Dente di megalodonte scoperto a 3.000 metri di profondità: era uno squalo preistorico di 20 metri
Uno spettacolare dente di megalodonte di 3,5 milioni di anni è stato scoperto e recuperato a circa 3.000 metri di profondità nel cuore dell'Oceano Pacifico centrale. È il primo a essere individuato in queste peculiari condizioni. A rendere il ritrovamento ancor più eccezionale il fatto che è stato rilevato durante l'immersione di un veicolo telecomandato da remoto o ROV, che lo ha prima filmato e poi riportato in superficie. Il megalodonte (Otodus megalodon) è uno squalo preistorico leggendario, uno dei più grandi predatori mai vissuti sulla Terra, avendo dimensioni massime stimate di circa 20 metri. Era più grande di un colossale maschio di capodoglio (Physeter macrocephalus), che raggiunge i 18 metri al massimo. Questi animali si sono estinti in circostanze ancora poco chiare circa 3,6 milioni di anni fa, tra il passaggio dal Pliocene inferiore a quello superiore. Per alcuni “complottisti” questi animali sarebbero ancora fra di noi, anche se gli esperti tendono a escluderlo con ragionevole certezza.
Il dente è stato trovato durante la spedizione NA141 della nave esplorativa (E/V) Nautilus di tre settimane condotta nell'estate del 2022 al largo dell'atollo di Johnston, nel cuore del Monumento nazionale marino delle Isole remote del Pacifico. Il fossile è stato individuato sulla cima di una montagna sottomarina facente parte di una serie di catene a ridosso della dorsale delle Line Islands. Gli autori della scoperta spiegano che la montagna si trova sul basamento oceanico “creato circa 118 milioni di anni fa”, durante il Cretaceo inferiore, un periodo ancora dominato dai dinosauri (quelli non aviani si estinsero circa 60 milioni di anni dopo, alla fine del Cretaceo, a causa dell'asteroide Chicxulub che cadde innanzi alle coste dell'attuale penisola dello Yucatan, in Messico). L'equipaggio di ricercatori e avventurieri stava manovrando un piccolo sottomarino controllato da remoto chiamato Hercules, quando esattamente alla posizione 14.11332°N, 167.39357°W, a 3090 metri di profondità, si sono imbattuti nel dente del gigante preistorico.
Dopo averlo portato in superficie e analizzato, gli studiosi hanno rilevato la presenza di incrostazioni di ferromanganese, note per svilupparsi proprio attorno ai nuclei fossili. Il dente è straordinariamente conservato e risulta ben visibile il micidiale bordo seghettato, utilissimo per immobilizzare e lacerare la carne delle prede di cui si nutriva, principalmente cetacei come balene e delfini. “Si tratta di una scoperta straordinaria ed interessante sotto diversi aspetti”, ha diciarato a IFLScience il professor Nicolas Straube, docente presso il Museo universitario di Bergen e coautore dello studio. “Il fossile è stato scoperto in una località di acque profonde molto remota nelle quali i fossili di megalodonte sono raramente documentati. Inoltre, il suo parziale incapsulamento con manganese suggerisce che i denti fossili di squalo siano una base ideale per l’accumulo di manganese”, ha chiosato l'esperto.
Come indicato, non è chiaro come questi maestosi pesci cartilaginei si siano estinti, ma secondo i biologi vi sarebbe stata una combinazione tra la frammentazione della popolazione – a causa di significativi cambiamenti oceanografici – e la competizione alimentare con il grande squalo bianco (Carcharodon carcharias), presente ancora ai giorni nostri ma di dimensioni decisamente inferiori. Il dente del megalodonte è ora custodito presso il Laboratorio di campioni geologici marini dell'Università del Rhode Island a Narragansett, negli Stati Uniti. I dettagli della ricerca "First in situ documentation of a fossil tooth of the megatooth shark Otodus (Megaselachus) megalodon from the deep sea in the Pacific Ocean" sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Historical Biology.