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Cos’è l’ADHD, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività e cosa c’è dietro l’aumento di casi

L’ADHD, o disturbo da deficit di attenzione e iperattività, è una condizione che con sintomi di disattenzione, iperattività e impulsività, per cui chi ne soffre può avere difficoltà a mantenere l’attenzione, a controllare i propri impulsi e il livello di attività. Cosa c’è da sapere sull’ADHD e sul crescente numero di diagnosi.
A cura di Valeria Aiello
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Negli ultimi decenni si sta assistendo a un continuo aumento delle diagnosi di disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), un disordine dello sviluppo neuropsichico che si manifesta principalmente nei bambini ma sempre più frequentemente riscontrato in età adulta, caratterizzato da sintomi di disattenzione, iperattività e impulsività, che rendono chi ne soffre incapace di mantenere la concentrazione e di controllare a controllare i propri impulsi e il livello di attività. Ad esempio, i bambini possono avere difficoltà a restare seduti o fermi, ad aspettare il loro turno, a prestare attenzione, tendendo ad agire impulsivamente, per cui il confine tra il comportamento di un bambino irrequieto e uno con l’ADHD è davvero molto sottile. Questo è vero anche negli adulti, che possono soffrire di ADHD senza esserne consapevoli perché non hanno ricevuto la diagnosi durante l’infanzia

I numeri di questa tendenza hanno acceso un dibattito nella comunità scientifica, che da un lato vede la preoccupazione degli esperti per quelle che potrebbero essere diagnosi affrettate e una eccessiva prescrizione di farmaci, e dall’altro questioni di disparità diagnostiche, in particolare nelle popolazioni sottorappresentate. Ciò che è però resta evidente è la proliferazione di contenuti attorno a questo disturbo psichiatrico che, pur aumentando la consapevolezza nelle persone, in diversi casi spinge a trovare una facile risposta ad alcuni comportamenti. “Un tempo, l’ADHD era mal visto, ora è di tendenzadicono gli specialisti che spesso si ritrovano davanti ad autodiagnosi di ADHD, come già successo con la depressione, l’ansia e altri disturbi diventati di tendenza sui social.

Cos’è il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD)

L’ADHD, o disturbo da deficit di attenzione e iperattività è una condizione psichiatrica che si manifesta generalmente prima dei 7 anni d’età, ma può persistere anche in età adulta: si tratta di un disturbo neuroevolutivo che a livello globale colpisce il 5% – 7,2% dei bambini e il 2,5% – 6,7% degli adulti. Stime recenti indicano che la prevalenza è ancora più alta in alcuni Paesi, come negli Stati Uniti, dove circa l’8,7% dei bambini (5,3 milioni) ha ricevuto una diagnosi di ADHD. I dati indicano inoltre che circa il 90% dei bambini con ADHD continua a manifestare sintomi fino all’età adulta e che le diagnosi in età adulta sono in crescente aumento, con il 75% dei nuovi casi di ADHD non diagnosticato durante l’infanzia.

Le cause dell’ADHD non sono completamente comprese ma si ritiene che il disturbo psichiatrico sia causato da una combinazione di fattori genetici, neurobiologici ed ambientali.

Studi sui gemelli dimostrano che l’ADHD è altamente ereditabile (60-70% dei casi) e gli scienziati hanno identificato una serie di geni che si ritiene siano alla base della vulnerabilità al disturbo, tra cui i geni che regolano l’espressione del cosiddetto Brain Derived Neurotrophic Factor, il fattore neurotrofico cerebrale – una proteina della famiglia dei fattori di crescita delle neutrofine che svolge un ruolo nell’apprendimento e nella memoria – e quelli quelli coinvolti nella modulazione del sistema dopaminergico del cervello. Gli esperti ritengono inoltre che fattori di rischio ambientali possano essere le complicazioni perinatali e le esposizioni a sostanze tossiche.

Quali sono i sintomi dell’ADHD

I sintomi del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) vengono spesso identificati per la prima volta nei bambini in età scolare, in quanto la condizione provoca frequenti interruzioni in classe o problemi nei compiti scolastici: molti bambini possono avere difficoltà a restare fermi e seduti, ad aspettare il loro turno, a prestare attenzione, tendendo ad essere irrequieti ed agire impulsivamente, in misura maggiore rispetto a quanto si osserva nei bambini allo stesso livello di sviluppo. L’ADHD può essere diagnosticato anche in età adulta, nonostante sia un disturbo che insorge durante l’infanzia.

