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Covid 19

Due dosi di vaccino possono ancora prevenire la malattia grave da Omicron

Lo suggeriscono i primi dati dei test di laboratorio che hanno valutato la risposta delle cellule T dei vaccinati con due dosi nei confronti della nuova variante.
A cura di Valeria Aiello
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Da quando la variante Omicron (B.1.1.529) è stata identificata per la prima volta in Botswana e Sudafrica, i ricercatori hanno rapidamente avviato nuovi test di laboratorio per poter dare una risposta alla domanda che tutto il mondo si sta ponendo: i vaccini anti Covid proteggono anche dalla nuova variante? Al momento i primi dati sembrano indicare che la nuova forma mutata di Sars-Cov-2 sia in grado di eludere la risposta anticorpale indotta da una precedente infezione naturale o da due dosi degli attuali vaccini, sebbene la somministrazione di una terza dose di un siero a mRNA di Moderna o Pfizer-BioNtech riporti gli anticorpi a livelli ritenuti sufficientemente alti da offrire una forte protezione contro l’infezione.

Ma gli anticorpi non sono i soli protagonisti della battaglia dell’organismo contro Omicron. Un ruolo centrale nella risposta immunitaria è giocato dalle cellule T che sono in grado di riconoscere ed eliminare le cellule infette. Mercoledì 15 dicembre, durante una riunione dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), gli scienziati hanno riferito che diversi studi sembrano indicare che le cellule T delle persone vaccinate con due dosi possono ancora costituire una forte difesa contro la variante, il che potrebbe aiutare a prevenire lo sviluppo di forme gravi di Covid e dunque il rischio di ospedalizzazione e morte.

Anche se queste ricerche si basano su osservazioni preliminari di laboratorio, sono comunque un’indicazione che allontana buona parte delle preoccupazioni emerse in queste prime settimane. “La buona notizia è che la risposta delle cellule T è in gran parte mantenuta nelle infezioni da Omicron” ha affermato Wendy Burgers dell’Università di Citta del Capo durante la presentazione della ricerca che lei e i suoi colleghi hanno svolto negli ultimi giorni. Questa prospettiva ha portato molti scienziati a sperare che le cellule T fungeranno da “backup efficace” nel caso in cui gli anticorpi non riescano a bloccare il virus, impedendo all’infezione di trasformarsi in malattia grave.

Questa possibilità è stata testata in laboratorio utilizzando le cellule T ottenute da 16 persone vaccinate con due dosi di Pfizer-BioNtech ed esponendo queste cellule T a frammenti proteici della variante Omicron. I ricercatori hanno osservato che la risposta delle cellule T alla variante era preservata al 70 percento rispetto a quella contro la forma originale del virus. Tuttavia, per confermare questi risultati nel mondo reale servirà ancora del tempo, per cui è prematuro trarre conclusioni sull’efficacia dei vaccini sul campo. “Non sappiamo ancora cosa significhino effettivamente questi risultati in vitro per la gravità della malattia – ha affermato Nora Gerhards, virologa presso l'Università di Wageningen nei Paesi Bassi – Ed è di questo che si tratta. Perché alla fine vogliamo evitare un collasso dei sistemi sanitari nei nostri Paesi”.

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