Cos’è la zecca dei boschi e perché il suo morso è pericoloso anche per l’uomo
Le zecche sono diffuse in tutto il mondo: se ne conoscono circa 900 specie, ma alcune sono particolarmente pericolose anche per l’uomo. Tra queste c’è una specie comune anche in Italia, chiamata zecca dei boschi o nota con il nome scientifico Ixodes ricinus, un tipo di “zecca dura” relativamente piccola, in grado di sopravvivere in condizioni ambientali molto diverse – è presente in un’ampia area geografica che si estende dal Portogallo alla Russia e dal Nord Africa alla Scandinavia. In Europa, indica il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), si trova soprattutto in boschi e foreste, ma può essere presente anche in habitat diversi, caratterizzati da un microclima umido. Come tutte le zecche, anche Ixodes ricinus morde per necessità, in quanto si nutre di sangue, per cui vive dove ci sono gli ospiti sui quali sfamarsi, che comprendono una vasta gamma di animali selvatici o domestici, come mammiferi (dai cervi ai cani, a bovini, cinghiali, scoiattoli e piccoli roditori), uccelli e rettili, ma può attaccare anche l’uomo.
I rischi del morso della zecca dei boschi
Il morso di zecca non è pericoloso di per sé, ma lo diventa quando la zecca è infetta e agisce come vettore di patogeni responsabili di malattie insidiose e talvolta gravi. La zecca dei boschi è tra le più pericolose, perché può trasmettere diversi batteri e virus, come il virus dell’encefalite da zecche, conosciuto anche come virus della TBE (dall’inglese Tick Borne Encephalitis), che provoca una grave malattia del sistema nervoso centrale che può causare la morte o danni neurologici permanenti, e il batterio Borrelia burgdorferi responsabile della malattia di Lyme o borreliosi, un’infezione che colpisce soprattutto la pelle e le articolazioni ma può riguardare anche il sistema nervoso e il cuore, con disturbi di varia gravità. Mentre la Tbe può essere prevenuta con il vaccino, la malattia (o morbo) di Lyme può essere soltanto trattata con specifiche terapie antibiotiche, con tassi di successo che variano a seconda della fase della malattia. Questa infezione è infatti particolarmente complessa, in quanto il suo decorso avviene per fasi successive, provocate dal “viaggio” che il batterio trasmesso dalla zecca compie nell’organismo.
La malattia di Lyme e altre infezioni
Come spiegato dal dottor Maurizio Ruscio, presidente del Gruppo Italiano per lo Studio della Malattia di Lyme (GISML), il “viaggio” del batterio Borrelia burgdorferi è imprevedibile e la successione delle fasi della malattia può variare da una persona all’altra, complicando il riconoscimento della malattia di Lyme, soprattutto se non c’è ricordo del morso di zecca.
Generalmente, la prima fase si sviluppa a distanza di 3-30 giorni dal morso di una zecca infetta, durante la quale la malattia è in fase precoce e localizzata. “L’infezione trasmessa dalla zecca è limitata alla zona del morso e può rivelarsi con un arrossamento della pelle (eritema migrante) che tende ad espandersi lentamente (alcuni millimetri al giorno) – indica l’esperto – . Nella seconda fase (generalmente dopo 6-8 settimane dal morso di zecca, ndr) la malattia è ancora in fase precoce, ma l’infezione ha iniziato a diffondersi dalla zona del morso al resto del corpo. Può raggiungere qualsiasi organo interno, ma di frequente colpisce la pelle, il sistema nervoso, le articolazioni e il cuore. Nella terza fase (oltre 6 mesi dal morso di zecca, ndr) la malattia ha raggiunto la fase tardiva, l’infezione permane nell’organismo ed è in grado di danneggiare in modo profondo e grave soprattutto la pelle, il sistema nervoso e le articolazioni. In tutte le fasi, la malattia può coinvolgere anche gli occhi, con sintomi che inizialmente si manifestano con arrossamento oculare (congiuntivite) coinvolgendo successivamente tutte le altre parti dell’occhio”.
