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Creato nuovo antidoto per il veleno del ragno più pericoloso d’Italia, la vedova nera mediterranea

I ricercatori hanno creato un innovativo antiveleno contro l’alfa-latrotossina, la potente neurotossina alla base del veleno della vedova nera mediterranea o malmignatta, il più pericoloso ragno presente in Italia assieme al ragno violino. Come è stato realizzato e perché è considerato migliore di quello già disponibile.
A cura di Andrea Centini
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Vedova nera mediterranea o malmignatta. Credit: wikipedia
Vedova nera mediterranea o malmignatta. Credit: wikipedia

I ricercatori hanno creato un nuovo antidoto – o meglio, un antiveleno – contro il veleno della vedova nera europea o mediterranea, conosciuta in Italia anche con il nome di malmignatta (Latrodectus tredecimguttatus). È considerato il ragno più pericoloso del Bel Paese insieme al ragno violino. L'aracnide è strettamente imparentato con la vedova nera propriamente detta (Latrodectus mactans) che vive in Nord America, uno dei ragni più velenosi al mondo, ma fortunatamente il suo morso non ha la medesima letalità. Ciò, tuttavia, non significa che sia un ragno da sottovalutare, soprattutto per i soggetti fragili.

Il veleno della malmignatta è infatti una potente neurotossina chiamata alfa-latrotossina, in grado di scatenare una serie di sintomi anche molto severi che insieme prendono il nome di latrodectismo. Fra essi figurano ipertensione, cefalea grave, dolori fortissimi, convulsioni, sudorazione, nausea e vomito. Nei casi più gravi possono insorgere necrosi dei tessuti, perdita di coscienza, coma e morte. Si ricorda il caso di un cinquantenne di Barletta morso a una gamba mentre faceva giardinaggio e finito in ospedale in condizioni critiche; l'uomo fu salvato grazie all'antidoto giunto in aereo dal Centro nazionale Antiveleni "Maugeri" di Pavia.

Per quanto efficace, l'antiveleno attualmente utilizzato per contrastare il morso della vedova nera europea presenta anche alcuni fattori di rischio legati alla sua origine. Viene prodotto attraverso anticorpi derivati dai cavalli, animali che devono essere immunizzati e sottoposti a prelievi di sangue per estrarre il prezioso principio attivo. Queste proteine, come spiegato dagli scienziati che hanno messo a punto il nuovo antidoto, possono essere foriere di problemi significativi come la cosiddetta “malattia da siero”, una reazione avversa che può manifestarsi in risposta agli elementi di origine non umana presenti negli antisieri. Il rischio maggiore è quello dello shock anafilattico, una risposta immunitaria esagerata che può portare alla morte. La stessa reazione può innescarsi in risposta al veleno del ragno o di altri animali, come quello di insetti imenotteri come api, vespe e calabroni. Il nuovo siero anticorpale in sviluppo contro il veleno della vedova nera mediterranea è invece di origine umana, il primo del suo genere, pertanto presenta un profilo di sicurezza maggiore.

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A mettere a punto l'antidoto un team di ricerca internazionale guidato da scienziati tedeschi dell'Istituto di Biochimica, Biotecnologia e Bioinformatica dell'Università Tecnica di Braunschweig, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Facoltà di Medicina – Istituto Carl-Ludwig di Fisiologia dell'Università di Lipsia, del Centro per la Ricerca Scientifica e l'Istruzione Superiore di Ensenada (CICESE), del PETA Science Consortium International eV e di altri centri. I ricercatori, coordinati dal professor Michael Hust, hanno sviluppato l'antiveleno grazie a una tecnica chiamata antibody phage display. Attraverso di essa vengono testati miliardi di anticorpi umani fino a identificare quelli che si legano al bersaglio desiderato, che nel caso specifico è rappresentato dalla alfa-latrotossina.

I ricercatori ne hanno identificati diverse decine in grado di neutralizzare in vitro il veleno del ragno, tuttavia solo uno chiamato MRU44-4-A1 ha offerto un livello di neutralizzazione “estremamente elevato”. Da questi anticorpi ricombinanti i ricercatori sperano di ottenere un antiveleno commerciale molto più sicuro di quello di origine equina, il cui utilizzo spesso viene limitato proprio alla luce dei rischi intrinseci del siero (e dal fatto che il latrodectismo pur essendo estremamente doloroso raramente porta alla morte del paziente). È interessante notare che questi anticorpi sono molto specifici contro il veleno della malmignatta, dunque ne serviranno altri per sviluppare antidoti contro il veleno di altre vedove nere.

“Per la prima volta presentiamo anticorpi umani che mostrano la neutralizzazione del veleno del ragno della vedova nera in un test cellulare. Questo è il primo passo per sostituire i sieri di cavallo che vengono ancora utilizzati per trattare i sintomi gravi dopo il morso di un ragno vedova nera”, ha dichiarato il dottor Hust. “Abbiamo deciso di sostituire i sieri di cavallo con anticorpi umani ricombinanti per ottenere un prodotto migliore per i pazienti ed evitare l'uso di cavalli per la produzione di siero”, ha chiosato l'esperto. Il vantaggio, infatti, non è solo per le persone, ma anche per i cavalli, dato che non dovranno più essere sfruttati per ottenere il prezioso ma controverso antidoto.

Le vedove nere europee prediligono zone calde, soleggiate, aride e ricche di rocce della macchia mediterranea, ma a causa del cambiamento climatico stanno espandendo il proprio areale di distribuzione. La disponibilità di un antiveleno più sicuro ed efficace, oltre che amico degli animali, sarà sicuramente prezioso nel contrasto al previsto aumento dei casi di latrodectismo. Fortunatamente questi ragni vivono meno a contatto delle case e sono molto schivi, tendendo a mordere solo se costretti. Saranno comunque necessari altri studi per arrivare alla forma commerciale dell'antidoto. I dettagli della ricerca “Human antibodies neutralizing the alpha-latrotoxin of the European black widow” sono stati pubblicati su Frontiers in Immunology.

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