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Differenze tra orsi in Trentino e Abruzzo, sorte di JJ4 e piccoli: le risposte dello zoologo Zibordi

Fanpage.it ha contattato lo zoologo Filippo Zibordi, che per molti anni ha partecipato al progetto Life Ursus per la reintroduzione dell’orso bruno in Trentino. Le sue risposte sulle differenze con l’orso bruno marsicano che vive in Abruzzo, sui numeri dei plantigradi in Trentino, sul destino dei cuccioli di JJ4 e sulla gestione dei cosiddetti “orsi problematici”.
Intervista a Filippo Zibordi
Zoologo, consulente su tematiche legate alla conservazione della natura e coordinatore didattico del Master FaunaHD dell'Università dell'Insubria
A cura di Andrea Centini
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Un orso bruno euroasiatico. Credit: Charles J. Sharp / wikipedia
Un orso bruno euroasiatico. Credit: Charles J. Sharp / wikipedia

Nei giorni scorsi l'orsa JJ4 che ha provocato la morte del runner 26enne Andrea Papi in Val di Sole (Trentino Alto Adige) è stata catturata e trasferita al rifugio Casteller in provincia di Trento, in attesa che venga deciso il suo destino. Al momento il TAR del capoluogo trentino ha sospeso l'ordinanza di abbattimento firmata dal presidente della Provincia autonoma Maurizio Fugatti fino all'11 maggio, a seguito di una richiesta depositata dalla Lega Anti Vivisezione (LAV). La tragedia, consumatasi su un sentiero nel bosco di Caldes, ha infiammato drammaticamente il dibattito pubblico sulla presenza degli orsi in Trentino Alto Adige, reintrodotti con il progetto Life Ursus – approvato dalla Provincia Autonoma e finanziato dall'Unione Europea – grazie al trasferimento di alcuni esemplari sloveni circa 25 anni fa.

Nel calderone delle polemiche sono finite le differenze con l'orso bruno marsicano che vive nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM), la densità delle popolazioni, il livello di antropizzazione dei due ambienti e molti altri fattori, compresa la sorte dei cuccioli di JJ4 – conosciuta anche come Gaia – separati dalla madre dopo la cattura. Per fare un po' di chiarezza abbiamo intervistato lo zoologo Filippo Zibordi, che per 13 anni ha lavorato al Parco Adamello Brenta. Lo scienziato attualmente è consulente per varie aree protette e organizzazioni in Italia e nel sud del mondo su tematiche legate alla conservazione della natura e alla comunicazione ambientale, oltre a essere coordinatore didattico del Master FaunaHD dell'Università dell'Insubria.

Dottor Zibordi, innanzitutto le chiediamo di spiegarci gentilmente quali sono le differenze tra l'orso bruno che vive in Trentino Alto Adige e la sottospecie presente in Italia Centrale, l'orso bruno marsicano

Sono due sottospecie diverse, nel senso che entrambe appartengono alla specie definita scientificamente come Ursus arctos. L'orso che sta in Trentino – e anche in molte altre parti d'Europa – è l'Ursus arctos arctos, cioè l'orso bruno euroasiatico, mentre in Centro Italia c'è una sottospecie endemica – cioè che vive solo lì – che si chiama appunto Ursus arctos marsicanus. La differenza che ha portato a discriminare la sottospecie marsicanus è legata a una particolare struttura del cranio, quindi un qualcosa che è difficilmente percepibile a occhio nudo. Tendenzialmente gli orsi marsicani sono di dimensioni un po' inferiori, inoltre molto di recente, attraverso l'analisi del pool genico – cioè di tutti i DNA degli orsi campionati in Abruzzo – messa a confronto con quella dell'orso bruno europeo, è stato trovato che ha una aggressività minore che è codificata in qualche modo a livello genetico. Una sottospecie si differenzia dalle altre nel momento in cui c'è isolamento geografico, quando non interagisce più col resto della popolazione principale. Questo ovviamente porta delle mutazioni casuali sulle quali agisce la selezione naturale. In questo caso, evidentemente, la separazione geografica ha portato a far sì che si selezionasse una minore aggressività.

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Questa minore aggressività è quantificabile in qualche modo? Ad esempio dal punto di vista comportamentale. Al di là di una recente e non ancora confermata aggressione, non sembrano esserci stati incidenti con gli orsi nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise.

