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Cos’è la sindrome del bambino scosso, quali sono i fattori di rischio e che conseguenze comporta

In alcuni casi il pianto inconsolabile di un neonato può spingere i genitori a un violento scuotimento del piccolo, un gesto scellerato e criminale che può avere conseguenze gravissime per la sua salute, anche fatali. Ecco cosa sappiamo sulla sindrome del bambino scosso.
A cura di Andrea Centini
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Come spiegato dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, la Sindrome del bambino scosso o shaken baby syndrome “è una delle forme più gravi di maltrattamento fisico del neonato e del lattante”. Non a caso rappresenta la principale causa di morte per abuso nei piccoli. Essa consiste nel violento e ripetuto scuotimento del bambino, che può comportare lesioni gravissime – come trauma cerebrale e complicazioni neurologiche – in grado di sfociare nell'invalidità permanente e nel decesso. Spesso questo gesto scellerato e criminale è compiuto da genitori senza scrupoli per provare a placare il pianto inconsolabile del figlio. A volte si verifica per pura ignoranza. Le conseguenze, come indicato, possono essere catastrofiche. La Sindrome del bambino scosso è balzata recentemente agli onori della cronaca nazionale per i casi di due bambini di pochi mesi, ricoverati presso il Policlinico di Modena dopo essere stati scossi dai genitori. In entrambi i casi le coppie sono state denunciate alle autorità competenti per maltrattamento nei confronti dei propri figli.

Cos'è la Sindrome del bambino scosso

La Sindrome del bambino scosso o shaken baby syndrome è un insieme di sintomi, segni e lesioni provocato dal violento scuotimento di un bambino piccolo, neonato e lattante. L'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma indica che si verifica quando il bambino viene tenuto per il tronco e scosso con violenza. La testa, a causa delle grandi dimensioni e della muscolatura / legamenti del collo non ancora adeguati a sostenerla, è sottoposta a movimenti rapidi, brusche oscillazioni e rotazioni che comporta a sua volta intenso stress meccanico per il tessuto cerebrale, che può andare incontro a lesioni ed emorragie. “Il contenuto della cavità del cranio o encefalo (cervello, cervelletto e midollo allungato) va incontro a rapida accelerazione e decelerazione con trauma contusivo contro la scatola cranica, lesione dei nervi e rottura dei vasi sanguigni con emorragie”, spiega il nosocomio romano. Come affermato a Fanpage dal dottor Antonino Reale, responsabile di Pediatria dell'emergenza presso il Bambino Gesù, generalmente la sindrome "si verifica entro i due, tre anni, ma in particolar modo nei primi sei mesi di vita".

I fattori di rischio della Sindrome del bambino scosso

Il pianto inconsolabile del bambino è spesso la miccia che fa scattare il comportamento violento dei genitori o anche dei tutori, che per qualche ragione non riescono a sopportare la richiesta di attenzione del piccolo e a calmarlo con i rimedi raccomandati. A catalizzare il rischio la stanchezza, lo stress e il non sentirsi all'altezza della genitorialità. A volte l'intento non è quello di far del male al bambino; semplicemente, si ignora l'estrema delicatezza del sistema nervoso di un bambino e quindi si agisce con violenza per provare a “placarlo”. Tra i fattori di rischio che possono spingere i genitori a scuotere il figlio, come spiegato dal Bambino Gesù, figurano, giovane età della madre, depressione, problemi di natura sociale ed economica, abuso di sostanze stupefacenti e alcol, livello culturale basso e storia famigliare di maltrattamenti. Particolarmente impattante la tossicodipendenza, come spiegato a Fanpage.it dal dottor Reale.

Quali sono i rischi della Sindrome del bambino scosso

A causa della delicatezza dell'encefalo dei lattanti, il violento scuotimento può avere conseguenze drammatiche come cecità, coma, danni permanenti e morte. Il Bambinò Gesù indica tre sintomi diagnostici (non sempre presenti) della Sindrome del bambino scosso. L'ematoma subdurale, ovvero versamento di sangue nelle meningi che può manifestarsi con semplici vertigini e nausea fino a complicazioni estreme, come il coma e le alterazioni dello stato di coscienza; l'edema cerebrale, dovuto a liquido nel cervello che può ostruire il passaggio di sangue / ossigeno che può spaziare dal mal di testa alla perdita di coscienza; e l'emorragia retinica, che si manifesta con macchioline rosse negli occhi. Nurse24.it spiega che le lesioni agli occhi sono molto comuni e possono portare a cecità permanente. Possibili danni anche alla colonna vertebrale e al collo a causa dei movimenti ripetuti ed energici. Bastano pochissimi secondi di scuotimento per scatenare la sindrome del bambino scosso, proprio a causa della delicatezza dei bimbi, il cui cervello impatta contro la scatola cranica per ogni brusca decelerazione e accelerazione. Come spiegato a Repubblica dal professor Lorenzo Iughetti, primario del reparto di Pediatria del Policlinico di Modena, i movimenti che subisce il cervello sono simili a quelli di decine di tamponamenti in auto nel giro di un brevissimo lasso di tempo. Non c'è dunque da stupirsi che si possa sfociare nel coma e nella morte dei piccoli. Nei casi meno gravi possono manifestarsi sintomi aspecifici come sonnolenza, irritabilità, vomito, difficoltà nella suzione e nella deglutizione. L'ospedale romano spiega che alcuni segni della sindrome del bambino scosso possono essere evidenziati anche ad anni di distanza, sulla base di alterazioni comportamentali e nell'apprendimento.

Come si previene la Sindrome del bambino scosso

Gli esperti sottolineano che la prevenzione è fondamentale e si attua con una corretta informazione ai genitori, che devono essere messi al corrente della delicatezza dei bambini. Come spiegato dal dottor Reale, i piccoli non sono né di gomma né bambolotti di pezza. “Prevenzione vuol dire innanzitutto sapere che un piccolino è molto delicato. I genitori che pensano di poterlo scuotere devono saperlo. Intendiamoci, non è facendolo trotterellare sulle gambe o saltellare che succedono questi danni, deve essere scosso violentemente”, ha spiegato il pediatra. Ed è importante imparare a gestire il pianto dei piccoli, che è la cosa più normale del mondo. “Ricordiamoci che il pianto è la forma di espressione dei bambini. Piangono perché hanno fame, perché hanno freddo, perché hanno caldo, perché hanno il sederino bagnato, perché hanno le coliche. Per mille motivi”, spiega il dottor Reale. “Quindi i genitori, e in particolar modo quelli più fragili, devono essere assolutamente aiutati a diventare tali. Nessuno nasce col libretto delle istruzioni. È molto importante che il pediatra di famiglia faccia capire cosa sono le coliche e cosa comportano. Un bambino sano piange in media quattro ore al giorno. Se entriamo nell'ordine delle idee di accettare questa cosa va tutto bene, ma quando il bambino piange per mezz'ora consecutiva e non la smette, il genitore che si innervosisce e non lo accetta più diventa davvero pericoloso verso il piccolo”.

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