Altre malattie che possono essere trasmesse dal morso di zecca e, in particolare da Ixodes ricinus, sono l’anaplasmosi, causata dal batterio Anaplasma phagocytophilum, che colpisce i globuli bianchi, causando febbre, brividi, dolori muscolari, debolezza, nausea e/o vomito, tosse, cefalea e malessere; la babesiosi, un’infezione causata da un protozoo del genere Babesia, e la tularemia, conosciuta anche come febbre dei conigli o febbre dei tafani, una grave malattia causata da un batterio altamente infettivo (Francisella tularensis).
Come evitare il morso di zecca
Contro le zecche è necessario giocare d’anticipo e assumere alcune semplici ma efficaci precauzioni. In particolare, indica il dottor Ruscio sul sito morsodizecca.com, nelle zone rurali e urbane è possibile contenere la presenza delle zecche con precauzioni, semplici ed efficaci, come falciare con regolarità i giardini, rimuovere le foglie secche, potare gli alberi e le siepi (allontanando i residui di potatura), tenere pulita la base delle piante ed evitare le cataste di legna intorno all’abitazione. “Buona regola è anche controllare costantemente gli animali domestici che vivono all’aperto e sottoporli periodicamente a trattamenti anti-zecche specifici” precisa Ruscio che, a chi frequenta boschi o zone montane ricche di vegetazione spontanea, dove la probabilità di diffusione delle zecche è alta, consiglia inoltre alcuni precisi comportamenti preventivi.
Prima di partire, è opportuno vestirsi con abiti che coprono quanto più possibile il corpo, usando pantaloni lunghi, inseriti dentro i calzettoni e camicie a manica lunga. Sono da preferire gli indumenti chiari perché permettono di individuare facilmente le eventuali zecche. È consigliato inoltre proteggere i piedi con scarpe alte sulle caviglie o stivali, mentre per i bambini può essere utile utilizzare un cappellino poiché, per una questione di altezza, la testa risulta la parte più esposta alle punture”.
Durante un’escursione, è inoltre raccomandato rimanere quanto più possibile sulle piste e i sentieri battuti, camminare sempre al centro di questi percorsi ed evitare il contatto con l’erba, i cespugli e le foglie, preferendo in caso di sosta, luoghi con scarsa vegetazione ed erba bassa. Al rientro, è importante: spazzolare in luogo aperto gli abiti indossati e verificare il contenuto dello zaino e dell’equipaggiamento, al fine di non portare zecche dentro casa; effettuare un bagno o una doccia per lavare via eventuali zecche non ancora attaccate alla pelle e ispezionare accuratamente tutto il corpo, con particolare attenzione alle zone “preferite” dalle zecche: braccia, gambe, inguine, ombelico, ascelle, collo e testa. Nei bambini controllare il capo, soprattutto in corrispondenza dell’attaccatura dei capelli e dietro le orecchie.
Un aiuto per proteggersi dalle zecche è fornito anche da diversi repellenti, che ostacolano la possibilità del morso, e possono essere usati sul corpo o su vestiti ed equipaggiamenti. “I repellenti da applicare sulla pelle vanno utilizzati saltuariamente, per esposizioni occasionali e di breve durata, in aggiunta alle misure di protezione personale, e sono sempre sconsigliati in gravidanza, durante l’allattamento e nei bambini sotto i 2 anni – sottolinea Ruscio – . Bisogna anche ricordare che i repellenti si possono spruzzare o spalmare sulla pelle scoperta, purché sia sana, evitando il contatto con gli occhi e la bocca; non vanno applicati sulle mani dei bambini, poiché è alto il rischio che tocchino zone sensibili del corpo, e non vanno utilizzati insieme a creme solari o altri prodotti dermatologici”.
