Dalla gravità al periodo d’incubazione: questi grafici svelano i “segreti” della variante Omicron
Dall'inizio della pandemia di COVID-19 sono state catalogate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) cinque varianti di preoccupazione (VoC) del coronavirus SARS-CoV-2, delle quali la più recente è la variante Omicron (B.1.1.529). Identificato in Sudafrica a fine novembre 2021, questo ceppo del patogeno ha immediatamente allertato gli scienziati, a causa dell'incredibile numero di mutazioni (oltre 30) sulla proteina S o Spike, il “grimaldello biologico” sfruttato dal virus per agganciarsi al recettore ACE-2 delle cellule umane e invaderle, avviando i processi di replicazione e infezione. Le previsioni degli scienziati su trasmissibilità ed elusività sono diventate rapidamente realtà e in breve tempo la variante Omicron ha soppiantato la Delta, divenendo così quella dominante in numerosi Paesi (Italia compresa). Da quando ha iniziato a diffondersi sono stati toccati picchi record di positivi quasi ovunque, proprio a causa della notevolissima contagiosità. Secondo alcuni esperti, tuttavia, la fine dell'ondata di Omicron potrebbe coincidere con la fine della pandemia e l'inizio della fase endemica. Al momento, tuttavia, siamo ancora in piena emergenza proprio a causa di questa variante. Ecco tutto ciò che hanno scoperto gli scienziati da quando è emersa.
Periodo di incubazione
Il periodo di incubazione è il tempo che intercorre tra l'esposizione a un patogeno e l'emersione dei sintomi. Per la COVID-19, ovvero l'infezione causata dal SARS-CoV-2, il periodo di incubazione indicato da OMS, Istituto Superiore di Sanità (ISS) e altre autorità sanitarie è stimato in 2-14 giorni, con una media di 5-6 giorni. Per la variante Omicron il periodo di incubazione medio risulta praticamente dimezzato, è pari cioè a 3 giorni, come rilevato anche dallo studio “Investigation of a SARS-CoV-2 B.1.1.529 (Omicron) Variant Cluster — Nebraska, November–December 2021” dei CDC statunitensi.
La carica virale
La carica virale è la concentrazione di virus rilevata nel campione biologico di un soggetto che risulta positivo, che riflette quanto ne circola nell'organismo. Essa non è costante ma sale dopo il contagio e raggiunge un picco, per poi crollare fino all'eliminazione del patogeno. Nello studio “Viral Dynamics of SARS-CoV-2 Variants in Vaccinated and Unvaccinated Persons” pubblicato sul The New England Journal of Medicine è stato determinato che, sia per la variante Alfa che per la variante Delta, si raggiungeva il picco della carica virale a circa tre giorni dall'esposizione al patogeno, mentre il virus veniva eliminato in media sei giorni dopo. Secondo lo studio “Viral dynamics and duration of PCR positivity of the SARS-CoV-2 Omicron variant” le infezioni da Omicron durano cinque giorni e il picco massimo della carica virale è inferiore rispetto a quello delle altre due varianti. Altre ricerche hanno tuttavia rilevato livelli di carica virale simili. La riduzione nella durata delle infezioni provocate dalla Omicron potrebbe essere legata all'immunizzazione di massa, dovuta sia ai vaccini che alla grande circolazione virale.
Trasmissibilità
La contagiosità della variante Omicron è stimata essere oltre cinque volte quella della variante Delta, che ha soppiantato.
Gravità dell'infezione
Diversi studi hanno osservato che i pazienti infettati dalla variante Omicron hanno in proporzione sintomi meno gravi rispetto a quelli contagiati dalla Delta. Nella maggior parte dei casi la variante emersa in Sudafrica provocherebbe sintomi assimilabili a quelli di un raffreddore, come evidenziato da uno studio britannico. Questa virulenza ridotta sarebbe dovuta al fatto che Omicron interessa maggiormente l'apparato respiratorio superiore, con effetti limitati sui polmoni, dove può scatenare complicazioni potenzialmente fatali come la polmonite bilaterale interstiziale e la sindrome da distress respiratorio acuto o ARDS.
Una piccola percentuale di persone può comunque ammalarsi gravemente e a causa della diffusione massiva si determina comunque una pressione sugli ospedali. A causa delle sue mutazioni, inoltre, Omicron è più efficace nell'eludere le difese immunitarie rispetto alle precedenti varianti; ciò nonostante la vaccinazione (soprattutto se completata col booster) è molto efficace nel prevenire ricovero in ospedale e morte.
Tamponi e quarantena
A causa della velocità di replicazione e del periodo di incubazione più breve, c'è meno tempo per intercettare un'infezione prima che un positivo diventi contagioso e inizi a diffondere il patogeno nella comunità. Per questo motivo alcuni esperti raccomandano di fare un tampone antigenico rapido dai 2 ai 4 giorni dopo l'esposizione, circa le metà del tempo che veniva richiesto prima. In caso di contatto con un positivo, naturalmente, ci sono delle regole da rispettare e variano se si è vaccinati con booster, con due dosi da più o meno di 4 mesi o se non si è vaccinati affatto, con formule specifiche per la quarantena, l'autosorveglianza e la necessità di eseguire tamponi (antigenici o rapidi) al termine del periodo o all'eventuale comparsa dei sintomi.