorso o finisce in ospedale per un attacco di psicosi. Lo dimostrano i dati di vari studi, fra i quali la ricerca “Changes in Cannabis-Attributable Hospitalizations Following Nonmedical Cannabis Legalization in Canada” pubblicata su JAMA. Una nuova indagine ha ora trovato il possibile legame biologico tra l'uso frequente e duraturo di questa sostanza stupefacente e la psicosi, un disturbo mentale caratterizzato da una percezione alterata della realtà e del mondo che circonda la persona colpita. Di fatto, possono manifestarsi allucinazioni in grado di coinvolgere vari sensi – uditive e visive, ad esempio – che modificano il comportamento di una persona, non più in grado di distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è. Fondamentalmente, gli autori del nuovo studio hanno trovato delle grandi macchie nere nel cervello dei consumatori abituali di cannabis, che a loro volta sono strettamente associate alla psicosi.

A condurre il nuovo studio è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati canadesi del Programma integrato in neuroscienze e del Dipartimento di Psichiatria dell'Università McGill, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di vari istituti. Fra quelli coinvolti il Douglas Mental Health University Institute, il Robarts Research Institute, il Lawson Health Research Institute, il Dipartimento di Psichiatria dell'Università di Dalhousie e la Scuola di Medicina “Renaissance” dell'Università Stony Brook di New York. I ricercatori, coordinati dal professor Lena Palaniyappan, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver scansionato il cervello di una sessantina di persone con e senza disturbi da consumo di sostanze stupefacenti. I partecipanti sono stati sottoposti a un particolare tipo di risonanza magnetica nota come “risonanza magnetica (RM) sensibile alla neuromelanina”. La neuromelanina è un pigmento nero naturale presente nel cervello degli animali, localizzato principalmente nei neuroni della substantia nigra e del locus coeruleus. Gioca un ruolo significativo sia nella neuroprotezione che in determinate patologie neurodegenerative e nell'infiammazione.

Questo pigmento si accumula in modo anomalo nel cervello quando c'è un eccesso di dopamina, un neurotrasmettitore sintetizzato nel cervello e associato a molteplici processi fisiologici e all'umore. Esso è coinvolto nel piacere e nella ricompensa, nella memoria, nell'apprendimento e nella coordinazione dei movimenti; non a caso la carenza di dopamina è strettamente associata al morbo di Parkinson, una diffusa patologia determinata dalla morte dei neuroni dopaminergici che comporta rigidità, tremori e difficoltà a muoversi, fra le altre cose. Precedenti studi avevano dimostrato che l'eccesso di dopamina è in grado di alterare i processi cerebrali e aumentare il rischio di psicosi, come affermato dalla coautrice dello studio Betsy Schaefer in un comunicato stampa. Ebbene, dall'analisi delle scansioni cerebrali dei consumatori più assidui di cannabis, i ricercatori hanno osservato un aumento significativo delle macchie nere nel cervello, che come indicato sono un marcatore della psicosi.

“Nelle persone che fanno un uso eccessivo di cannabis, quelle macchie sono più scure di quanto dovrebbero essere per la loro età rispetto agli individui sani. Questo indica che hanno alti livelli di dopamina e, in alcuni casi, mostrano pigmentazioni che avrebbero in una persona di 10 anni più grande”, ha affermato il professor Palaniyappan. “Abbiamo osservato un aumento di macchie nere in una particolare regione del mesencefalo associata alla psicosi: la substantia nigra e le aree tegmentali ventrali. Questo aumento è stato osservato nei pazienti con disturbo da uso di cannabis, indipendentemente dal fatto che avessero o meno un primo episodio di schizofrenia”, gli ha fatto eco il coautore dello studio Ali Khan.

In parole semplici, gli autori dello studio sostengono che l'uso abbondante e continuativo della cannabis determini alterazioni cerebrali riscontrabili negli individui affetti da psicosi; ciò potrebbe spiegare le ragioni per cui da quando la cannabis è stata legalizzata vi è stato un aumento di persone con attacchi psicotici finite in ospedale. I ricercatori stanno inoltre osservando uno schema di eventi psicotici ricorrente negli adolescenti, con due o tre brevi episodi lievi seguiti da un attacco grave di psicosi; anche per questo sottolineano l'importanza che consumatori di cannabis e operatori sanitari siano al corrente dei rischi, al fine promuovere un consumo “sicuro e consapevole” della sostanza stupefacente. I dettagli della ricerca “Convergence of Cannabis and Psychosis on the Dopamine System” sono stati pubblicati su JAMA Psychiatry.

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