Non è invece dimostrata l’efficacia di oli essenziali estratti da piante (lavanda, cocco, ecc.) che evaporano rapidamente (meno di 1 ora), possono essere fotosensibilizzanti o irritanti e non garantiscono un reale effetto protettivo contro le zecche. Altri repellenti che possono invece essere utilizzati sui vestiti sono quelli contenenti piretrina, una sostanza “di cui però non è stata verificata la tollerabilità in caso di uso prolungato – evidenzia l’esperto – . Anche se usata esclusivamente su vestiti, scarpe, coperte ed equipaggiamenti, una parte (circa lo 0,5%) viene comunque assorbita dalla pelle. Il suo uso va quindi limitato a quando è strettamente necessario”.
I periodi dell’anno più rischiosi
Come detto, Ixodes ricinus predilige il clima umido ma è sensibile alle condizioni climatiche, perché necessita di un’umidità relativa almeno dell’80%, piogge moderate o abbondanti e vegetazione tale da permettere al suolo di rimanere umido durante il giorno.
Tuttavia, quando gli inverni sono temperati e le primavere calde, le zecche iniziano in anticipo a cercare gli ospiti su cui nutrirsi, per cui esistono periodi dell’anno in cui il rischio di essere morsi da una zecca è più alto e comprendono l’inizio primavera fino all’autunno inoltrato. “Solo nei periodi di grande freddo o di grande siccità si abbassa il rischio di subire il loro morso, perché le zecche si mettono in una sorta di letargo, attendendo le condizioni ambientali idonee alla consumazione del pasto (temperature al di sopra dei 7-10 °C e umidità attorno al 90%)”.
Cosa fare in caso di morso di zecca
Le zecche non volano e non saltano, ma per procurarsi il pasto si mimetizzano fra l’erba, le foglie e gli arbusti, attendendo pazientemente di essere sfiorate. Basta il semplice contatto perché si attacchino all’ospite (o al suo vestiario) e si mettano in cerca di un lembo di pelle dove ancorarsi e impiantare il proprio apparato boccale attraverso cui iniziano lentamente a nutrirsi.
Poiché la loro saliva contiene diverse sostanze anestetiche e in grado di abbassare le difese immunitarie, difficilmente l’ospite si accorge di avere una zecca sulla pelle, per cui il morso è solitamente indolore e raramente viene avvertito.
In altre parole, per accorgersi se una zecca ci ha punto, bisogna cercarla, ispezionando accuratamente tutto il corpo, in particolare le zone dove si suda di più (testa, ascelle, polsi, inguine, ombelico e giro vita, incavo del ginocchio – nei bambini attaccatura dei capelli e area dietro le orecchie). Raramente ci si rende conto della sua presenza da un lieve arrossamento, unito a prurito, nella zona in cui è attaccata, ma nel caso si scopra di avere una zecca sulla pelle, questa va tolta il prima possibile.
La rimozione tempestiva abbassa i rischi di contagio – chiarisce il dottor Ruscio – . Per rimuoverla occorre fare tre semplici passaggi: innanzitutto, proteggere le mani, possibilmente indossando i guanti, quindi utilizzare uno dei comuni estrattori reperibili in commercio e asportare la zecca. In alternativa si può utilizzare una pinzetta a punte sottili, afferrare la zecca il più possibile vicino alla pelle e staccarla tirando dolcemente, ma con mano ferma, senza schiacciare il suo corpo. Una volta rimossa, occorre disinfettare la zona interessata”.
Dopo aver tolto la zecca, bisogna annotare la data dell’asportazione e prestare attenzione a segni e sintomi che si presentano nelle sei settimane successive. “In tale periodo non vanno assunti antibiotici, perché potrebbero mascherare sintomi d’infezione e ritardare la cura più efficace – aggiunge Ruscio – . Sono inoltre sconsigliati gli esami del sangue, perché il sistema immunitario reagisce di solito lentamente all’infezione trasmessa dalla zecca e i test potrebbero risultare falsamente negativi”.
Se nei giorni e nelle settimane successive alla rimozione della zecca compaiono sintomi come arrossamento nella zona del morso, oppure in caso di febbre, mal di testa, debolezza e dolori articolari è necessario rivolgersi al medico.