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Dichiarato in morte cerebrale, ma “torna in vita” prima del prelievo degli organi: com’è possibile

Dagli Stati Uniti arriva l’agghiacciante storia di un uomo dichiarato morto che ha dato segni di vita – dimenandosi e piangendo – mentre in sala operatoria lo preparavano per l’espianto degli organi. Cosa può essere successo e perché si può “tornare in vita” dopo la dichiarazione di morte cerebrale.
A cura di Andrea Centini
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A destra Anthony Thomas "TJ" Hoover II
A destra Anthony Thomas "TJ" Hoover II

Immaginate di essere stati dichiarati morti da un medico, ma in realtà siete ancora vivi e, dettaglio ancora più inquietante, siete appena stati trasferiti in sala operatoria per l'espianto degli organi, perché con un gesto di grande generosità avevate deciso di donarli. Potete sentire tutto, ascoltare le voci e osservare i preparativi degli specialisti. Magari già vedete bisturi, seghe, frullini e altri strumenti necessari a togliervi gli organi dal corpo. Un vero e proprio film dell'orrore, del quale è stato protagonista principale il trentaseienne Anthony Thomas "TJ" Hoover II. L'uomo nell'ottobre del 2021 fu ricoverato presso l'ospedale Baptist Health di Richmond, nel Kentucky, per un'overdose di droga; ebbe un arresto cardiaco e ne venne dichiarata la morte cerebrale. In quanto donatore fu predisposto l'espianto degli organi per trapiantarli in pazienti bisognosi.

Durante una delle procedure preparatorie chiamata cateterismo cardiaco, tuttavia, l'uomo si è risvegliato, i suoi occhi hanno iniziato a guizzare ovunque e il corpo a dimenarsi, come dichiarato a NPR dalla dottoressa Natasha Miller, specialista nella conservazione degli organi organi del Kentucky Organ Donor Affiliates (KODA). L'uomo, inoltre, “piangeva visibilmente”, ha detto la donna. In una prima fase – quella del movimento oculare – si credeva fossero solo spasmi post mortem, pertanto i medici hanno deciso di proseguire con la procedura, poi, quando è diventato evidente che fosse sveglio due di essi hanno interrotto l'intervento e si sono rifiutati di proseguire. Sono immediatamente andati a comunicare la notizia alla sorella dell'uomo – Donna Rhorer – che attendeva fuori, rimasta scioccata per l'accaduto.

La vicenda, al di là della doverosa e approfondita indagine sullo specifico episodio, sta avendo strascichi importanti nella gestione della donazione degli organi negli Stati Uniti. Come spiegato dal quotidiano britannico Indipendent, l'amministrazione Biden ha annunciato un piano per rivedere il sistema di approvvigionamento degli organi, aumentando “la trasparenza e la responsabilità” nelle procedure. Lo evidenzia un documento pubblicato nel 2023 dell'Health Resources and Services Administration (HRSA) del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani statunitensi. Quello di Hoover non è infatti il primo caso di questo genere, sebbene si tratti di eventi rari. Che ci sia qualcosa da rivedere lo evidenziano le parole del dottor Robert Cannon, un chirurgo specializzato in trapianti di fegato dell'Università dell'Alabama a Birmingham, intervenuto in un'udienza al Congresso degli Stati Uniti. “Purtroppo ho sperimentato questa cosa anch'io”, ha detto il medico in una dichiarazione riportata da NP4, citando il caso di un uomo che ha iniziato a respirare durante un'operazione di espianto, fortunatamente notato dall'anestesista. In quel caso l'equipe contattò un coordinatore che disse loro di trovarsi innanzi a un “riflesso del tronco encefalico” e dunque “di proseguire”. Ma si rifiutarono, constatando che l'operazione si sarebbe trasformata in un omicidio. “Ogni chirurgo che si occupa di trapianti ha probabilmente una storia da raccontare su se stesso o su un collega che ha avuto una situazione simile”, ha chiosato il dottor Cannon. Un'affermazione agghiacciante.

Ora, al netto dei singoli casi sopracitati, come può accadere che una persona dichiarata in morte cerebrale inizi improvvisamente a mostrare segni vitali e, apparentemente, risvegliarsi e tornare in vita? Innanzitutto, per morte cerebrale si intende una condizione in cui mancano sia l'attività elettrica del cervello che quella cardiaca. La presenza di attività del cuore è il fattore biologico che distingue il coma irreversibile dalla morte cerebrale, sebbene entrambe le definizioni siano ancora oggetto di discussione tra gli specialisti. Nel caso di morte cerebrale, comunque, si tratta di una persona dichiarata legalmente morta (quindi non più un paziente), mentre per il coma irreversibile di una in vita. “Il passaggio da un coma profondo alla morte cerebrale – la cessazione permanente di tutte le funzioni cerebrali – potrebbe non essere immediatamente evidente per un osservatore inesperto. Tuttavia, riconoscere questa transizione dalla vita alla morte è fondamentale per le famiglie, l’equipe medica e i potenziali riceventi di organi”, ha spiegato l'Università Johns Hopkins in un articolo dedicato al delicatissimo tema.

È chiaro che innanzi a simili sfumature possano capitare rarissimi errori medici, nei quali una persona potrebbe essere dichiarata morta quando effettivamente non lo è. Dopo un arresto cardiaco, come nel caso del 36enne protagonista della storia sopracitata, il cuore potrebbe riprendere a pulsare all'improvviso, oppure potrebbe essere “letto” come privo di attività dalla strumentazione medica (per svariati motivi) e indurre in errore il medico. È doveroso sottolineare che la morte cerebrale viene dichiarata solo dopo almeno 6 ore di assenza di attività cerebrale attraverso un elettroencefalogramma e cardiaca. Nella morte cerebrale “si riscontra la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo”, spiega il Ministero della Salute. “Questa cessazione irreversibile delle funzioni dell’intero encefalo determina l’assenza assoluta per il soggetto in morte cerebrale di respiro autonomo, della coscienza e del controllo cerebrale delle funzioni motorie e vegetative (temperatura, pressione arteriosa ecc.). Nei casi di morte cerebrale accertata, non si parla più di ‘pazienti' poiché la persona non è più viva e, quindi, non può più essere curata”, sottolinea il ministero. Nel risveglio di una persona precedentemente dichiarata morta i segnali di risveglio possono essere movimenti di arti, dita e occhi; reazioni al dolore; respirazione (come nel caso citato dal dottor Cannon); e chiaramente riattivazione dell'elettroencefalogramma.

Le indagini sul caso di Anthony Thomas "TJ" Hoover II sono ancora in corso e, al momento, per motivi processuali non sono disponibili dati su cosa abbia indotto i medici a dichiararne la morte cerebrale, attivando di conseguenza le procedure di espianto degli organi. Ciò che è certo è che l'uomo si è risvegliato e oggi, a tre anni esatti dalla terribile esperienza, vive con sua sorella che ne è la tutrice. Soffre di problemi di linguaggio, deambulazione e memoria, ma è vivo. “Mi sento tradita dal fatto che le persone che ci dicevano che era cerebralmente morto e poi si è svegliato. Stanno cercando di giocare a fare Dio. Stanno quasi scegliendo e selezionando: prenderanno questa persona per salvare queste persone. E in un certo senso perdi un po' la fede nell'umanità”, ha affermato con rabbia a NPR la sorella dell'uomo. Sarà necessario attendere una sentenza per sapere cosa possa essere accaduto in quel terribile ottobre di tre anni fa.

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