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Covid 19

È possibile contagiarsi due volte con la variante Omicron? Cosa dicono gli esperti

La variante Omicron sta infettando guariti dalla COVID-19 e vaccinati a causa del suo profilo genetico, ma è possibile contrarre di nuovo la stessa variante?
A cura di Andrea Centini
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A causa dell'estrema circolazione della variante Omicron (B.1.1.529) del coronavirus SARS-CoV-2 in molti stanno sviluppando le cosiddette “infezioni rivoluzionarie”, ovvero si stanno contagiando pur avendo già avuto la COVID-19 o da vaccinati. La ragione risiede nel fatto che, oltre ad essere molto più trasmissibile, il ceppo emerso in Sudafrica alla fine di novembre 2021 è sensibilmente diverso dai precedenti lignaggi, con più di 30 mutazioni sulla proteina S o Spike, il “gancio” sfruttato dal patogeno per legarsi alle cellule umane e avviare l'infezione. Questo profilo genetico permette alla variante Omicron di eludere almeno in parte le difese dei vaccini (che restano comunque molto protettivi contro la malattia grave e la morte) e quelle indotte da un precedente contagio. Secondo uno studio condotto da scienziati del Jameel Institute dell'Imperial College di Londra il rischio di reinfezione della variante Omicron è oltre cinque volte maggiore rispetto a quello della variante Delta. Dunque per i guariti contagiati da uno dei precedenti ceppi del SARS-CoV-2 è molto più probabile reinfettarsi con la Omicron, ma è possibile infettarsi due volte con la medesima variante? In molti se lo stanno chiedendo proprio a causa della grande circolazione del nuovo ceppo. Ecco cosa dicono gli esperti.

Innanzitutto è doveroso sottolineare cosa si intende per reinfezione. Tecnicamente si viene considerati “reinfettati” quando risulta un tampone positivo ad almeno 90 giorni dalla negativizzazione legata a una precedente infezione. Poiché la variante Omicron si è diffusa nella provincia di Gauteng, in Sudafrica, alla fine di novembre e poco dopo è arrivata anche in altri Paesi, al momento nessuno può essere considerato reinfettato, poiché è necessario attendere come minimo il mese di febbraio. Per quanto concerne il rischio di reinfezione con la stessa variante, in un'intervista a KHOU 11 il dottor Amesh Adalja – membro del Johns Hopkins Center for Health Security – ha dichiarato che al momento ancora non si è sicuri di quale livello di immunità venga conferito dal contagio della variante Omicron, tuttavia ritiene possibile che nel tempo sia possibile essere reinfettati dallo stesso ceppo. “Non è chiaro, a questo punto, quale livello di immunità si verifica dopo un'infezione da Omicron. Sospetto che nel tempo, sì, probabilmente potresti essere reinfettato. Ma non abbiamo ancora quei dati perché Omicron è in circolazione solo da ottobre/novembre”, ha affermato il dottor Adalja.

Sul rischio di reinfezione dalla stessa variante – e nello specifico dalla Omicron – si è espresso in un'intervista al Corriere della Sera anche il professor Mario Clerici, docente di Immunologia presso l'Università Statale di Milano: “Direi di no perché la risposta immune, con anticorpi e con linfociti T, è potente e specifica per il virus con cui si viene a contatto, quindi ritengo molto improbabile una nuova infezione da Omicron, se effettivamente si è stati contagiati da Omicron. Si potrà invece contrarre un’infezione da un’altra variante, magari Delta o qualche nuovo ceppo mutato che potrà emergere nei prossimi mesi, scenario piuttosto probabile finché il virus continuerà a circolare”, ha affermato l'esperto. In parole semplici, è probabile ricontagiarsi con varianti differenti proprio in virtù delle mutazioni che possono eludere (almeno in parte) le difese immunitarie, ma innanzi al medesimo ceppo il nostro sistema conserva una memoria specifica e robusta, dunque si tratta un'eventualità molto remota, anche se si può escludere del tutto dopo un certo periodo di tempo. “La storia dell’immunologia ci dice che è quasi impossibile contagiarsi con la stessa variante, per questo non esistono studi specifici sul tema”, ha chiosato il professor Clerici, aggiungendo che forse in futuro qualcuno potrà pure essere ricontagiato dallo stesso ceppo, ma non se ne accorgerà grazie al lavoro delle cellule T.

Va infine tenuto presente che il coronavirus SARS-CoV-2 muta rapidamente ed è per questo che sono emerse diverse varianti di preoccupazione (VOC) durante la pandemia, che si sono succedute tra le varie ondate. Nell'inverno 2020-2021 le curve epidemiologiche furono guidate dalla Alfa (B.1.1.7, ex inglese), soppiantata dalla Delta in primavera che ora viene "detronizzata" dalla Omicron. È molto probabile che se la circolazione virale resterà così elevata – e se non vaccineremo davvero tutto il mondo – in futuro potranno emergere nuove varianti in grado di sorpassare quelle attuali, catalizzando il rischio di una nuova infezione nei guariti. Anche per questo sarà difficile valutare eventuali reinfezioni causate dalla medesima variante.

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