No, purtroppo non sappiamo come si manifesta, se l'orso attacca e in quali situazioni, o quanti incidenti minori ci sono. Io voglio comunque sempre sottolineare che le due situazioni in Abruzzo e sulle Alpi sono diverse. Intanto perché appunto abbiamo un orso diverso, ma soprattutto perché in Abruzzo ci sono meno orsi, distribuiti su una superficie maggiore. Sono 50 in Abruzzo e circa 120 in Trentino. Ancor di più voglio sottolineare che c'è una differenza socio-culturale.

Ci spieghi

Gli abruzzesi non sono i trentini, così come non sono i siciliani. Il modo di gestire le cose o il modo di percepire e accettare le cose sono diversi. La densità della popolazione umana in Abruzzo è inferiore a quella trentina. Poi in Abruzzo il turismo e la frequentazione della montagna sono molto differenti da quelli che avvengono in Trentino. Io abito dove ci sono gli orsi, sulle Dolomiti di Brenta. Queste zone erano già ad elevatissimo potenziale turistico prima dell'arrivo dell'orso. Madonna di Campiglio, Pinzolo, Andalo. Sono posti che hanno un turismo decisamente affermato, da vip. Qui in realtà la reintroduzione non ha avuto un significato turistico. Non credo abbia spostato di una virgola o comunque di qualche decimale gli arrivi dei turisti. Viceversa in Abruzzo, evidentemente, c'è sempre stato spazio a un certo tipo di turismo, all'attrattività legata alla natura. Si va nel Parco d'Abruzzo non solo per vedere l'orso, ma magari anche per lasciare Roma e abbandonarsi alla natura. Questo per dire che sono effettivamente due contesti diversi. Quindi, al di là dell'aggressività, quando vengono paragonati i due modelli Abruzzo e Trentino andrebbero fatti dei distinguo.

Quindi diciamo che di base tra i due orsi c'è questa differenza genetica nell'aggressività evidenziata dagli studi, ma poi comunque sono il nostro approccio e il livello di antropizzazione a determinare le conseguenze

Sì. Voglio dire, per esempio qui è stato necessario avere un protocollo che prevede il prelievo degli orsi dannosi, degli orsi pericolosi. In Abruzzo non c'è mai stato ed è legato alle differenze che le evidenziavo, oltre al fatto che gli orsi marsicani stanno solo in centro Italia, sono “unici” e quindi è legittimo avere un approccio diverso. Un'altra cosa che mi piace sottolineare, al di là del cordoglio per la povera vittima in Val di Sole e per le altre sette aggressioni che ci sono state negli ultimi otto anni, parliamo di otto aggressioni – di cui una mortale – in 23 anni. O addirittura di otto aggressioni negli ultimi 150 anni, in Trentino.

Sembra che in Trentino la popolazione non sia stata adeguatamente informata per approcciarsi nel modo corretto alla convivenza con gli orsi

Qui si apre un altro contenitore grosso. Nel senso che sicuramente andavano fatte molte più
iniziative per informare la popolazione. Ieri mi ha intervistato una giornalista svizzera che mi ha detto: “Ma Parco e Provincia sono andati in tutte le scuole del Trentino a dire come ci si comporta, vero?”. Le ho risposto intanto di pensare che siamo in Italia e che quindi l’approccio è stato “all’italiana”, perché non siamo in Svizzera. Molto è stato fatto, in modo molto efficace, nella fase iniziale del progetto di reintroduzione, poi sono state ridotte le risorse e poi si è addirittura preferito smettere di comunicare. Però appunto, diciamo che l'informazione è una cosa. È giustissima, andava fatta e può minimizzare i rischi. Però l'altra cosa che minimizza molto i rischi di incontri e aggressioni è agire sul piano gestionale. E questo è stato scritto fin dal 1997, cioè prima di portare gli orsi in Trentino.

Era stato scritto che andava fatta una grande opera di dissuasione sugli orsi che per qualche motivo diventavano più confidenti. Ad esempio, spaventandoli con i cani – da parte delle squadre di emergenza, non di singoli cittadini; sparandogli proiettili di gomma per allontanarli dai paesi; e come ultima ratio, rimuovendo gli animali problematici. I due assi sui quali si doveva agire molto di più erano, come ha giustamente detto lei, quello della comunicazione – cioè agire sulla popolazione umana – e agire sugli orsi. Perché è una cosa che non ci siamo inventati noi; basta vedere quello che fanno gli altri Paesi che convivono con l'orso, come la Slovenia, la Croazia etc etc.

