Cos’è la “lava fredda” e perché i lahar sono così pericolosi
Lungo le pendici di alcuni vulcani possono generarsi gigantesche colate di acqua, neve, fango, rocce, materiale piroclastico e altri detriti, una marea in grado di travolgere tutto ciò che si trova a valle. Questo flusso inarrestabile, spesso simile al cemento fresco, in gergo viene chiamato “lava fredda”. Può innescarsi a seguito di un'eruzione vulcanica oppure a causa del maltempo, sufficientemente violento o prolungato da far franare gli strati depositati lungo i fianchi dei vulcani attivi, in particolar modo stratovulcani. Ciò che è certo è che si tratta di un evento potenzialmente catastrofico, come evidenziato dalle ripetute sciagure che si verificano soprattutto in Indonesia. Qui le colate di lava fredda vengono chiamate lahar, il termine comunemente utilizzato dai geologi per riferirsi a questi fenomeni.
Come spiegato dall'Istituto Geologico degli Stati Uniti (USGS), il flusso di detriti non è tuttavia necessariamente freddo. Se infatti avviene in concomitanza con un'eruzione vulcanica, la marea può anche essere molto calda. “Un lahar in movimento assomiglia a un impasto ribollente di cemento bagnato e, mentre scorre a valle, le dimensioni, la velocità e la quantità di materiale trasportato possono cambiare costantemente. Il flusso iniziale può essere relativamente piccolo, ma un lahar può crescere di volume trascinando e incorporando qualsiasi cosa sul suo percorso: rocce, terreno, vegetazione e persino edifici e ponti”, spiega l'ente americano. La ragione risiede nella sua potenza distruttiva. Mentre scende a valle, soprattutto se si incunea in una valle fluviale, la velocità può raggiungere alcune centinaia di chilometri orari. Ciò significa che tutto ciò che si trova lungo il suo percorso viene travolto, distrutto e spesso inglobato.
Gli esiti sui villaggi che si trovano sul tragitto della lava fredda possono essere catastrofici. A maggio 2024, ad esempio, sull'isola di Sumatra le forti e incessanti piogge hanno scatenato un lahar dal Monte Marapi, un vulcano attivo sito nella parte occidentale dell'isola. La colata di detriti ha travolto un centinaio di abitazioni e oltre una dozzina di ponti, portando morte e devastazioni soprattutto nell'area amministrativa di Agam. Qui sono stati recuperati corpi di 35 persone delle circa 40 uccise. Meno gravi le conseguenze di un'eruzione esplosiva sul Monte Kanlaon nelle Filippine verificatasi lunedì 3 giugno 2024, anch'essa responsabile di un violento lahar. Le autorità hanno evacuato decine di migliaia di bambini dalle scuole e decine di voli sono stati cancellati, a causa del pennacchio di ceneri che si è innalzato dal cratere per diversi chilometri.
Le colate di lava fredda non sono un fenomeno esclusivo dei vulcani della Cintura di Fuoco nel Sud Est asiatico; l'USGS segnala che si verificano anche lungo le pendici dei vulcani sulle Aleutine in Alaska e della catena delle Cascade negli Stati Uniti occidentali. Come indicato, i lahar possono essere causati sia da eruzioni vulcaniche che da altri fenomeni. Dopo un'eruzione l'aumento delle temperature può far sciogliere la neve eventualmente presente e innescare le frane. Fenomeni esplosivi possono invece portare allo svuotamento rapido di laghi vulcanici. Entrambi gli eventi sono associati al rischio lahar, particolarmente elevato sui vulcani molto attivi. Sulle loro pendici, infatti, la vegetazione non fa in tempo a ricrescere e a trattenere i sedimenti morbidi; le forti piogge possono far scivolare il materiale piroclastico lungo le pendici dando vita alla lava fredda.
Le pianure alluvionali a ridosso dei vulcani attivi sono particolarmente minacciate dai lahar, dato che i flussi sono in grado di seppellire interi villaggi e i preziosi terreni agricoli. Gli scienziati possono prevedere i rischi di colate di “lava fredda” da uno specifico vulcano grazie a un software dedicato chiamato D-Claw. Nonostante i modelli matematici predittivi, sono ancora oggi tra i fenomeni più letali associati ai vulcani.