Digiuno intermittente o restrizione calorica, quale dieta funziona di più su peso, salute e longevità: lo studio
Il digiuno intermittente e le restrizioni caloriche, nelle loro diverse forme, sono tra le diete più in voga tra le persone che cercano di dimagrire: nel caso del digiuno intermittente, si rispetta l’alternanza di periodi in cui è possibile consumare i pasti e con periodi di digiuno; se si segue invece un approccio di restrizione calorica si va a ridurre l’apporto quotidiano di calorie, secondo schemi in cui la restrizione può essere applicata in diversa misura.
Mangiare meno spesso e mangiare meno sono entrambe tecniche che, quando applicate per brevi periodi di tempo, possono far perdere peso, perché c’è meno tempo per mangiare (nel caso del digiuno intermittente) o perché si riduce l’assunzione di calorie da cibi e bevande (nel caso delle restrizioni caloriche): quando però si tratta di applicare questi regimi alimentari nel lungo termine e, soprattutto, bilanciare la perdita di peso con gli effetti su salute e longevità, il discorso può essere molto diverso. A mettere in luce gli impatti di questi schemi alimentari è un nuovo studio, atteso da tempo e appena pubblicato su Nature, che ha dimostrato in che modo questi interventi alimentari influiscono sulla durata della vita sana.
Cos’è il digiuno intermittente e qual è la differenza con la restrizione calorica
Il digiuno intermittente (intermittent fasting in inglese) è uno schema alimentare che limita il consumo di cibo in una finestra temporale, alternando periodi di digiuno (che possono essere determinati momenti della giornata, della settimana o del mese) con periodi in cui si può mangiare. La restrizione calorica (caloric restriction) significa invece ridurre l’apporto calorico medio di una giornata al di sotto quello abituale.
Entrambi questi modelli alimentari sono studiati come possibili modi per mantenere una buona salute e vivere più a lungo: diversi studi hanno dimostrato che le persone obese o in sovrappeso che perdono i chili di troppo modificando la dieta possono migliorare la propria salute, anche se non è ancora completamente compreso come la restrizione calorica e il digiuno influenzino la salute delle persone normopeso, compresi gli anziani. Non è inoltre noto se questi modelli alimentari siano sicuri o addirittura applicabili nel lungo termine: in altre parole, ad oggi non ci sono ancora prove sufficienti per raccomandare questi regimi alimentari su larga scala.
Un primo importante risultato è però stato raggiunto dai ricercatori del Jackson Laboratory (JAX) di Bar Harbor, nel Maine, che hanno esaminato gli effetti del digiuno intermittente e restrizione calorica sulla salute di quasi mille topi geneticamente distinti, il che ha fatto in modo che la differenza genetica potesse riflettere il più possibile la diversità della popolazione umana.
Digiuno intermittente vs restrizione calorica: qual è la dieta migliore
Seguire una dieta equilibrata, come quella mediterranea, composta da cibi nutrienti in quantità moderate, aiuta a mantenersi in salute mentre si invecchia: quando però si tratta di valutare gli effetti di restrizioni dietetiche, come il digiuno intermittente e la riduzione calorica, mangiare meno spesso e mangiare di meno hanno diversi effetti sulla longevità, non estendendo necessariamente la durata della vita sana.
Lo studio dei ricercatori del Jackson Laboratory (JAX) ha infatti mostrato che ridurre l’apporto di calorie ha un impatto maggiore sulla durata della vita rispetto al digiuno intermittente, in particolare quando l’apporto calorico è fortemente ridotto, indipendentemente dai livelli di grasso corporeo o di glucosio, entrambi generalmente considerati indicatori di salute metabolica e invecchiamento. Gli studiosi hanno inoltre osservato che i topi che vivevano più a lungo con una dieta restrittiva erano anche quelli che perdevano meno peso nonostante mangiassero meno. Al contrario, i topi che perdevano più peso con queste diete tendevano ad avere poca energia, sistemi immunitari e riproduttivi compromessi e vite più brevi.
“Il nostro studio sottolinea davvero l’importanza della resilienza – ha spiegato il professor Gary Churchill, presidente del Karl Gunnar Johansson e docente presso la JAX, che ha guidato lo studio – . Gli animali più robusti mantengono il loro peso anche di fronte allo stress e alla restrizione calorica, e sono quelli che vivono più a lungo. Ciò suggerisce anche che un livello più moderato di restrizione calorica potrebbe essere il modo per bilanciare salute e durata della vita a lungo termine”.
I risultati delle diverse diete su salute e longevità nei topi
Nell’ambito dello studio, il professor Churchill e i suoi colleghi hanno valutato gli effetti di cinque diversi regimi alimentari in femmine di topo geneticamente distinte: in uno, i topi potevano mangiare liberamente qualsiasi quantità di cibo in qualsiasi momento della giornata; in altri due regimi alimentari, ai topi è stato ridotto l’apporto calorico giornaliero del 20% o dell’40% rispetto alla dieta di base; nei restanti due regimi alimentari è stato applicato il digiuno intermittente, con uno o due giorni consecutivi di digiuno ogni settimana, e la possibilità di mangiare quanto volevano negli altri giorni.
Questi regimi alimentari sono stati applicati a topi partire dai 6 mesi di età (circa 20 anni umani) e sono stati mantenuti per tutta la durata della loro vita abituale (generalmente, in media, di circa 2 anni). I topi sono stati quindi studiati per il resto della loro vita, sottoposti a periodici esami del sangue e ad un’ampia valutazione del loro stato di salute generale.
Nel complesso, i topi sottoposti a diete non restrittive sono vissuti in media 25 mesi, quelli sottoposti a diete con digiuno intermittente sono vissuti in media 28 mesi, quelli che hanno seguito un regime alimentare pari all’80% della dieta di base sono vissuti in media 30 mesi e quelli che hanno seguito un regime alimentare pari al 60% della dieta di base sono vissuti in media 34 mesi.
Tuttavia, all’interno di ciascun gruppo, la durata della vita era molto variabile: i topi che consumavano meno calorie, ad esempio, avevano una durata della vita che andava da pochi mesi ad addirittura quattro anni e mezzo. Nel cercare di spiegare questa variabilità, i ricercatori hanno osservato che alcuni fattori genetici potrebbero aver un impatto molto maggiore sulla durata della vita rispetto alle diete, evidenziando come determinate caratteristiche genetiche sottostanti, ancora da identificare, svolgano un ruolo molto importante nel modo in cui queste diete possono influenzare il percorso di salute di un singolo individuo.
Gli studiosi hanno inoltre osservato che i topi che vivevano più a lungo avevano mantenuto naturalmente il loro peso corporeo, la percentuale di grasso corporeo e la salute delle cellule immunitarie durante periodi di stress o di scarso apporto alimentare, così come quelli che non avevano perso grasso corporeo in età avanzata.
“Se vuoi vivere a lungo, ci sono cose che puoi controllare durante la tua vita, come la dieta – ha aggiunto Churchill – . Tuttavia, anche se la restrizione calorica sembra generalmente influire positivamente sulla durata della vita, i nostri dati dimostrano che perdere peso con la restrizione calorica può comunque avere un impatto negativo sulla durata della vita. Pertanto, quando esaminiamo le sperimentazioni sugli esseri umani di farmaci per la longevità e vediamo che le persone perdono peso e hanno profili metabolici migliori, potremmo scoprire che quei risultati non sono affatto un buon indicatore della loro futura durata di vita”.