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Cos’è il tempo e perché gli scienziati ora dicono che potrebbe essere solo un’illusione

Il tempo, inteso come esperienza e rappresentazione della successione degli eventi, è legato alla nostra percezione dei cambiamenti materiali e spaziali: secondo una recente definizione, potrebbe invece essere solo un’illusione creata dall’entanglement quantistico. Ecco perché.
A cura di Valeria Aiello
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Il tempo, come lo conosciamo, potrebbe non essere un elemento fondamentale della nostra realtà fisica: la nostra esperienza e rappresentazione della successione degli eventi, legata alla percezione dei cambiamenti materiali e spaziali che avvengono intorno a noi, come la rotazione della Terra attorno al proprio asse o la rivoluzione del nostro pianeta attorno al Sole, che determinano rispettivamente l’alternanza del giorno e della notte e la durata dell’anno solare, non sarebbero una realtà del mondo fisico ma costrutti artificiali della mente umana.

Secondo una nuova definizione, il tempo potrebbe infatti essere solo un’illusione creata dall’entanglement quantistico, un fenomeno noto anche come intreccio quantistico, che si manifesta quando due o più particelle si comportano come una singola unità anche quando sono separate da grandi distanze. In altre parole, queste particelle sono così inestricabilmente intrecciate che qualsiasi modifica dello stato di una particella si riflette istantaneamente anche a quello delle altre, indipendentemente dalla distanza che le separa.

La nuova definizione è stata formulata da un team di ricercatori italiani, guidato da Alessandro Coppo del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Firenze, che in un nuovo studio appena pubblicato su Physical Review A hanno esplorato come la dinamica quantistica si trasforma in un comportamento di tipo classico.

Ciò li ha portati a proporre un nuovo modo di comprendere il tempo utilizzando i principi della meccanica quantistica. Nello specifico, gli studiosi hanno dimostrato matematicamente questa transizione, approfondendo l’approccio di Page e Wootters (PaW), che propone di trattare il tempo come una conseguenza dell’entanglement quantistico. Questa idea sfida la visione del tempo modellata dalla relatività generale, dove il tempo è intrecciato con il tessuto dello spazio e influenzato dalla gravità.

Il tempo potrebbe essere un'illusione creata dall'entanglement quantistico

I risultati del loro studio suggeriscono che la nostra esperienza del tempo possa essere una manifestazione dei processi quantistici, per cui il tempo può essere definito attraverso l’entanglement con un altro sistema, denominato “orologio”.

In termini più semplici, ciò significa che lo stato di un sistema (l’orologio) può essere utilizzato per scandire il passare del tempo per un altro sistema, proprio come accade nella nostra esperienza quotidiana, quando guardiamo l’altezza del sole nel cielo oppure la posizione delle lancette per sapere che ore sono. “La percezione dello scorrere del tempo – spiega la dottoressa Paola Verrucchi dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Isc) di Sesto Fiorentino e co-autrice senior dello studio – richiede necessariamente una correlazione con ciò che ci circonda”.

Ciò implica che ci sia un legame tra l’ambiente in cui viviamo e l’esperienza del trascorrere del tempo, quindi un intreccio (entanglement) tra due sistemi fisici, che gli studiosi hanno riprodotto utilizzando un oscillatore armonico e un orologio magnetico: l’oscillatore armonico, un modello fondamentale in fisica, rappresenta un sistema che mostra movimento periodico, come una massa su una molla o un pendolo; l’orologio magnetico è invece descritto come un sistema di rotazione sotto l’influenza di un campo magnetico.

Affinché ciò produca qualcosa che assomigli alla nostra normale percezione del tempo, la dinamica quantistica deve trasformarsi in un comportamento di tipo classico, qualcosa che avviene quando il sistema dell’orologio soddisfa criteri legati alla macroscopicità: in sostanza, l’orologio deve essere un oggetto quotidiano sufficientemente grande da tracciare il tempo per un sistema quantistico altrettanto grande. Al contrario, se immaginassimo di tracciare quello stesso tempo su scala più ampia da quella consentita dall’oggetto, come ad esempio potrebbe essere seguire lo sviluppo dell’intero universo con un orologio da polso, semplicemente avremmo bisogno di un orologio più sostanziale, cioè all’altezza del compito.

Per comprendere questo comportamento mediante i due sistemi non interagenti ma intrecciati utilizzati dai ricercatori (l’oscillatore armonio e l’orologio magnetico), gli studiosi hanno prima esaminato lo stato di entanglement di questi due sistemi, osservando le condizioni in cui l’orologio può descrivere accuratamente la dinamica dell’oscillatore armonico. Considerando quindi il limite classico sia dell’orologio che dell’oscillatore armonico, e trattando l’orologio come un sistema macroscopico (un sistema abbastanza grande da essere descritto dalla fisica classica), sono stati in grado di dimostrare che la scala energetica dell’orologio ha un impatto significativo sulla sua capacità di tracciare la dinamica dell'oscillatore armonico. Questo passaggio è essenziale per stabilire la connessione tra la descrizione quantistica e le equazioni classiche del movimento che governano i sistemi fisici di tutti i giorni.

L’aspetto chiave dello studio risiede quindi nel modo in cui la dinamica quantistica può trasformarsi in un comportamento di tipo classico in determinate condizioni. Quando il sistema dell'orologio soddisfa criteri legati alla macroscopicità (essendo abbastanza grande da comportarsi in modo classico), la nozione classica di tempo emerge naturalmente dalla descrizione quantistica.

Le implicazioni di questa teoria sono profonde, poiché suggerisce che il tempo, come lo percepiamo, potrebbe non essere una costante universale ma piuttosto un costrutto che emerge da interazioni quantistiche più profonde. Ciò potrebbe portare a una nuova comprensione di come funziona l’universo sia a livello macroscopico che microscopico, colmando potenzialmente il divario tra la meccanica quantistica e la relatività generale.

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