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In Slovenia, dove gli orsi sono molti di più, circa un migliaio, educano la popolazione fin dall'infanzia ad approcciarsi nel modo giusto in caso di incontro

Sì, ma poi appena c'è un orso problematico lo abbattono. Da una parte tolgono gli orsi problematici, che è quello che secondo me andrebbe fatto oggi e andrebbe fatto con maggiore coraggio in Trentino, dall'altra la Slovenia, che ha 1.100 orsi (un ordine di grandezza in più rispetto al Trentino), ha pattuito con l'Unione Europea la necessità di ridurre la densità per mantenere il patto sociale con la gente. Questo secondo me non deve essere un tabù neanche qua, ma non siamo ancora a questo punto. Noi tecnici guardiamo alla Slovenia con deferenza; loro gli orsi non li hanno mai fatti estinguere e li gestiscono molto bene da cento anni. Sono arrivati a 1.100 e quindi adesso hanno "patteggiato" con l'Unione Europea per diminuirne il numero. Questa però non è l'attualità, non è la cosa da fare in Trentino. Sarebbe sufficiente rimuovere con decisione e coraggio, come è scritto nei protocolli, gli orsi problematici.

Quindi i cento orsi che ci sono non sono troppi, come sottolinea spesso qualcuno

Dal punto di vista ambientale sicuramente no. Nel senso che le popolazioni animali si autoregolano sulla base della capacità portante dell'ambiente. Vuol dire in parole povere che quando diventano troppi si allontanano dall'area di nascita. È quello che sta succedendo. Nel quindicennio analizzato ne sono usciti 51 di maschi di orso: uno in Baviera, due in Svizzera, tre in Slovenia, uno è tuttora in Val d'Ossola, tre o quattro sono in Lombardia. Quindi è anche una falsa notizia dire che siano tutti qua. È chiaro che le femmine sono ancora molto legate al territorio. Sicuramente il Trentino occidentale resta l'area di maggior frequentazione e densità.

Lei quindi rimuoverebbe quelli che vengono definiti “orsi problematici” nel PACOBACE?

Sì, esattamente

Per quanto concerne l'orsa JJ4, recentemente imprigionata, ci sono delle questioni relative ai cuccioli dai quali è stata separata. Sono sì svezzati, ma secondo alcuni etologi potrebbero avere dei problemi. Ad esempio la madre avrebbe potuto insegnare loro dove si trovano gli alberi con la frutta e altre fonti di sostentamento.

Ci sono due cose da dire. Questi tre cuccioli sono nati nel gennaio – febbraio 2022 in tana, com'è normale. Hanno passato tutto il 2022 con la mamma, perché le cure parentali degli orsi sono particolarmente lunghe. Usciti dall'ibernazione nel mese di marzo 2023 (più o meno) erano ancora in compagnia della madre. Però in base all'etologia, a quello che sappiamo degli orsi, avrebbero comunque abbandonato la madre tra aprile 2023 – cioè tra oggi – e novembre 2023. È improbabile che i giovani, perché a questo punto non dovremmo più chiamarli cuccioli, sarebbero rimasti con la madre anche nell'inverno 2023 – 2024. Quindi le loro probabilità di sopravvivenza sono elevate. Già mangiano da soli. Hanno smesso di essere allattati addirittura nel maggio 2022, quindi sono in teoria in grado di sopravvivere. Le probabilità sono alte. Poi chiaramente quello che diceva è interessante. È chiaro che le cure parentali così prolungate servono per passare le informazioni su come cavarsela dalla madre ai propri figli. Quindi è chiaro che questi piccoli potrebbero aver imparato dalla madre degli atteggiamenti che per noi potrebbero diventare problematici. A mio modo di vedere dovrebbero essere degli osservati speciali.

Cioè?

È un buon esempio per cui adesso la gestione dovrebbe essere sul campo. Gli esperti dovrebbero pretendere con forza che non ci si dimentichi degli orsi fino al prossimo evento, ma che si intensifichi per esempio il monitoraggio. Questi cuccioli per esempio non potevano essere muniti di radiocollare, perché crescono e quindi si sarebbero strozzati. Però esistono dei trasmettitori che sono come degli orecchini, per capirci. Li abbiamo usati anche nella prima fase del Life Ursus. Sono dei veri e propri orecchini a clip con una piccola antennina, che chiaramente hanno batterie che trasmettono molto meno e a una distanza molto inferiore rispetto ai radiocollari, che arrivano anche 4 – 10 chilometri in linea d'aria. Questa poteva essere una soluzione gestionale.

