Così i terremoti ai Campi Flegrei ci dicono cosa succede nella caldera: il metodo spiegato dall’esperto
I terremoti che stanno scuotendo i Campi Flegrei, legati alla ripresa dell’attività vulcanica nel sottosuolo, sono tra gli eventi per cui c’è grande apprensione tra tecnici e popolazione, ma ci permettono anche di conoscere cosa accade all’interno della caldera a nord-ovest di Napoli: lo studio della sismicità dà infatti modo di mappare con precisione la natura delle diverse strutture attraversate dalle onde e, nell’ambito del monitoraggio, di rilevare eventuali variazioni critiche nel tempo.
Per questo tipo di analisi, uno dei parametri più utilizzati è il cosiddetto “valore b” che mette in relazione la magnitudo dei terremoti e la frequenza delle scosse. “Ci dà informazioni sulla presenza e l’estensione delle diverse strutture sismiche, rivelando il comportamento delle rocce” spiega a Fanpage.it il professor Cataldo Godano che, nell’ambito di un nuovo studio pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment di Nature, insieme ai ricercatori dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV ha messo a punto un nuovo metodo di calcolo delle mappe di b che potrà essere usato per rilevare futuri cambiamenti dello stato del vulcano.
Cos’è esattamente il valore b?
Il valore b, nella relazione di Gutenberg-Richter, è un parametro che dipende dal rapporto tra il numero dei terremoti di magnitudo elevata e quelli di magnitudo minore. Nelle regioni sismicamente attive, il valore b è tipicamente prossimo a 1, il che significa che per ogni terremoto di magnitudo 4 ci saranno 10 scosse di magnitudo 3 e 100 scosse di magnitudo 2. Se invece b è inferiore a 1, il rapporto tra terremoti di magnitudo minore e quelli di magnitudo elevata è più alto, per cui in proporzione si verificano molte più scosse forti rispetto a quelle piccole.
Qual è il valore di b dei Campi Flegrei?
Nei Campi Flegrei, ciò che abbiamo osservato è la presenza di tre diversi range di valore b: il primo intervallo, compreso tra 0,7 e 1,1, riguarda la sismicità più profonda, cioè tutti i terremoti che avvengono a una profondità maggiore di 2 km; il secondo intervallo vede un valore b compreso tra 1,1 e 1,25 e riguarda i terremoti a nord-est del vulcano Solfatara.
Il terzo intervallo riguarda invece eventi con b maggiori di 1,25, che definiscono quella che chiamiamo anomalia del valore b ai Campi Flegrei e che riteniamo possa essere associata alla presenza di rocce porose attraverso cui i fluidi idrotermali, dominati dal vapore, arrivano in superficie.
Quindi, ad eccezione della sismicità più profonda, il valore b dei Campi Flegrei è generalmente superiore a 1?
Sì, ed è proprio nelle zone dove il valore di b è più alto che lo sforzo che si accumula nelle rocce è più basso, perché il mezzo è più fratturato oppure perché c’è una maggiore presenza di fluidi idrotermali, come sotto contrada Pisciarelli, dove le rocce sono più imbevute di acqua. Sappiamo infatti che dove c’è acqua è più raro osservare terremoti
Al contrario, a profondità superiori ai 2-2,5 km, dove il valore di b è più basso, sono presenti zone più compatte, con rocce più resistenti e in grado di generare terremoti di magnitudo più elevata, ma comunque inferiori a quelli che si verificano in aree tettoniche, come lungo gli Appennini o faglie famose, come quella di Sant’Andrea in California.
Questo perché i terremoti che si verificano ai Campi Flegrei sono una conseguenza dell’attività vulcanica nel sottosuolo, mentre i terremoti che si registrano nelle aree tettoniche sono dovuti al movimento di strutture molto più grandi e che quindi generano terremoti più forti.
Come avete calcolato i valori di b?
Per il nostro calcolo abbiamo utilizzato il catalogo dei terremoti che si sono verificati ai Campi Flegrei dal gennaio 2005 a ottobre 2023, prendendo in esame 7.670 eventi sismici e utilizzando un metodo innovativo per la costruzione delle mappe di b e per la stima della magnitudo di completezza, che ci ha permesso di fare una misura molto più accurata. Abbiamo quindi analizzato la distribuzione del valore b, ottenendo un quadro del comportamento delle rocce nella zona.
E qual è la situazione?
Di fatto, con la nostra analisi abbiamo identificato e ampiamente confermato le diverse strutture presenti nella caldera, trovando valori di b più piccoli dove ci aspettavamo che la roccia fosse più compatta, e valori di b maggiori dove il mezzo è più fratturato o dove la sua porosità consente il passaggio dei gas vulcanici verso la superficie.
Questo risultato è stato ottenuto introducendo un metodo nuovo e rapido per verificare il valore di b e le sue variazioni, automatizzato grazie allo sviluppo di software, e ora stiamo lavorando per affinare le nostre capacità di investigare le variazioni di b sia nello spazio ma anche nel tempo.
Vuol dire che potremo prevedere i cambiamenti pericolosi?
È quello che noi speriamo e su cui il nostro lavoro sta proseguendo: per adesso, sappiamo che eventuali variazioni di b possono indicare qualcosa che cambia all’interno del sistema, proprio perché b riflette lo stato delle diverse strutture, essendo inversamente proporzionale allo stress che si accumula nelle rocce.
Mettere a punto una precisa strategia di previsione è però molto più complesso, perché occorre tenere conto di molti altri parametri, come le deformazioni del suolo o le variazioni della composizione chimica dei gas. Ci sono comunque diversi gruppi che ci stanno lavorando, tra cui il team con cui abbiamo pubblicato questo nuovo articolo: dobbiamo ancora verificare alcuni aspetti, ma pensiamo che in futuro sarà possibile utilizzare le stime di b per rilevare eventuali anomalie e aiutarci a prevedere potenziali variazioni critiche.