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Cos’è la macchia bianca che si vede quando c’è l’aurora boreale: lo strano fenomeno finalmente spiegato

La macchia di luce bianca che spesso compare insieme all’aurora boreale è “un’emissione continua strutturata”, un fenomeno che non era stato chiaramente spiegato fino ad ora: questa emissione continua è molto probabilmente una fonte di calore, indicando che le aurore boreali sono più complesse di quanto si pensasse.
A cura di Valeria Aiello
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Immagini dell'aurora boreale che mostrano l'emissione continua strutturata / Credit UCalgary
Immagini dell'aurora boreale che mostrano l'emissione continua strutturata / Credit UCalgary

La macchia bianca che spesso si vede quando c’è l’aurora boreale è “un’emissione continua strutturata”, un fenomeno noto da tempo ma non ancora pienamente compreso: questa emissione appare come una luce bianca o grigia nel cielo notturno, in concomitanza con l’aurora boreale, anche se risulta più statica e diffusa rispetto alle emissioni aurorali verdi o rosse.

Dopo anni di resoconti e studi su questo tipo di eventi, i ricercatori dell'Università di Calgary hanno spiegato per la prima volta qual è l’origine di questo fenomeno, per alcuni aspetti simile allo STEVE (Strong Thermal Emission Velocity Enhancement), il nastro di luce grigia o viola che spesso accompagna l’aurora boreale. “Tra i due ci sono delle somiglianze nello spettro, ma l’emissione continua è quasi incorporata nell’aurora, mentre STEVE è separato dall’aurora e appare come una grande banda che attraversa il cielo” dice la professoressa Emma Spanswick del Dipartimento di Fisica e Astronomia della Facoltà di Scienze, alla guida del team che ha fornito la prima spiegazione scientifica di questo fenomeno.

Cos’è la macchia di luce bianca associata all’aurora boreale

La macchia di luce bianca o grigia che spesso appare insieme all’aurora boreale è “un’emissione continua strutturata”, un fenomeno che si manifesta nella regione aurorale, incorporato e/o preceduto da aurore attive. “Non è aurore un’aurora pura, ma contiene una componente distinta di emissione continua” spiega il team dell’Università di Calgary che, in uno studio pubblicato su Nature Communications, ha esplorato questo tipo di emissioni.

Immagini di emissioni continue strutturate associate all'aurora boreale / Credit UCalgary/Nature Communications 2024
Immagini di emissioni continue strutturate associate all'aurora boreale / Credit UCalgary/Nature Communications 2024

Lo studio del team conclude che si tratta “con ogni probabilità di una fonte di calore”, indicando che ciò suggerisce che le aurore boreali siano “più complesse di quanto si pensasse in precedenza”.

La ricerca, ha aggiunto la professoressa Spanswick, è stata possibile grazie ai progressi nella tecnologia delle fotocamere digitali, che consentono sia ai fotografi amatoriali sia agli scienziati di vedere immagini a colori reali del cielo notturno. “L’aurora ora può essere fotografata anche con il proprio cellulare, grazie a sensori in grado di catturare un maggior quantitativo di luce, con colori che sono coerenti con quelli che vediamo ad occhio nudo”.

Le immagini e i dati analizzati nello studio sono stati ottenuti utilizzando gli strumenti del Transition Region Explorer (TREx), la struttura di imaging aurorale più avanzata al mondo, implementata dall’Università di Calgary, Canada e finanziata dalla Canadian Foundation for Innovation , dal governo dell'Alberta e dall'Agenzia spaziale canadese.

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