Documentario fa luce sul mistero di Hvaldimir, la “balena spia” russa: per cosa era stato addestrato
Il nuovo documentario della BBC "Secrets of the Spy Whale" che andrà in onda mercoledì 13 novembre (nel Regno Unito) ha fatto luce su alcuni dei misteri di Hvaldimir, la famosa e compianta “balena spia” russa che negli ultimi anni è vissuta nelle acque della Norvegia, con qualche escursione nella vicina Svezia. Purtroppo il beluga – non una vera balena, ma un delfinide, un cetaceo con i denti (odontocete) – ci ha lasciati all'inizio di settembre 2024, quando è stato trovato morto nelle acque del bacino di Risavika, nella Norvegia sudoccidentale.
La sua intrigante storia ha appassionato e commosso milioni di persone, da quando fu individuato per la prima volta nella primavera del 2019 da alcuni pescatori norvegesi; proprio per questo la rete britannica ha voluto approfondire alcuni aspetti della sua vita, giungendo alla conclusione che Hvaldimir – il cui nome è la fusione del termine Hval (balena) e il nome Vladimir di Putin – non era esattamente una “spia” russa, ma una guardia. Si ritiene infatti che fosse stato addestrato per proteggere una proprietà segreta del Cremlino nel cuore dell'Artico, fin quando non è stata liberato o magari è fuggito. Di certo era una sorta di "arma" o soldato pinnuto della Russia, considerando che, quando fu avvistato la prima volta, indossava un'imbracatura con l'inequivocabile scritta “Equipaggiamento di San Pietroburgo”.
Come indicato tutto ebbe inizio nel 2019, quando alcuni pescatori norvegesi si accorsero di questo beluga particolarmente curioso, mentre si aggirava fra le barche munito dell'insolita imbracatura. Era stato chiaramente addestrato ed era abituato agli esseri umani, tanto da cercare continuamente il contatto con fare giocoso. Sin dapprincipio fu chiaro che si trattava di un cetaceo allevato per scopi militari, probabilmente presso il centro della marina russa a Murmansk, dove si tenevano esperimenti simili. Anche gli Stati Uniti hanno addestrato a lungo cetacei per scopi militari, come proteggere basi navali, individuare sub e sottomarini nemici o addirittura attaccare eventuali intrusi. Del resto sono animali estremamente intelligenti e, purtroppo per essi, alcune specie possono essere adattate alla cattività, come mostrano gli anacronistici spettacoli in delfinari, parchi marini e simili.
Nel documentario della BBC dedicato a Hvaldimir è stato intervistato Blair Irvine, un ex addestratore di delfini che partecipò a uno dei programmi della Marina degli Stati Uniti (U.S. Navy) che coinvolgevano questi animali come guardie. L'uomo ha spiegato che i cetacei sono dotati di sensi eccellenti, in particolar modo l'udito, pertanto possono essere sfruttati loro malgrado per proteggere obiettivi sensibili, presidiandoli come pattuglie. Sono ad esempio in grado di rilevare da grande distanza le bolle emesse da sub infiltrati e individuarli facilmente, per questo sia Russia che USA se ne sono interessati molto con esperimenti ad hoc.
Si ritiene che alcuni delfini fossero utilizzati per sorvegliare la flotta del Mar Nero in Crimea, segnalando l'avvicinamento di sottomarini nemici. Poiché, come dimostrano vari video, Hvaldimir era abituato a poggiare il muso su qualunque oggetto o imbarcazione che potesse rappresentare un potenziale bersaglio, l'ex addestratore e la regista del documentario Jennifer Shaw ritengono che anche questo esemplare fosse stato addestrato per proteggere qualcosa. La stessa tecnica, del resto, veniva utilizzata dagli USA per i cetacei coinvolti negli esperimenti, come sottolineato da Irvine. Dunque Hvaldimir non era esattamente una balena “spia”, piuttosto una guardia fuggita o magari liberata. La domanda che molti si stanno ponendo adesso è quale asset della Russia doveva sorvegliare nell'Artico, un mistero che probabilmente non sarà mai svelato.
In questi anni Hvaldimir è stato osservato molteplici volte e si presentava sempre molto curioso, amichevole e giocoso. Un video diventato virale lo mostra mentre gioca con un pallone da rugby lanciato da alcuni turisti sudafricani. Spesso era intento a manipolare con la bocca gli oggetti lanciati o caduti in acqua; in un'occasione recuperò addirittura uno smartphone di una turista finito in mare. Questa sua “ossessione” per gli oggetti, evidentemente un retaggio del suo addestramento militare, lo condusse purtroppo alla morte. L'esame necroscopico sulla sua carcassa, infatti, ha rilevato la presenza di un bastone lungo una trentina di centimetri rimasto incastrato nella bocca. Inizialmente si pensò che l'animale fosse stato abbattuto a colpi d'armi da fuoco, ma l'indagine autoptica fugò ogni dubbio. Restano i misteri della sua vita passata, su alcuni dei quali ha fatto luce il nuovo documentario.