Dati cinesi sull’origine del Covid nel mercato di Wuhan: “Non ci sono prove di infezione animale”
Una nuova analisi, l’ultima di una serie di indagini sull’origine del Covid nel mercato di Huanan, a Wuhan, e la prima ad essere sottoposta a revisione paritaria, non ha trovato alcuna prova di infezione negli animali venduti all’interno del mercato, escludendo che cani procione o altre specie siano la causa della pandemia. Il rapporto arriva dopo che uno studio, presentato il mese scorso al Scientific Advisory Group for the Origins of Novel Pathogens (SAGO) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha suggerito che il Covid abbia invece avuto origine da cani procione infetti, indicando nel mercato di Wuhan la probabile fonte dei primi casi di Covid.
“Non ci sono prove di Covid negli animali venduti nel mercato di Wuhan”
La nuova analisi, pubblicata su Nature il 5 aprile dai ricercatori del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie (China CDC), ha preso in esame 923 campioni ambientali raccolti da bancarelle del mercato cinese dal 1° gennaio 2020 (il primo giorno in cui era stato chiuso) e 457 campioni da 18 specie di animali – compresi quelli invenduti nei frigoriferi e congelatori, tamponi di animali randagi e il contenuto di un acquario – prelevati dal 18 gennaio 2020. Attraverso il sequenziamento, precisa il team cinese, il virus Sars-Cov-2 è stato rilevato in 73 campioni ambientali, ma in nessuno dei campioni animali. “Questi campioni ambientali – scrivono gli autori dello studio, che include George Gao, l’ex capo del China CDC – non possono provare che gli animali fossero infetti”.
“Inoltre, anche se gli animali fossero stati infettati, il nostro studio non esclude che si sia verificata la trasmissione da uomo ad animale, considerando che il tempo di campionamento era successivo all’infezione umana all’interno del mercato, come riportato retrospettivamente. Pertanto, la possibilità di una potenziale introduzione del virus nel mercato attraverso esseri umani infetti o prodotti della catena del freddo non può ancora essere esclusa”.
Il ruolo del mercato cinese di Wuhan
Il mercato di Wuhan è stato associato ad alcuni dei primi casi di Covid, che hanno portato parte degli scienziati a suggerire che il Covid possa essere stato trasmesso all’uomo da animali infetti venduti all’interno del mercato. I cani procione, in particolare, sono stati ritenuti la probabile fonte di diffusione virale per la loro alta suscettibilità al virus. Ma i ricercatori del China CDC hanno sottolineato che, come emerso successivamente, i primi casi umani si erano già verificati quando il team ha prelevato per la prima volta i tamponi, nel gennaio 2020, per cui anche se gli animali fossero stati infetti, gli stessi avrebbero potuto contrarre il virus dagli umani.
Il team ha anche trovato tracce di Covid nelle fogne, suggerendo che gli esseri umani o animali infetti possano aver contribuito a diffondere il virus. Studi precedenti hanno inoltre evidenziato che la più grande concentrazione di particelle virali è stata trovata vicino ai servizi igienici del mercato.
Le ultime scoperte non riescono dunque a fornire una prova definitiva che la pandemia abbia avuto origine da un evento di spillover da animale a uomo, sebbene la pubblicazione dei dati genomici, che sono stati depositati su database aperti possano rivelarsi cruciali per ulteriori indagini che faranno luce su quanto accaduto nel mercato cinese. “È uno dei set di dati più importanti che abbiamo avuto dall’inizio della pandemia” ha affermato Florence Débarre, la biologa evoluzionista del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (CNRS) che faceva parte del team che il mese scorso ha sollevato la polemica, pubblicando la propria analisi dei dati dei China CDC sul repository di ricerca Zenodo. In quell’analisi, si identificava materiale genetico di animali selvatici nei campioni risultati positivi al virus, indicando gli animali venduti nel mercato, compresi i cani procione, come specie di interesse.
D’altra parte, quanto emerso dai risultati dell’analisi cinese sembra suggerire che il mercato di Wuhan possa aver agito da amplificatore nella trasmissione di SARS-CoV-2. “È infatti altrettanto possibile che gli esseri umani abbiano introdotto il virus sul mercato, come potrebbero aver fatto gli animali” ha commentato David Relman, un microbiologo della Stanford University in California, concordando con la valutazione del China CDC.
Débarre ha comune messo in discussione anche altri aspetti dei nuovi risultati, osservando che il team cinese ha utilizzato solo due diversi metodi di analisi genomica: uno che cerca in tutti i geni e genomi disponibili e un altro che si concentra solo su sequenze specifiche nel genoma mitocondriale, mentre ulteriori analisi potrebbero rivelare se il DNA animale nei tamponi reca segni di attivazione del sistema immunitario, il che potrebbe fornire indicazioni di un’infezione attiva. Relman, al contrario, non pensa che nuove analisi dello stesso set di dati possano portare a risposte significative sull’origine del virus. “Ciò di cui abbiamo veramente bisogno – ha concluso l’esperto – sono altri tipi di dati. Buoni dati verificabili sui primi eventi clinici a Wuhan”.