È stato appena scoperto un gene che permette di vivere più a lungo: come funziona Mytho
C'è un nuovo gene dietro l'invecchiamento cellulare. Si chiama Mytho ed è stato identificato da un team internazionale di ricerca diretto da due ricercatori italiani dopo nove anni di lavoro in laboratorio: il professor Marco Sandri, docente del Dipartimento di Scienze biomediche dell'Università di Padova, e la professoressa Eva Trevisson, genetista del Dipartimento di Salute della donna e del bambino dell'Università di Padova.
Il gene appena identificato ha infatti un ruolo importare nel regolare i meccanismi cellulari, agendo come alleato fondamentale della nostra longevità. Il progetto è stato infatti in parte finanziato dal programma del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) dedicato allo studio dell'invecchiamento, l'AGE-IT (Ageing Well in an Ageing Society). Qui abbiamo parlato del ruolo dell'alimentazione sulla longevità.
Cos'è Mytho e chi lo ha scoperto
Quando nove anni fa, i ricercatori autori di questo studio, pubblicato sulla rivista Journal of Clinical Investigation, si sono riuniti per avviare il lavoro avevano già chiaro l'obiettivo: studiare il genoma umano per identificare i geni non ancora noti coinvolti nei meccanismi che controllano le proteine e alcune componenti cellulari note come organelli.
Dopo una serie di verifiche, il team si è concentrato su un gene che era caratterizzato dal fatto di essere presente in diverse specie di animali, oltre all'uomo, un aspetto che ne ha reso più semplice anche lo studio. Osservando il gene selezionato il gene in laboratorio e sottoponendolo a particolari tecniche di manipolazione genetica, i ricercatori hanno infine potuto confermare il ruolo del gene nell'invecchiamento cellulare.
Come è stato identificato il nuovo gene
I ricercatori sono riusciti a determinare in che modo il gene agisce sull'invecchiamento, studiando cosa succedeva modificandolo nel Caenorhabditis elegans, un verme spesso impiegato in laboratorio come modello animale negli studi sull'invecchiamento cellulare.
I ricercatori hanno infatti visto che inibendo questo gene si attivava un processo di senescenza cellulare precoce – ovvero le cellule non si replicavano più – accorciando la vita degli animali sottoposti a manipolazione genetica. Al contrario, l'attivazione del gene si è dimostrata in grado di "migliorare la qualità della vita e mantenere un invecchiamento in salute", prosegue l'Università di Padova.
In questo modo i ricercatori hanno scoperto che questo gene controlla un particolare meccanismo cellulare fondamentale per la salute delle cellule e quindi dell'intero organismo. l'autofagia. La parola deriva dal greco e significa letteralmente "mangiare sé stesso" ed indica – spiega la Fondazione Veronesi – il processo attraverso cui le cellule eliminano alcuni loro componenti, proteine e altro materiale, inutilizzati. In questo modo, la cellula assume l'energia di cui ha bisogno per vivere ed elimina quei componenti inutili che potrebbero diventare perfino dannosi. In conclusione, questo meccanismo – spiegano glia autori – migliora l'omeostasi, ovvero la capacità della cellula di autoregolarsi e conservare il proprio equilibrio anche al variare delle condizioni esterne.