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Creato sistema che ferma le emorragie interne con un’iniezione: potrebbe salvare milioni di vite

Ricercatori del MIT hanno messo a punto un sistema di coagulazione sintetico in grado di arrestare le emorragie interne con una semplice iniezione. Testato su topi con gravi lesioni, ha migliorato sensibilmente la sopravvivenza. Potrebbe salvare milioni di vite sulle strade e altrove. Ecco come funziona.
A cura di Andrea Centini
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Credit: MIT / Advanced Healthcare Materials
Credit: MIT / Advanced Healthcare Materials

Ricercatori statunitensi stanno sviluppando un rivoluzionario metodo di coagulazione sintetica in grado di fermare rapidamente le emorragie interne, ovunque esse si trovino. Basta una semplice iniezione per arrestare il copioso sanguinamento e dare il tempo al paziente di giungere in sala operatoria, dove i medici potranno fornire tutte le cure del caso. Immaginate un grave incidente stradale in cui una o più persone ferite hanno una grave emorragia interna; anche se i soccorritori arrivano immediatamente sul luogo dell'impatto, le speranze di salvare vite restano ridotte, perché per provare a tamponare serve innanzitutto sapere dove si trova la lacerazione, e poi per intervenire al meglio è necessario un tavolo operatorio. Sono minuti e secondi preziosissimi che possono fare la differenza tra la vita e la morte. Ecco perché una procedura del genere, in grado di catalizzare la coagulazione del sangue esattamente dove serve (senza conoscere il sito emorragico), potrebbe salvare milioni di vite ogni anno, letteralmente. Non solo sulle strade, ma anche sui campi di battaglia e ovunque vi siano rischi di traumi potenzialmente fatali.

A ideare il rivoluzionario sistema di coagulazione del sangue sintetico è un team di ricerca statunitense guidato da scienziati del Dipartimento di Ingegneria Chimica presso il prestigioso Massachusetts Institute of Technology (meglio conosciuto con l'acronimo di MIT), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Ingegneria Biologica e dell'Institute for Soldier Nanotechnologies. I ricercatori, coordinati dai professori Bradley D. Olsen, Paula T. Hammond e Celestine Hong, hanno sviluppato il trattamento sperimentale combinando due componenti progettati per imitare la naturale coagulazione del sangue, ovvero una nanoparticella e un polimero. I due elementi congiunti replicano rispettivamente le funzioni delle piastrine e del fibrinogeno. Come spiegato dall'Istituto Humanitas, le piastrine (o trombociti) “sono frammenti di cellule presenti nel sangue che, insieme ai fattori della coagulazione, svolgono un ruolo importante nella coagulazione del sangue”. In parole semplici, intervengono immediatamente dove è presente una ferita e bloccano la perdita di sangue, determinando l'emostasi. Il fibrinogeno è invece una proteina (tecnicamente una glicoproteina) sintetizzata dal fegato, che viene trasformata in fibrina dalla trombina per dar vita a un coagulo di sangue.

Quando la lesione interna è troppo grave, tuttavia, nell'organismo non ci sono piastrine e fibrinogeno a sufficienza per chiuderla, pertanto si perde la vita per dissanguamento. Per impedire ciò interviene la tecnologia messa a punto dal MIT. Gli elementi dell'innovativo sistema di coagulazione sintetico sono nanoparticelle in grado di “reclutare” le piastrine naturali; sono rivestite da un polimero biocompatibile – chiamato PEG-PLGA – che la fa legare ai trombociti attivati dalla ferita. Quando il polimero giunge a destinazione, inizia ad accumularsi e a generare grumi collosi  analoghi ai coaguli di sangue, che velocizzano la chiusura della ferita. Per questa ragione viene chiamato reticolante. “L'idea è che con entrambi questi componenti che circolano all'interno del flusso sanguigno, se c'è un sito lesionato, il componente mirato inizierà ad accumularsi nel sito della ferita e legherà anche il reticolante. Quando entrambi i componenti sono ad alta concentrazione, si ottiene una maggiore reticolazione e iniziano a formare una colla che aiuta il processo di coagulazione”, ha dichiarato in un comunicato stampa del MIT la coautrice dello studio Celestine Hong. “L'idea di utilizzare due componenti consente la gelificazione selettiva del sistema emostatico poiché la concentrazione aumenta nella ferita, imitando l'effetto finale della naturale cascata di coagulazione”, le ha fatto eco il professor Olsen.

I ricercatori hanno testato l'innovativo metodo su modelli murini (topi) con lesioni interne, nei quali le nanoparticelle polimeriche sono state somministrate attraverso un'iniezione. Il composto è stato molto più efficace nel fermare le emorragie rispetto alle singole nanoparticelle emostatiche – senza polimero – testate negli esperimenti passati. In topi con resezione epatica (cioè del fegato) la tecnologia ha aumentato sensibilmente la sopravvivenza rispetto agli esemplari del gruppo di controllo, cioè non trattati. Il sistema è progettato anche per scongiurare che i grumi si formino laddove non dovrebbero, risultando pericolosi per la vita (le ostruzioni di arterie e vene possono innescare patologie potenzialmente fatali).

“Ciò che è stato particolarmente notevole di questi risultati è il livello di recupero da gravi lesioni che abbiamo visto negli studi sugli animali. Introducendo due sistemi complementari in sequenza, è possibile ottenere un coagulo molto più forte”, ha chiosato la professoressa Hammond. Naturalmente ci vorrà ancora del tempo prima di arrivare ai primi trial clinici (la sperimentazione sull'uomo), ma le basi di questa tecnologia sembrano estremamente promettenti e futuro potrebbe davvero rivoluzionare il primo soccorso, sulle strade e altrove. I dettagli della ricerca “Engineering a Two-Component Hemostat for the Treatment of Internal Bleeding through Wound-Targeted Crosslinking” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Advanced Healthcare Materials.

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