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Entro il 2100 solo una città potrebbe essere ancora in grado di ospitare le Olimpiadi invernali

Un team di ricerca ha determinato che, se non ridurremo le emissioni di gas serra, entro il 2100 solo una città potrà riospitare le Olimpiadi invernali.
A cura di Andrea Centini
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Se non ridurremo le emissioni di gas a effetto serra, come l'anidride carbonica (CO2) e il metano, entro il 2100 a causa dei cambiamenti climatici resterà una sola città in grado di ospitare di nuovo (e in condizioni ideali) le Olimpiadi invernali, ovvero Sapporo in Giappone. Già dal 2050, tuttavia, larga parte delle città considerate attualmente valide non lo saranno più, con l'Europa che le perderà praticamente tutte. È lo scenario tratteggiato in un nuovo studio condotto da un team di ricerca internazionale guidato da scienziati canadesi dell'Università di Waterloo, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Programma di dinamica ambientale dell'Università dell'Arkansas (Stati Uniti) e del Dipartimento di finanze pubbliche dell'Università di Innsbruck (Austria).

Gli scienziati, coordinati dal professor Daniel Scott, docente presso il Dipartimento di Geografia e Gestione Ambientale, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato i dati sull'andamento climatico a partire dagli anni '20 del secolo scorso. Come evidenziato dalle 11 slide che hanno convinto il premier britannico Boris Johnson che il riscaldamento globale è reale e causato dall'uomo, negli ultimi decenni c'è stata un'impennata significativa di tutti gli indicatori della crisi climatica: temperature medie in costante aumento; livello del mare sempre più alto; e concentrazione di CO2 in atmosfera alle stelle. I luoghi di montagna sono tra quelli che stanno soffrendo di più a causa delle temperature infernali – basti pensare ai numerosi ghiacciai che già ora stiamo perdendo; dunque non c'è da stupirsi che di questo passo spariranno anche i luoghi innevati dove si disputano le gare olimpiche invernali.

Ma il professor Scott e i colleghi sono andati oltre la semplice osservazione delle curve climatiche. Hanno coinvolto nello studio 339 atleti e allenatori di altissimo livello provenienti da 20 Paesi, le cui risposte hanno permesso di definire quali sono le condizioni più “eque e sicure” per le competizioni su neve e ghiaccio. Dall'analisi è emerso che, negli ultimi 50 anni, la frequenza delle condizioni inadeguate e non sicure (come nebbia, neve farinosa, neve trattata chimicamente, superficie ghiacciata etc etc) è aumentata sensibilmente nelle 21 località che hanno ospitato i Giochi invernali. Se le emissioni continueranno senza sosta, tali condizioni continueranno a deteriorarsi fino a rendere totalmente impraticabili le discipline sportive.

In base ai calcoli degli scienziati, se riusciremo a rispettare gli Accordi di Parigi su Clima, “solo 13 delle 21 precedenti località – tutte nell'emisfero settentrionale – rimarrebbero affidabili per le competizioni sportive sulla neve negli anni 2050 e 12 negli anni 2080”, sottolineano gli autori dello studio. In uno scenario climatico peggiore ne resterebbero 10 per gli anni 2050 e 8 per gli anni 2080, ma se non faremo nulla e continueremo a emettere carbonio in atmosfera come gli ultimi due decenni, allora solo una città sarà ancora in grado di ospitare nuovamente i Giochi olimpici invernali, la già citata Sapporo in Giappone.

A quanto pare però le condizioni ideali per gli atleti non sembrano essere un grande preoccupazione per gli organizzatori dei giochi, considerando che le attuali Olimpiadi di Pechino sono le prime con praticamente il 100 percento di neve artificiale, considerata più pericolosa per le cadute e gli infortuni. I dettagli della ricerca “Climate change and the future of the Olympic Winter Games: athlete and coach perspectives” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Current Issues in Tourism.

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