Depressione in aumento tra i giovani, Mario Maj: “Effetto anche dell’uso improprio dei social”
Tristezza, vuoto, irritabilità. Sono questi alcuni dei sintomi della depressione, un disturbo spesso definito il “male del secolo” che negli ultimi anni sta facendo registrare numeri record anche tra i giovani. Le ragioni sono varie, in molti casi accentuate dal clima di instabilità e incertezza che stiamo affrontando. Ne abbiamo parlato con il professore Mario Maj, specialista in Psichiatria e direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Università della Campania L. Vanvitelli, presidente della Società Italiana di Psichiatria Biologica (SIPB), di cui è in programma a Napoli, dal 25 al 28 ottobre, il Congresso dal titolo “Treatments in Psychiatry 2023”.
Allora professore, cosa significa essere depresso?
Significa presentare, in maniera continua per diverse settimane, una serie di sintomi, tra cui la tristezza, l’incapacità di provare interesse e piacere per qualsiasi cosa, la mancanza di energia, i sentimenti di inutilità e di colpa, la ridotta capacità di pensare e concentrarsi, il rallentamento psichico e motorio o l’agitazione, la mancanza di appetito, l’insonnia, i pensieri di morte. Sono spesso presenti anche ansia e sintomi somatici (dolori, senso di oppressione toracica).
Questi sintomi compromettono in modo significativo il funzionamento sociale, relazionale e lavorativo.
Quanto è frequente la depressione in Italia e quali sono le categorie maggiormente colpite?
Le persone che soffrono di una condizione depressiva clinicamente significativa in Italia sono in questo momento circa un milione e mezzo. L’incidenza nelle donne è oltre due volte maggiore che negli uomini. Sono più colpite le persone con basso livello di istruzione e quelle inattive o disoccupate.
La frequenza della depressione risulta essere in aumento nei giovani e nelle persone che abitano in ambiente urbano. L’aumentata frequenza nei giovani viene attribuita a fattori come la disoccupazione sempre più diffusa, l’aumentata pressione ad avere successo nella vita e l’uso improprio dei social media.
È vero che la depressione si manifesta in modo diverso in rapporto all’età e al genere?
Sì. Nei giovani è frequente l’irritabilità, e il quadro clinico può essere dominato da patologie associate come i disturbi del comportamento alimentare e l’abuso di sostanze, ritardando la diagnosi. Negli anziani prevalgono invece i sintomi somatici, l’ansia, l’agitazione e i disturbi cognitivi. Nelle donne la depressione si associa più spesso ad ansia e sintomi somatici, mentre negli uomini sono più frequenti la rabbia e l’aggressività.
È vero che la depressione si associa ad una maggiore incidenza di varie malattie fisiche?
Sì. Le persone depresse hanno un rischio di sviluppare una cardiopatia ischemica più che doppio rispetto alla popolazione generale e un rischio di sviluppare il diabete aumentato di circa il 65%. La presenza della depressione aumenta di oltre cinque volte la mortalità a distanza di 6 mesi nelle persone che hanno avuto un infarto del miocardio, ed aumenta in misura altamente significativa il rischio di tutte le complicanze del diabete.
È vero che la depressione si associa a un’aumentata mortalità?
Sì. L’aspettativa di vita media è ridotta di circa 14 anni negli uomini e 10 anni nelle donne che hanno avuto una diagnosi di depressione di livello grave rispetto alla popolazione generale. Ciò si deve sia all’aumentata incidenza del suicidio (0,29% all’anno contro lo 0,01% della popolazione generale) che all’aumentata frequenza di malattie fisiche come la cardiopatia ischemica e il diabete, nonché di stili di vita a rischio come la vita sedentaria, il fumo, l’abuso di alcool e droghe e la dieta inadeguata.
Che cosa causa la depressione?
La depressione non ha una “causa”, ma riconosce vari fattori predisponenti, precipitanti e protettivi. Tra i fattori predisponenti vi sono la familiarità di disturbi dell’umore; gli eventi precoci di perdita, separazione o abuso; alcuni aspetti dello stile cognitivo. Tra i fattori precipitanti vi sono gli eventi di perdita, separazione o insuccesso; l’isolamento e la discriminazione sociale; le malattie fisiche croniche o invalidanti; l’abuso di sostanze e l’uso improprio dei social media. Tra i fattori protettivi vi sono il supporto e l’integrazione sociale, l’uso di strategie di coping produttive, e uno stile di vita appropriato (per quanto attiene al sonno, all’esercizio fisico e alla dieta).
La depressione si cura con i farmaci o con la parola?
L’approccio terapeutico si basa sulla caratterizzazione del singolo paziente depresso rispetto al quadro clinico attuale e ad una serie di variabili antecedenti e concomitanti.
Su questa base si deciderà se usare un farmaco (ed eventualmente quale, tra i molti disponibili, che non sono affatto intercambiabili) e/o una psicoterapia (ed eventualmente quale, tra quelle evidence based) e si valuterà l’utilità di un supporto a livello della famiglia e del contesto ambientale. In alcuni casi la prima scelta può non essere efficace, e in circa il 30% dei casi può non esserlo anche la seconda scelta.
Chi soffre di depressione accede di solito alle cure adeguate?
No. Oltre la metà delle persone che soffrono di depressione non accede alle cure adeguate. Molte persone depresse non sono consapevoli della natura patologica della loro condizione e/o dell’esistenza di cure efficaci, oppure hanno vergogna o paura di chiedere aiuto; diversi operatori sanitari non sono in grado di riconoscere la patologia o di trattarla adeguatamente; alcuni servizi di salute mentale trascurano le patologie non psicotiche; le psicoterapie evidence based non sono disponibili in diversi servizi pubblici.
Che cosa si può fare per la depressione a livello del sistema sanitario?
È necessaria una sensibilizzazione ed un’informazione sul tema della depressione che raggiunga tutti gli operatori sanitari, favorendo la diagnosi e l’intervento precoce, soprattutto a livello della medicina generale.
È opportuna la diffusione di procedure di screening nelle persone a rischio. Tutte le terapie evidence based per la depressione dovrebbero essere disponibili nei servizi pubblici per la salute mentale. Questi servizi dovrebbero essere meglio integrati con gli altri servizi sanitari. La scelta degli interventi per la depressione dovrebbe essere basata sulla caratterizzazione sistematica del singolo caso.
Che cosa si può fare per la depressione a livello della comunità?
L’informazione sulla depressione come patologia curabile dovrebbe raggiungere l’intera popolazione. I genitori, gli insegnanti e i datori di lavoro dovrebbero essere particolarmente sensibilizzati. Dovrebbe essere diffusa la consapevolezza del ruolo di alcuni fattori di rischio "malleabili" (su cui, cioè, è possibile intervenire), come il maltrattamento in età infantile. I programmi di prevenzione, in particolare quelli aventi come target le persone, le famiglie e gli ambienti a rischio, dovrebbero essere oggetto di ampi studi, anche volti a valutarne il rapporto costi-efficienza.