I sintomi dell’ADHD includono:

  • disattenzione (incapacità di mantenere la concentrazione
  • iperattività (movimenti eccessivi non adatti all'ambiente)
  • impulsività (atti frettolosi che si verificano senza pensarci)

Questi sintomi influiscono su molti aspetti della vita delle persone, inclusi i risultati scolastici e professionali, le relazioni interpersonali e le attività quotidiane. L’ADHD può portare a scarsa autostima e problemi nelle relazioni sociali, sia nei bambini che negli adulti, i quali sperimentano anche sensibilità verso le critiche e sviluppano una maggiore autocritica, probabilmente in risposta a livelli più elevati di giudizi ricevuti nel corso della vita.

Cosa c'è dietro l'aumento di casi di ADHD

L’acronimo ADHD che oggi in tanti conoscono e utilizzano, è apparso per la prima volta nel 1987, nella terza edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) che ha unito i problemi di disattenzione e iperattività in un’unica patologia. Successivamente, nella quarta edizione del DSM, il disturbo è stato suddiviso in tre sottotipi (prevalentemente disattento, prevalentemente iperattivo-impulsivo e tipo combinato), fino all’edizione successiva del manuale, il DSM-V che nel 2013 ha visto la definizione di ADHD ampliarsi in modo significativo, che ha esplicitato la coesistenza del disturbo dello spettro autistico (ASD) e dell’ADHD. Questo cambiamento, insieme a variazioni nella determinazione diagnostica, hanno contribuito a un aumento della prevalenza dell’ADHD, in quanto ha aggiunto un ampio gruppo di bambini che erano stati precedentemente esclusi.

L’evoluzione dei criteri diagnostici spiega però solo parte dell’aumento dei casi di ADHD, che secondo gli esperti è legato anche alla maggiore consapevolezza di medici e persone nei confronti della condizione, nonché eventi di sensibilizzazione svolti nel corso degli anni. Dalle ricerche effettuate su Google, si evince che i volumi relativi ad ADHD e argomenti correlati hanno subito un costante aumento nel corso degli ultimi due decenni, raggiungendo il loro massimo quando personaggi famosi di cinema e televisione hanno raccontato dei problemi di attenzione e iperattività o in concomitanza dell’uscita di diversi film e serie tv che hanno avuto l’ADHD come parte della loro trama: ne sono esempi le produzioni americane “How I Met Your Mother” e “Modern Family”, e anche il personaggio animato di Bart Simpson ha mostrato i sintomi dell’ADHD con una certa precisione.

Negli ultimi dieci anni anche social media hanno portato a una maggiore consapevolezza dell’ADHD: su TikTok, ad esempio, i video taggati con #ADHD sono molto diffusi, con oltre 17 miliardi di visualizzazioni. Con però anche un rovescio della medaglia, perché sono contenuti che spesso incoraggiano le persone a cercare altre strade per una diagnosi rapida, che si tratti di social media o di test online ampiamente disponibili ma non rappresentano una risorsa adeguata. Uno studio ha addirittura scoperto che quando gli adulti completavano alcuni di questi test, venivano spesso identificati come affetti da ADHD anche se non era così.

Del resto, su internet si ha la possibilità di avere accesso a informazioni rigorose ma ci sono anche molti canali di informazioni fuorvianti, che possono alimentare l’autodiagnosi e portare le persone a confondere una condizione con altre patologie e, soprattutto, incoraggiare l’assunzione di farmaci non necessari. Nel Regno Unito, i dati pubblicati dalla NHS Business Services Authority rivelano che tra luglio e settembre 2022 a 170.000 pazienti è stato prescritto almeno un farmaco per l’ADHD, con un aumento del 20,4% rispetto ai 141.000 pazienti nello stesso periodo del 2021.

La raccomandazione, in ogni caso, è quella di rivolgersi a psichiatri specialisti, pediatri nel caso di bambini o altri professionisti sanitari adeguatamente qualificati, perché se è vero che ricevere una diagnosi di ADHD può offre accesso a trattamenti importanti nei bambini come per gli adulti, è anche vero che “l’ADHD non è un gioco come ribadito anche dal professor Gian Marco Marzocchi a Fanpage.it. A far sentire le persone lente, facilmente distraibili e smemorate possono essere diverse altre condizioni: anche lo stress, ad esempio anche lo stress, che può portare a difficoltà di pianificazione, organizzazione e difficoltà a regolare il proprio livello di attività. Attenzione quindi alle diagnosi approssimative.

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