Covid, cos’è la nuova variante Pirola e perché i contagi stanno aumentando
Una nuova variante del coronavirus, ufficialmente conosciuta come BA.2.86 e soprannominata Pirola, che tra agosto e settembre 2023 ha catturato l’attenzione del mondo scientifico, sta accelerando le ricerche per saperne di più delle sue mutazioni. Segnalata inizialmente in Israele e Danimarca, la nuova variante si è diffusa in almeno 11 Paesi, inclusi gli Stati Uniti, anche se finora nell’archivio globale sono state depositate appena tre dozzine di sequenze, provenienti da altrettanti pazienti infetti, come conseguenza di una sorveglianza genetica che attualmente è molto inferiore rispetto al passato.
In Italia, secondo l’ultimo bollettino dell’Istituto Superiore di Sanità (dati al 28 agosto), nel portale nazionale I-Co-Gen non risultano sequenze attribuibili alla nuova variante Pirola, ma nei Paesi dove è stata rilevata, come nel Regno Unito, i funzionari del servizio sanitario hanno deciso di anticipare di quasi un mese la nuova campagna di vaccinazione. Il timore è che la nuova variante, che è fortemente mutata, possa innescare una nuova ondata di contagi e mettere sotto pressione gli ospedali.
Cos’è la variante Pirola (BA.2.86)
La variante Pirola (BA.2.86) è una forma altamente mutata di Sars-Cov-2, il virus che causa il Covid. Rispetto alla sua progenitrice, la variante BA.2, più conosciuta come Omicron 2, presenta oltre 30 mutazioni a livello della proteina Spike, che è la porzione che il virus utilizza per legare le cellule e penetrare al loro interno, e contro cui sono stati progettati i vaccini.
BA.2.86 presenta inoltre più di 35 mutazioni rispetto al ceppo XBB.1.5, più conosciuto come Kraken, che è stato dominante per gran parte del 2023. La differenza genetica, precisa la più recente valutazione dei CDC americani, è più o meno della stessa entità osservata tra la variante iniziale di Omicron (BA.1) e le varianti precedenti, come Delta (B.1.617.2).
Ad ogni modo, i risultati dei primi test di laboratorio sembrano offrire qualche rassicurazione sulla nuova variante. Due team di ricerca, uno in Cina e l’altro in Svezia, che hanno reso pubblici i dati di una prima serie di esperimenti, mostrando che la variante BA.2.86 appare molto diversa al nostro sistema immunitario rispetto alle varianti precedenti. Ciò significa che la variante Pirola è più capace di eludere le nostre difese immunitarie rispetto alla famiglia di varianti XBB.1.5, come affermato dal ricercatore Yunlong Cao del Centro di innovazione biomedica dell’Università di Pechino, che ha osservato un calo nell’attività neutralizzante da parte degli anticorpi derivanti dalla vaccinazione o da una recente infezione.
Allo stesso tempo, la variante BA.2.86 è risultata il 60% meno contagiosa di XBB.1.5, qualcosa che secondo gli esperti potrebbe spiegare perché le infezioni da Pirola sono state segnalate in più Paesi ma i livelli di infezione sono comunque bassi. Potrebbe quindi trattarsi di una variante che non sarà in grado di competere con altri ceppi che diventano dominanti, come ad esempio la variante Eris (EG.5) e le sue sottovarianti che si stanno rapidamente diffondendo a livello globale.
Riguardo invece la gravità dell’infezione, al momento non ci sono dati che indichino che la variante Pirola possa causare una forma di Covid più grave rispetto alle varianti precedenti, così come è troppo presto per sapere se l’infezione da variante Pirola si manifesta con sintomi diversi da quelli della variante Eris.
I primi sintomi aggiornati a settembre 2023
Il piccolo numero di casi di variante Pirola non permette ancora di avere un quadro chiaro dei sintomi legati a questa forma mutata del virus. In linea generale, i sintomi più comuni che possono far sospettare il Covid, indipendentemente dalla specifica variante sono:
- febbre alta
- brividi
- tosse persistente
- perdita o alterazione dell’olfatto e del gusto
- mal di testa
- stanchezza
- mal di gola
Perché i contagi aumentano anche in Italia
Diversi Paesi, inclusa l’Italia, stanno registrando un sostanziale aumento dei casi di Covid. Nel Regno Unito, le stime dello Zoe Study indicano che al 1° settembre si sono verificati circa 93.000 casi giornalieri rispetto ai quasi 50.000 dell’inizio di agosto, ma anche nel nostro Paese il numero di nuovi casi sta rapidamente crescendo, facendo registrare una variazione di quasi il 30% su base settimanale e un passaggio da poco più di 5.000 infezioni di inizio agosto a oltre 14.000 casi registrati a fine mese.
A spingere i contagi non è però l’emergere della variante Pirola, ma la circolazione di altre varianti della famiglia Omicron, con una predominanza che in Italia è attribuibile a XBB.1.9, responsabile di circa il 45% delle infezioni, di cui più della metà (25,8%) è associata alla sottovariante di interesse Eris (EG.5.1, discendente di XBB.1.9.2).
È quindi la diffusione di questa variante a provocare l’attuale aumento dei contagi, come osservato anche in quei Paesi dove queste forma mutata si è diffusa, in uno scenario che era stato previsto dagli esperti, e contro cui le norme anti-Covid, accantonate negli ultimi mesi, restano comunque la migliore forma di prevenzione.