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Dagli spiedini di insetti alle insalate di alghe: l’Italia è tra i paesi europei meno pronti ai cibi del futuro

Per la prima volta uno studio ha confrontato l’opinione degli europei rispetto ai cibi proteici alternativi con le loro intenzioni di acquisto. Ne è emerso che sebbene la maggior parte delle persone ha abbia un giudizio positivo su questi prodotti, molti tra queste non sarebbero davvero pronti ad acquistarli. L’Italia è tra i più restii.
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"Più sano ed etico, ma non lo mangerei". La maggior parte degli europei si approccia così ai cosiddetti "prodotti alimentari proteici alternativi (APF)", ovvero tutti quegli alimenti che per motivi etici o ambientali si stanno affermando nel mercato alimentare occidentale in alternativa alla carne e agli altri alimenti di derivazione animale.

Dalle proteine di origini vegetali, come il tofu o il tempeh, alla carne plant-based (noi di Fanpge.it li abbiamo assaggiati in questo esperimento), passando per le alghe e i tanto chiacchierati insetti, sui "cibi del futuro" non tutti sono ancora convinti. In Italia alcuni di questi, come gli insetti e la carne plant-based, sono diventati perfino motivo di dibattito politico. Ma cosa ne pensano davvero i cittadini europei? Per la prima volta una ricerca ha confrontato le opinioni con i comportamenti di acquisto dei cittadini di diversi paesi europei.

Le opinioni non coincidono con le intenzioni di acquisto

Partendo dall'analisi di 25 studi condotti in 18 paesi europei, i ricercatori della SWPS University of Social Sciences and Humanities, negli Stati Uniti, con la collaborazione di un team internazionale di esperti provenienti dai Paesi studiati, hanno confrontato le opinioni degli europei con le loro intenzioni di acquisto rispetto agli alimenti proteici alternativi. Lo studio si è concentrato soprattutto sulle popolazioni di Danimarca, Finlandia, Polonia, Repubblica Ceca, Italia, Spagna, Regno Unito e Germania.

I risultati hanno mostrato un dato piuttosto singolare. Da una parte la maggior parte degli europei, soprattutto in Danimarca, Spagna e Regno Unito, è convinta che gli alimenti cosiddetti "ibridi", ovvero ottenuti combinando proteine animali con quelle vegetali, siano migliori dal punto di vista etico, ambientale e alimentare, ovvero più sani, rispetto a quelli di derivazione esclusivamente animale. Dall'altra però il numero di persone favorevoli a questi alimenti non corrisponde a quello dei consumatori che si dicono pronti ad acquistarli. Ad esempio, il 60% degli studi sulle intenzioni di acquisto dei danesi mostra che solo un piccolo numero di consumatori sarebbe intenzionato a comprare davvero questi prodotti. Uno di questi suggeriva che solo il 46% dei danesi sarebbe disposto a farlo.

L'Italia tra i paesi più riluttanti

Lo studio ha dedicato una particolare attenzione a cercare di capire come la cultura alimentare di un certo Paese influenzi la sua predisposizione agli alimenti di nuova generazione. Questo si bede soprattutto per quanto riguarda i cibi a base di insetti.

Mentre i Paesi del Nord Europa, come Svezia e Finlandia, sono tra quelli in cui ci sono maggiori possibilità che gli insetti entrino nel mercato alimentare, in altri Paesi come Regno Unito e Spagna le persone che li acquisterebbero non superano il 18-22%. Ma è soprattutto in Italia, dove circa 200 piatti tradizionali si basano su prodotti di derivazione animale, che la cultura alimentare, tra le più forti in Europa, rende la popolazione meno disposta ad aprirsi a questi nuovi prodotti.

Meno li conosci, meno ti piacciono

Lo studio ha anche indagato le differenze tra i singoli Paesi per quanto riguarda la predisposizione a questi alimenti. Se tra quelli più favorevoli ci sono Danimarca, Germania, Spagna e Regno Unito, tra i meno pronti a mangiare alghe, proteine vegetali e insetti ci sono i paesi dell'Europa orientale, come Polonia e Repubblica Ceca. Se in Germania le persone disposte a comprare questi nuovi prodotti costituiscono il 73% della popolazione, in Polonia o Repubblica Ceca questi non superano il 24-36% dei consumatori.

Proprio i Paesi più riluttanti – spiegano gli autori – sono anche quelli che conoscono meno questi alimenti, confermando quindi il fatto che la mancanza di consapevolezza su questi prodotti sia tra i fattori che contribuiscono a renderli meno appetibili agli occhi dei consumatori.

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