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Eritema anche con crema solare a protezione 50, dermatologa spiega a Fanpage.it com’è possibile

La professoressa Marta Carlesimo, dermatologa dell’Università Sapienza di Roma, ci ha raccontato i motivi per cui è possibile sviluppare un eritema solare anche quando si usa una crema con fattore di protezione elevato. I consigli dell’esperta per una corretta esposizione al sole.
Marta Carlesimo
Specialista in Dermatologia del Dipartimento di scienze cliniche internistiche anestesiologiche e cardiovascolari della Facoltà di medicina e odontoiatria presso l'Università Sapienza di Roma
A cura di Andrea Centini
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Siamo in piena estate e l'esposizione al sole aumenta sensibilmente per svariati motivi: giornate lunghe e calde, più tempo libero in generale e desiderio di stare all'aperto. Com'è ampiamente noto i raggi solari – e più nello specifico le radiazioni ultraviolette UVA e UVB – possono essere particolarmente dannosi per la nostra pelle, per questo motivo è caldamente raccomandato l'uso della crema solare. Come spiegato dall'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), infatti, l'esposizione senza protezione può scatenare diversi problemi: le classiche scottature – l'eritema solare – sono il segnale di un danno non solo immediato, ma che può avere “conseguenze rilevanti a distanza di tempo, facilitando, per esempio, l'insorgenza di un melanoma”. Senza dimenticare il rischio di altri tumori cutanei – come “quelli a cellule squamose e basali” e l'invecchiamento precoce della pelle.

Sebbene l'FDA consigli creme con fattore di protezione di almeno 15, l'AIRC spiega che le principali società scientifiche “hanno alzato il valore ottimale dello schermo protettivo, consigliando una crema di fattore 30 o superiore, sempre con protezione ad ampio spettro”. Ma anche una crema con fattore 50 potrebbe non essere sufficiente a proteggerci dall'eritema solare e dalle altre conseguenze legate a una non corretta esposizione solare. A spiegarci il motivo è la professoressa Marta Carlesimo, docente presso il Dipartimento di scienze cliniche internistiche anestesiologiche e cardiovascolari della Facoltà di medicina e odontoiatria presso l'Università Sapienza di Roma. Ecco cosa ci ha raccontato.

Professoressa Carlesimo, un nostro lettore ci ha raccontato di aver portato il figlio piccolo al mare e di averlo protetto con crema solare 50, ciò nonostante ha sviluppato l'eritema solare. Una volta in farmacia alla ricerca di un rimedio, gli è stato detto che molte persone stanno avendo il medesimo problema, a causa di una primavera molto piovosa e nuvolosa, che in pratica non avrebbe “preparato” la pelle al sole estivo. Cosa può dirci al riguardo?

Diciamo che la risposta non è stata completa e scientifica. Il succo del discorso è questo: non c'entra tanto la primavera nuvolosa, quanto il fatto che non è sufficiente mettere uno schermo per proteggersi (peraltro la tipologia e le modalità della protezione sono fattori importanti). L'elemento fondamentale è che nei soggetti a rischio con la pelle chiara, come i bambini che hanno un tipo di pelle più delicata, l'esposizione andrebbe fatta con determinate modalità.

Ci spieghi

L'esposizione solare andrebbe fatta in maniera graduale a prescindere dall'applicazione di una buona crema protettiva. Perché, in maniera molto semplicistica, per poter mettere in moto quelli che sono i meccanismi di protezione naturale, come la produzione di melanina, ci vuole un po' di tempo. Per produrre questa sostanza serve tempo. Quello che dicevano le nonne una volta sul fatto di mettere il bambino un po' al sole il primo giorno, poi un po' di più al secondo giorno e così via era vero. Successivamente è stato supportato dalle basi scientifiche. È bene evitare l'esposizione che facciamo tutti per motivi di comodità, nelle ore centrali della giornata. Sono quelle in cui la composizione delle radiazioni ultraviolette non solo è eritematogena – cioè in grado di provocare un eritema – ma ha anche proprietà cancerogeniche, che possono portare ai tumori con l'avanzare dell'età. Andrebbero sempre evitate.

Eppure in tanti si recano al mare proprio nelle ore più calde 

Noi esseri umani vogliamo forzare il fatto di essere animali che vivono in un determinato contesto. Questo cozza con con quelle che sono le necessità della quotidianità lavorativa, della frenesia del nostro modo di vivere. Un tempo gli adulti e i bambini andavano al mare e ci trascorrevano tanto tempo. Chi ha una certa età se lo ricorda. Si portavano i bambini presto e, senza avere le basi scientifiche, a un certo punto si tornava a casa e si faceva la pennichella pomeridiana, che tutti i bambini odiavano (me compresa). C'era un'organizzazione della vita differente. In quel modo si aveva un'esposizione graduale e si evitavano i raggi ultravioletti cancerogeni. Viceversa, invece, cosa facciamo tutti noi? Lavoriamo per tutta la settimana e il sabato e la domenica ci alziamo tardi perché siamo stanchi. E a che ora andiamo al mare?

C'è chi va almeno alle 12

Esattamente. E poi la risposta è sempre la stessa: “Ma tanto io mi metto sotto l'ombrellone”.

