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Crollo degli spermatozoi e rischio infertilità globale nel 2060: nuovo studio non trova prove

Un team di ricerca internazionale ha determinato che tra il 2017 e il 2022 non si è registrato alcun calo significativo nella conta degli spermatozoi di donatori danesi. Il risultato contrasta con il calo globale evidenziato da altri studi. Sono tuttavia emersi altri problemi rilevanti, molto probabilmente legati alla pandemia di Covid.
A cura di Andrea Centini
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Un nuovo studio danese suggerisce che il crollo degli spermatozoi registrato a livello planetario nell'ultimo mezzo secolo non sarebbe in realtà così “catastrofico” come lo si dipinge. Perlomeno in base ai dati emersi da un'indagine sui donatori di sperma in Danimarca, che tuttavia, evidentemente, non sono rappresentativi della situazione mondiale. Secondo una recente indagine guidata da scienziati della Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York, che si è riallacciata a una precedente ricerca della professoressa Shanna H. Swan, tra il 1973 e il 2018 la conta degli spermatozoi negli uomini di tutto il mondo si sarebbe dimezzata, con una perdita stimata dell'1,1 percento annuo. Si tratta di un dato drammatico, considerando che di questo passo si raggiungerebbe l'infertilità umana entro il 2060.

Le cause di questo crollo nella concentrazione di spermatozoi, passata da 101,2 milioni a 49 milioni per millilitro di sperma in 50 anni, non sono chiare, sebbene un recente studio abbia messo nel mirino due famiglie di pesticidi, N-metil carbammati e organofosfati. Al netto delle reali cause, un simile calo nella conta spermatica è una grave minaccia alla salute pubblica, con una vera e propria minaccia esistenziale all'orizzonte. Nonostante gli allarmi lanciati da diversi esperti di fertilità su questo “dramma silenzioso”, non tutta la comunità scientifica è concorde sulla bontà dei risultati, per i possibili errori nei metodi utilizzati per misurare la qualità dello sperma o sulle popolazioni coinvolte. Il nuovo studio danese andrebbe nella direzione opposta dei suddetti risultati, non evidenziando cambiamenti statisticamente significativi nella conta delle cellule germinali maschili. A condurlo un team di ricerca internazionale guidato da scienziati britannici della Facoltà di Biologia, Medicina e Salute dell'Università di Manchester, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Banca internazionale del seme e degli ovociti Cryos di Aarhus (Danimarca) e del Dipartimento di Biologia della Queen's University (Canada).

Gli studiosi si sono concentrati su candidati donatori di sperma (con un'età compresa tra i 18 e i 45 anni) che hanno lasciato i loro campioni alla banca danese tra il 2017 e il 2022. In tutto sono stati coinvolti 6758 uomini di quattro città danesi, il cui sperma è stato valutato dagli scienziati per determinare quanto fosse valido per una banca del seme. Dall'analisi dei dati è emerso che tra il 2017 e il 2019 la conta totale di spermatozoi è aumentata tra il 2 e il 12 percento, mentre nei tre anni successivi sono state riscontrate fluttuazioni “statisticamente non significative” tra lo 0,1 e il 5 percento di anno in anno. Il risultato, sebbene faccia riferimento a un arco temporale ridotto di soli 6 anni (scelto per non includere errori di metodo nelle misurazioni), contrasta con le sopracitate ricerche sul crollo degli spermatozoi a livello globale. Anche un'altra indagine israeliana aveva evidenziato un calo importante dal 2000 in avanti, addirittura del 2,64 percento ogni anno, un dato che ha avuto ampio spazio sui media di tutto il mondo, alimentando l'allarme sul cosiddetto “spermageddon”.

“Si ritiene comunemente che il numero degli spermatozoi negli uomini stia diminuendo. Questo è in una certa misura il risultato della meta-analisi pubblicata da Levine et al. (2023) che ha proposto che le concentrazioni di spermatozoi in tutto il mondo fossero diminuite fino al 2,64% all’anno in uomini non selezionati a partire dal 2000”, ha dichiarato in un comunicato stampa il professor Allan Pacey dell’Università di Manchester, coautore del nuovo studio. “Non abbiamo visto un simile cambiamento e ciò suggerisce che in questa popolazione di candidati donatori di sperma, in queste quattro città danesi, le concentrazioni di sperma non sono cambiate tra il 2017 e il 2022”, ha chiosato lo scienziato. Al Guardian il professor Pacey ha inoltre sottolineato di non poter commentare “se questo sia rappresentativo del mondo”, aggiungendo che nella specifica popolazione coinvolta non c'è prova del declino evidenziato da altre indagini. Alla luce del dibattito in corso, anche se il nuovo studio fa riferimento alla sola Danimarca, i risultati potrebbero comunque influenzare la percezione globale del problema. Alcuni comunque li contestano per il breve arco temporale analizzato.

Nonostante non siano stati evidenziati cali nella conta degli spermatozoi, tra il 2019 e il 2022 i ricercatori hanno comunque evidenziato un calo significativo della concentrazione e del numero degli spermatozoi mobili (un parametro fondamentale per la fertilità), rispettivamente crollati del 16 e del 22 percento. Secondo gli esperti, questo dato rilevante potrebbe essere stato influenzato dalla pandemia di COVID-19 e in particolar modo dai lockdown, che hanno avuto un impatto importante su dieta, attività fisica e altre abitudini, tutti fattori in grado di influenza la qualità dello sperma. Meno probabile l'impatto stesso del coronavirus SARS-CoV-2. È comunque chiaro che del problema del calo degli spermatozoi se ne continuerà a parlare ancora per molto tempo. I dettagli della ricerca “Recent decline in sperm motility among donor candidates at a sperm bank in Denmark” sono stati pubblicati su Human Reproduction.

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