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Cos’è la de-estinzione e perché ci avviciniamo a “riportare in vita” mammut lanoso, dodo e tilacino

L’azienda biotecnologica Colossal Biosciences intende riportare in vita tre specie estinte grazie all’ingegneria genetica, in un processo che chiama “de-estinzione”. A che punto sono i lavori per far rinascere il dodo, il mammut e la tigre della Tasmania.
A cura di Andrea Centini
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L'esemplare di tilacino Benjamin. Credit: NSFA
L'esemplare di tilacino Benjamin. Credit: NSFA

Gli enormi progressi compiuti nell'ingegneria genetica e, più nello specifico, nell'editing genetico (il “taglia e incolla” del DNA) stanno aprendo opportunità straordinarie in campo medico, ad esempio contro le malattie congenite, ma anche nella conservazione della biodiversità. Poter clonare animali in via d'estinzione, ad esempio, può essere prezioso per garantire la diversità genetica e preservare specie che ormai contano pochissimi esemplari, non più in grado di riprodursi. Siamo del resto nel cuore della sesta estinzione di massa – provocata dall'uomo, non da eventi naturali – e oltre 1 milione di specie note tra animali e piante sono considerate in pericolo. Molte potrebbero essere salvate adottando opportune misure di conservazione e intervenendo laddove necessario in laboratorio, come sta accadendo per il rinoceronte bianco attraverso la fecondazione artificiale.

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L'editing genetico può essere utile anche a far risorgere specie estinte, mettendo in atto quella che alcuni scienziati chiamano “de-estinzione”. Jurassik Park resta pura fantascienza, a causa della mancanza di materia prima dei dinosauri, ma il DNA di animali estinti in tempi molto più recenti come la tigre della tasmania o tilacino (Thylacinus cynocephalus), il mammut lanoso (Mammuthus primigenius) e il dodo (Raphus cucullatus) potrebbe davvero portare a una sorta di "rinascita". Non ci sono ancora certezze, ma l'azienda biotecnologica di Dallas “Colossal Bioscience” sta facendo progressi significativi per raggiungere questo ambizioso traguardo. L'obiettivo iniziale è proprio riportare in vita i tre animali di cui sopra.

Un sostanzioso contributo a questa ricerca, ritenuta comunque controversa da molti esperti, è arrivata grazie a una donazione di 200 milioni di dollari, che come indicato dalla CNN ha portato il finanziamento complessivo a 435 milioni di dollari. Un bel passo avanti, considerando i 15 milioni di dollari stanziati alla fondazione dell'azienda, avvenuta a Dallas nel 2021.

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Alcuni dei progressi più significativi sono stati fatti proprio per l'animale più grande e antico del gruppo, il mammut lanoso estinto nel Pleistocene, che gli scienziati sperano di “riportare in vita” sfruttando l'elefante asiatico (Elephas maximus), un suo prossimo parente. Le cellule di questo animale verrebbero ingegnerizzate al fine di far emergere le caratteristiche iconiche della specie preistorica, come le lunghissime zanne ricurve e la folta pelliccia per proteggerlo dalle temperature gelide. A marzo Colossal Biosciences ha annunciato che i suoi ricercatori sono stati in grado di riprogrammare le cellule del pachiderma fino a ottenere le cellule staminali pluripotenti indotte (iPCS), che possono essere trasformate in qualunque cellula dell'elefante e rappresentare l'"impalcatura" del mammut. Del resto le due specie condividono il 99,6 percento del corredo genetico. L'obiettivo dei ricercatori è creare un embrione OGM da impiantare in un elefante asiatico per far nascere il mammut ibrido.

Progressi significativi sono stati fatti anche con il tilacino, estintosi molto probabilmente tra gli anni '50 e '60 del secolo scorso. L'ultimo esemplare noto in vita era un maschio di nome Benjamin morto nel 1936 in uno zoo, del quale è stato recentemente riprodotto un commovente filmato a colori. L'azienda di Dallas ha dichiarato che per la tigre della Tasmania, un marsupiale dall'aspetto lupino e canino, sono stati in grado di effettuare centinaia di modifiche genetiche sulle cellule del topo marsupiale dalla coda grassa, la specie base che vuole utilizzare per riprodurre l'antico predatore. Gli scienziati dicono di aver sequenziato un genoma di qualità elevatissima. Il lavoro, condotto in collaborazione con i colleghi del Thylacine Integrated Genetic Restoration Research Lab di Melbourne, è sfociato in un genoma accurato al 99,9 percento grazie al DNA estratto dalla testa di un esemplare custodita in un museo. Mancherebbe pochissimo per ottenere l'agognato 100 percento.

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Più difficile la situazione del dodo, un uccello incapace di volare estinto nel XVII secolo principalmente a causa dell'uomo e degli animali domestici introdotti nel suo habitat naturale. Si sta lavorando sul genoma dei piccioni Nicobar, che si ritengono essere i suoi parenti viventi più stretti, ma il lavoro sarebbe ancora in alto mare rispetto alle altre due specie. Al momento non è chiaro se si riuscirà davvero a “riportare in vita” queste creature, ma per molti scienziati si tratta di un lavoro controverso e fondamentalmente fine a se stesso. L'azienda dice che vorrebbe ripopolare gli habitat naturali con queste antiche specie estirpate dall'uomo, una reintroduzione del quale beneficerebbero anche gli equilibri ecosistemici. I mammut, ad esempio, calpestando il suolo aiuterebbero a preservare il permafrost in scioglimento a causa della crisi climatica, secondo Colossal Biosciences, ma per altri studiosi questi animali potrebbero trovare il proprio posto nel mondo al massimo in un recinto. Proprio come in Jurassic Park. Altri dicono chiaramente che non si tratta nemmeno di de-estinzione.

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La dottoressa Melanie Challenger, vice-co-presidente del Nuffield Council on Bioethics, ha dichiarato alla CNN che non si tratta de-estinzione: “È l'ingegneria genetica di un nuovo organismo per svolgere le funzioni, teoricamente, di un organismo (vivente) esistente”. “Non stai riportando indietro nulla dalla morte”, ha chiosato l'esperta. Colossa Biosciences prosegue intanto nella sua strada e continua a ottenere finanziamenti; ritiene che entro un decennio potremmo già vedere i frutti di questa complessa ricerca.

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