Anche lì evidentemente non siamo protetti

C'è il sole rifratto. Questa cosa di mettersi sotto l'ombrellone che pensiamo essere il rimedio contro l'esposizione al sole di mezzogiorno è comunque inefficace. Il sole rifratto lo prendi ugualmente. Sicuramente poi il fotoprotettore deve essere di buona qualità, ormai ce ne sono varie formulazioni e con modalità di applicazione molto personalizzabili. C'è chi vuole lo spray, chi lo vuole invisibile. Non cambiano nella sostanza, basta che sia di buona qualità e che venga applicato nella modalità corretta.

Quindi questa storia della primavera nuvolosa è solo una piccola parte della faccenda

Il succo del discorso è che in primavera iniziano le prime uscite, quindi in qualche modo viene stimolata la produzione di melanina. Si mette in moto un meccanismo che poi serve nel momento dell'esposizione estiva. Se viceversa c'è stato un mese di tutta pioggia e tu il primo giorno vai sotto al sole sicuramente non sei assolutamente “preparato”.

Con buona pace della protezione 50

Non è che con la crema solare protezione 50 ti metti lo scafandro. Semplicemente, la dose necessaria di radiazioni che puoi prendere prima di scottarti varia come tempo. Ci metti più tempo, ma non è che non ti scotti.

Quindi cosa consiglia di fare?

Il sole va preso perché è fonte di vita. Non sono una dermatologa che dice che il sole va evitato. È fonte di vita sotto tanti punti vista. Psicologico ad esempio. Conosciamo l'effetto benefico che ha sulla mente degli uomini. Oltre a favorire lo stato e l'umore delle persone ci sono poi tutti gli effetti positivi della vitamina D e quant'altro, che vanno ben oltre il fatto dell'equilibrio e del ricambio osseo. Ma come tutte le cose, per prenderne i benefici bisogna usare un minimo di saggezza. E la saggezza purtroppo a volte cozza con ciò che noi vogliamo in questi tempi. L'esposizione va fatta in maniera controllata. Esistono anche tante sostanze che possono aiutare la produzione della melanina, ma serve personalizzazione.

Ovvero?

Se tu sei un soggetto scuro, chiaro o rosso parti da una base differente. Non tutti abbiamo la stessa base e non tutti abbiamo la stessa melanina, è un discorso più complesso. A seconda del fototipo che è geneticamente determinato, quindi non è modificabile, ciascuno di noi ha delle cartucce per potersi difendere dagli effetti dannosi delle radiazioni ultraviolette. Queste cartucce sono sicuramente migliori in un fototipo scuro, cioè con capelli scuri e pelle scura. In Africa ci sono soggetti con pelle scura perché dal punto di vista evoluzionistico sono stati forniti di una protezione contro i raggi ultravioletti. In Australia, che è il Paese in cui c'è maggiore insorgenza di tumori cutanei, non insorgono negli aborigeni che sono di pelle scura, ma in quelli che hanno colonizzato. E noi conosciamo qual è il fototipo degli anglosassoni. Si sono ritrovati lì e hanno preso tutti gli effetti benefici del sole, il divertimento, il mare, però non erano geneticamente preparati. Poi pian piano nel corso degli anni si è fatta la prevenzione primaria e questo triste primato dei tumori cutanei sta scemando. Ciò che vale per un soggetto scuro non vale per quello chiaro. Tutto va in qualche modo personalizzato, bisogna anche considerare come ci arrivi all'esposizione.

Ci spieghi

Se nel corso dell'anno hai assunto per vari motivi sostanze fotosensibilizzanti, mi riferisco ad esempio agli antibiotici, non puoi andare al mare come se nulla fosse. È una cosa che spesso succede e non viene considerata. Ad esempio succede dopo una cosa banale come un'estrazione dentale e si prendono degli antibiotici. Ce n'è uno in particolare che è fotosensibilizzante. Le persone non solo non lo sanno, ma c'è anche chi ti dice che non li prende più. Ma non significa niente. Se tu l'hai preso fino all'altro ieri non cambia nulla. Il discorso è sempre un pochino più complesso, ma bastano un paio di nozioni per orientarsi.

Quando consiglia di recarsi da un dermatologo per problemi legati all'esposizione solare?

La cosa migliore da fare è andarci prima, meglio prevenire che curare, come dice il vecchio detto. Se hai un fototipo a rischio o se hai condizioni che possono essere peggiorate in qualche modo dall'esposizione al sole, lo specialista può dare diversi consigli. Ci sono tante cose che possono essere d'aiuto nelle varie situazioni. Quindi assolutamente prima. Dopo, in realtà, è come chiudere la stalla quando i buoi sono già usciti. Ovviamente ci sono dei rimedi, ma il consiglio è andarci prima. I rimedi ovviamente cambiano a seconda delle condizioni, dell'età e delle problematiche ricorrenti, che non è solo una questione di crema solare. Se ci vai prima non ti rovini l'estate, perché poi quando si instaura l'eritema solare, al di là dei problemi dei primi giorni, può comunque essere un fattore fastidioso a lungo. Il consiglio comunque vale per tutti, molto spesso le persone non hanno cognizione di alcune cose e basta una visita dermatologica ben fatta per prevenire i problemi. La comunicazione è importante.

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