A mio modo di vedere si deve chiedere ai tecnici cosa fare, perché effettivamente anche questi tre orsi devono essere osservati speciali. Attenzione, non dobbiamo creare allarmismo. Ma forse saprà che JJ4 è figlia di Jurka e Joze. Jurka è un'orsa problematica che è stata catturata e condannata alla captivazione permanente se non ricordo male nel 2007. Quindi in qualche modo JJ4 aveva in qualche modo imparato delle abitudini incompatibili con noi già dalla madre.

Non si può però escludere che sia stata proprio la presenza dei cuccioli o magari l'essere colta di sorpresa da questo corridore ad aver innescato la reazione aggressiva

Sì, la reazione con ogni probabilità è stata chiaramente legata alla sorpresa, al silenzio. Però purtroppo per quello che è stato deciso nelle linee guida e quindi nel PACOBACE, ci sono atteggiamenti che per quanto giustificabili con l'etologia dell'orso non sono compatibili con il patto sociale di chi vive, me compreso, in queste zone. Cioè un'orsa, anche di fronte a un'azione di sorpresa, ha tante possibilità. In genere noi diciamo tre: può scappare, rimanere ferma o attaccare. Noi l'attacco, l'attacco plurimo, non lo possiamo concedere. Perché l'incolumità pubblica viene prima di tutto il resto. Prelevare, rimuovere un'orsa come JJ4 non solo previene il fatto che lei possa agire con un altro attacco, che ripeto, etologicamente è compatibile ma mette in pericolo l'incolumità pubblica, ma ha anche un'importanza per salvare gli altri 119 orsi. Ne rimuoviamo uno in modo da far vedere alla popolazione umana che la gestione c'è e che la situazione è sotto controllo.

Secondo me lasciare JJ4 nei boschi preluderebbe al fatto che la gente vada a farsi giustizia da sola: “Se me la lasciano là io ne abbatto altri”. È una cosa che non escludo possa avvenire. Qui la polarizzazione è molto forte. Magari c'è chi grida “salviamo JJ4” da lontano, da Milano, da Roma, invece chi vive qua ha interpretato questa situazione in modo molto emotivo, senza vedere i numeri, le statistiche. C'è chi dice “caspita, adesso non vado più nel bosco perché rischio di morire”.

Lei sarebbe favorevole al trasferimento di JJ4 nel rifugio all'estero proposto dalla LAV?

La prima cosa che va detta chiaramente, secondo me, è che non può essere liberata in natura. Perché appunto può essere un pericolo per l'incolumità. Quindi no al rilascio in Trentino. E chiaramente chi dice di rilasciarla in una zona d'Europa dove non possa dare fastidio a nessuno parla di fantascienza. Perché nessun Paese acconsentirebbe a prendere un'orsa che ha appena ammazzato una persona in Italia. Se devo rispondere in maniera cinica, come zoologo e ricercatore, le dico che tra virgolette non mi interessa ciò che avverrà a JJ4, perché quello che a me importa è la popolazione. Non mi interessa il singolo individuo, sempre tra virgolette, perché io voglio salvaguardare la popolazione degli orsi. Quindi quest'orsa, come prevede il PACOBACE, è stata prelevata e non darà più fastidio.

Da non zoologo di popolazione, se invece penso al singolo orso, lascio alla sensibilità di ciascuno di noi se si tuteli di più il benessere di un orso sparandogli un colpo o metterlo in prigione fino all'età di 40 anni. Perché un orso è comunque abituato a vagare per decine di chilometri ogni giorno nei boschi sempre alla ricerca di cibo – perché gli orsi sono sempre affamati, devono ingerire fino a 7000 – 10000 calorie al giorno – quindi preda degli odori, preda del tentativo di accoppiarsi con altri animali nel periodo riproduttivo. Per quanto sia grande il recinto in cui la si andrà a mettere, vuol dire castrare tutti i suoi istinti. Banalmente, anche solo il fatto di darle il cibo – non ci sarà mai un recinto grande come l'habitat dell'orso – le toglie la ragione di vita.

Non è che sia contrario a metterla in cattività. Io dico che, in senso lato, se guardiamo ai Paesi che le citavo prima, la Croazia, la Slovenia, non si fanno di questi problemi. Abbattono gli orsi problematici anche solo per una questione di numeri. Loro hanno un paio di orsi problematici all'anno e tutti gli orsi vivono 30 – 40 anni. Lei si immagini avere ogni anno due orsi a cui dover trovare un recinto enorme e spenderci dietro decine di migliaia di euro. Ecco, io penso che questi soldi potrebbero essere spesi per la conservazione della natura, per la tutela della biodiversità, e non per il singolo orso. Però se la LAV ha a disposizione un posto dove metterci JJ4 non sono contrario.

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