Cos’è l’indice di rotondità e qual è il rapporto giusto tra altezza e girovita per la salute del cuore
In occasione dell'85esimo congresso nazionale della Società Italiana di Cardiologia (SIC), attualmente in corso di svolgimento a Roma, è stato pubblicato un comunicato stampa per sensibilizzare sul significativo incremento del rischio cardiovascolare a causa dei chili di troppo. I medici specialisti hanno sottolineato che a pesare sulla salute del nostro cuore concorrono diversi fattori legati a sovrappeso e obesità, che vanno al di là del “semplice” numero sulla bilancia e dell'indice di massa corporeo o BMI (acronimo della terminologia inglese Body Mass Index). Anche la durata della condizione – quanti anni o decenni si vive con peso eccessivo – e la distribuzione del grasso corporeo giocano infatti un ruolo sul rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. Fra esse le più conosciute sono indubbiamente infarto del miocardio e ictus, ma i cardiologi pongono l'accento anche su fibrillazione atriale e scompenso cardiaco, molto più probabili in chi si trova in condizioni di peso elevato.
In base ai dati condivisi dalla SIC, infatti, per ogni due anni in cui si convive con i chili di troppo, il rischio complessivo di ammalarsi di patologie cardiovascolari cresce del 7 percento. Per quanto concerne l'infarto e ictus, il rischio di svilupparli è superiore del 64 percento in chi è obeso, quello di fibrillazione atriale del 50 percento e di scompenso cardiaco (conosciuto anche come insufficienza cardiaca) del 30 percento. Non a caso, come specificato dal professor Pasquale Perrone Filardi, presidente SIC e direttore della Scuola di specializzazione in malattie dell’apparato cardiovascolare presso l’Università Federico II di Napoli, “oggi parliamo ormai di cardiobesità per sottolineare lo stretto e pericoloso legame tra eccesso ponderale ed eventi cardiovascolari”. Lo scienziato ha spiegato che oltre il 50 percento delle malattie cardiache è catalizzato proprio dall'obesità, una malattia cronica che incrementa colesterolo, trigliceridi e infiammazione generale, oltre ai rischi connessi a diabete di tipo 2 e aterosclerosi. Il professor Filardi sottolinea che in un tale contesto va "condannato il body shaming ma non va ‘normalizzata’ l’obesità", trattandosi appunto di una malattia cronica con rischi significativi per la salute.
Come indicato, i chili in eccesso sono solo una componente della questione. Anche l'arco temporale in cui si risulta in sovrappeso o obesi gioca un ruolo significativo. In base a quanto emerso da uno studio italiano pubblicato su Frontiers in Cardiovascular Medicine, nel quale sono state seguite per 30 anni persone che al basale avevano dai 28 ai 62 anni, per ogni biennio in questa condizione il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari aumenta del 7 percento, così come la mortalità. Ma anche per chi ha vissuto per tanti anni con i chili in eccetto è possibile invertire la rotta. Lo studio “Association of the magnitude of weight loss and changes in physical fitness with long-term cardiovascular disease outcomes in overweight or obese people with type 2 diabetes” condotto da un team di ricerca internazionale su circa 5.000 pazienti, ad esempio, ha rilevato che perdere il 10 percento del proprio peso in un anno riduce del 21 percento le probabilità di andare incontro a un evento cardiovascolare. “Basta un calo di peso di 1 kg su 10 per ridurre del 21% il rischio di eventi cardiovascolari maggiori nei successivi 10 anni”, ha dichiarato il presidente della Fondazione Cuore siamo Noi della SIC Francesco Barillà, aggiungendo che dovrebbe essere un buon proposito per il nuovo anno, ormai alle porte.
Cos'è l'indice di rotondità o BRI
Oltre che dai chili in eccesso e dal tempo trascorso in condizione di obesità e sovrappeso, il rischio cardiovascolare è influenzato anche dalla disposizione del grasso corporeo. Quello viscerale è potenzialmente più pericoloso di quello sui fianchi e sulle cosce. Il parametro da considerare è il cosiddetto "Indice di rotondità" o BRI (Body Roundness Index), che mette in relazione la circonferenza addominale con l'altezza. È considerato dagli esperti più efficace nel prevedere il rischio cardiovascolare rispetto al BMI. Lo studio “Body Roundness Index Trajectories and the Incidence of Cardiovascular Disease: Evidence From the China Health and Retirement Longitudinal Study” pubblicato sul Journal of American Heart Association, ad esempio, ha determinato che chi ha un rapporto più basso di BRI ha un rischio ridotto di malattie cardiovascolari, mentre il rischio cresce al suo aumentare. Le probabilità incrementano di oltre il 20 percento per chi ha un BRI moderato e più del 50 percento per chi lo ha elevato. Il professor Filardi ha spiegato che per la salute del cuore il girovita deve essere circa “circa la metà dell’altezza”. Proprio a causa di questa forte correlazione, il professor Yun Qian e colleghi dell'Università di Nanchino hanno sottolineato nel proprio studio che il BRI può essere incluso come fattore predittivo del rischio cardiovascolare.