Diagnosticare la depressione dalle espressioni facciali: l’idea di un gruppo di ricercatori
Sebbene la depressione sia stata per anni confusa con la tristezza, chi ne soffre può mostrarsi agli altri come la persona più sorridente della stanza. Tuttavia, ci sono alcune espressioni facciali e perfino alcuni tratti dello sguardo involontari e istintivi che potrebbero segnalare la presenza di un disturbo depressivo.
È a partire da questa consapevolezza, frutto di studi effettuati negli ultimi decenni, che Sang Won Bae, un ricercatore dello Stevens Institute of Technology, nel New Jersey, ha avuto l'idea di sfruttare l'oggetto più guardato dalla maggior parte delle persone oggi per avere uno strumento in più nella diagnosi della depressione: lo smartphone.
L'obiettivo è quello di sviluppare più applicazioni in grado di rilevare le espressioni facciali o i riflessi e le dimensioni delle pupille, dalla cui analisi si potrebbe avere un indizio sulla presenza o meno della presenza di un disturbo depressivo. "La depressione rappresenta una sfida importante – ha spiegato Bae – Dato che maggior parte delle persone nel mondo oggi usa uno smartphone quotidianamente, questo potrebbe diventare un utile strumento di rilevamento già pronto per essere usato".
Cosa dicono gli occhi
Una di queste applicazioni dovrebbe riuscire a catturare costantemente lo stato di dilatazione delle pupille del proprietario dello smartphone su cui è stata installata. Si chiama PupilSense e riesce a calcolare esattamente il diametro delle pupille degli occhi rispetto alle iridi. L'app, che è stata progettata con il ricercatore Rahul Islam, dello stesso istituto di ricerca di Bae, è stata testata su 25 persone per quatto settimane.
In questo periodo, l'applicazione ha rilevato 16.000 interazioni con i telefoni, che sono state elevavate da un'intelligenza artificiale istruita in modo tale da riconoscere le risposte della pupilla in qualche modo anormali. Ai 25 partecipanti è stato poi chiesto di rispondere a una serie di domande sul loro umore nei giorni del test. L'applicazione si è dimostrata in grado di riconoscere i momenti in cui i partecipanti hanno detto di sentirsi effettivamente depressi quasi nell'80% dei casi.
Anche dal volto si può leggere la depressione
In realtà, le pupille non sono gli unici elementi del volto in grado di dirci qualcosa sullo stato psicologico di una persona. Altre ricerche hanno infatti rivelato che anche alcuni movimenti dei muscoli facciali o certi movimenti involontari della testa potrebbero essere segnali non verbali dalla depressione.
Seguendo il principio utilizzato per PupulSense, la coppia di ricercatori ha realizzato un'altra applicazione – l'hanno chiamata FacePsy – che scatta in continuazione istantanee del volto della persona mentre sta utilizzano lo smartphone. Le immagini, che vengono eliminate praticamente all'istante – per garantire la privacy dell'utente – servono come database per raccogliere la maggior quantità di dati possibili sui movimenti facciali della persona.
Le espressioni facciali potrebbero essere ingannevoli
In un prima fase della sperimentazione, i ricercatori non sapevano ancora quali movimenti o espressioni fossero associabili a un certo stato emotivo o psicologico, quindi l0 hanno ricostruito a posteriori attraverso le risposte dei partecipanti. In questo modo hanno scoperto che alcuni movimenti facciali erano più frequenti nei giorni o nelle persone che si sentivano effettivamente depresse o giù di morale. Alcuni di questi movimenti erano del tutto insospettabili: ad esempio, un sorriso più frequente è stato collegato non a uno stato di felicità ma ai potenziali segnali di un umore depresso.
Non è ancora chiaro se sia un effetto collaterale del test o se si possa trattare di una specie di meccanismo di coping, per cui le persone tendono a sorridere proprio per nascondere le loro vere emozioni. Per avere maggiore certezza nell'interpretazione delle espressioni facciali, hanno chiarito i ricercatori, saranno necessari ulteriori indagini, ma a ogni modo gli esperimenti effettuati finora sembrano convalidare l'intuizione dei due ricercatori.