Cos’è El Niño e perché si prevedono caldo ed eventi estremi in primavera: la spiegazione dell’esperto
In un recente comunicato stampa l'Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) ha affermato che il fenomeno climatico di El Niño del 2023-24, uno dei più forti mai registrati, si sta gradualmente indebolendo, ciò nonostante continuerà ad avere un impatto significativo sul clima globale nei mesi primaverili. Tra marzo e maggio, infatti, gli esperti si aspettano temperature oltre la media su larga parte del pianeta, oltre a un incremento nel numero e nella frequenza degli eventi estremi. Secondo i dati recentemente riportati da Legambiente, nel 2023 in Italia sono stati registrati 378 eventi meteorologici estremi, tra alluvioni, mareggiate, grandinate e altro ancora. L'aumento di questi fenomeni è stato del 22 percento rispetto al 2022, anno caratterizzato da diverse tragedie alluvionali. Per capire meglio cosa sta succedendo e quali sono i rischi per il nostro Paese, Fanpage.it ha intervistato il professor Massimiliano Pasqui, climatologo presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Ecco cosa ci ha raccontato.
Professor Pasqui, il comunicato dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale sottolinea che, a causa di El Niño, tra marzo e maggio sono previste temperature “superiori alla norma su quasi tutte le zone terrestri”. Può spiegarci brevemente di cosa si tratta?
Quando si parla di El Niño facciamo riferimento a un meccanismo climatico che interessa l'Oceano Pacifico, ma anche l'atmosfera. È un meccanismo climatico completo che ha ripercussioni su scala planetaria. Un po' perché l'Oceano Pacifico è uno dei grandi centri di azione climatica della Terra, un po' perché è particolarmente rilevante nella scala dei meccanismi climatici che avvengono sul pianeta. El Niño è in realtà una delle fasi di un fenomeno che nel suo complesso prende il nome di ENSO, acronimo di El Niño-Southern Oscillation. Cioè un'oscillazione che quindi ha sostanzialmente tre fasi differenti: una calda, El Niño; una fredda, La Niña; e una neutra, nella quale le anomalie dell'oceano e dell'atmosfera non sono organizzate. Quindi quando parliamo di El Niño ci riferiamo alla fase calda del fenomeno ENSO.
Per quanto riguarda la fase calda, in sintesi stiamo parlando di un'estesa anomalia positiva di temperatura sull'Oceano Pacifico tropicale che si accoppia con la circolazione atmosferica, che determina uno spostamento dei sistemi delle piogge rispetto alla norma. È uno spostamento dei meccanismi tipici verso alcuni regimi climatici particolari. Questo fenomeno ha un picco durante l'inverno – lo hanno sia El Niño che la La Niña -, però presenta un'estensione temporale abbastanza grande. Perché parte dalla fine dell'estate boreale (la nostra), ha il picco durante l'inverno e poi “muore” verso la fine della primavera. Poi ovviamente ciascuno di questi eventi specifici può iniziare / finire prima o dopo, o essere più o meno intenso. Ciò rappresenta la variabilità di questo meccanismo. Sostanzialmente le caratteristiche sono queste.
Come mai la WMO ha comunicato adesso che si prevede una primavera con temperature più calde a causa di El Niño?
Di El Niño 2023 – 2024 ne eravamo a conoscenza da quasi inizio dell'anno scorso. Le previsioni già indicavano l'emergenza, quindi c'è una serie di elementi che paradossalmente potrebbero non essere una novità. Anzi, erano cose assolutamente conosciute. In più oggi siamo alla metà di marzo e stiamo assistendo essenzialmente alla fine di questo evento. Dunque, qual è il punto, dov'è l'interesse in questa comunicazione della WMO? La rilevanza viene dal fatto che spesso, non sempre ma in maniera prevalente, durante le annate caratterizzate da El Niño tendenzialmente l'effetto si concretizza durante tutto il periodo. Ovviamente nel Pacifico in maniera diretta e in altre parti del mondo in maniera indiretta e anche differita nel tempo, quindi in ritardo rispetto al meccanismo. A volte c'è questa corrispondenza che le annate caratterizzate dal El Niño poi risultano essere più calde della norma a livello annuale e planetario, mentre le annate che vivono la fase de La Niña, il periodo di anomalia opposta, quindi di raffreddamento dell'Oceano Pacifico tropicale, risultano più fresche. Il problema qui è la crisi climatica.
Ci spieghi
Ci troviamo in un momento in cui le temperature a livello mondiale crescono in maniera particolarmente rapida. Questi due eventi, El Niño caldo e La Niña fredda, in qualche modo contribuiscono o a intensificare il riscaldamento o a rallentarlo un po'. Noi abbiamo avuto annate estreme dal punto di vista delle temperature ma che sono comunque coincise con un periodo legato a La Niña, la fase fredda. Sono meccanismi separati ma che interagiscono. Il 2023 è stato un anno di passaggio tra La Niña nell'inverno 2022 – 2023 ed El Niño che è iniziato a fine anno. Però il 2023 è stato comunque un anno con una temperatura record, nel quale, probabilmente, ci tengo a sottolinearlo, La Niña tutto sommato è come se avesse in qualche modo contribuito a contenere il riscaldamento. Parliamo di una stima che deve essere suffragata da maggiori evidenze.
Noi abbiamo un riscaldamento che è molto veloce, ma come accade per altri fenomeni ci possono essere altri meccanismi a rallentarlo o a intensificarlo. Ci sono stati mesi consecutivi di caldo record e l'inverno appena trascorso è stato da record, come confermato nel comunicato dal Segretario Generale della WMO dottoressa Celeste Saul: “Da giugno del 2023 ogni mese abbiamo raggiunto un record”. Sicuramente a questo risultato ha contribuito la fase calda di El Niño. Abbiamo anche altri elementi, come il riscaldamento straordinario che ha avuto l'Oceano Pacifico tropicale negli ultimi anni e soprattutto negli ultimi dieci mesi. Oltre a questo si aggiungono le previsioni stagionali dei prossimi mesi – come quelle riportate da Copernicus – che a livello climatico globale suggeriscono che potremmo vivere un periodo molto caldo, perché in questo momento El Niño sta concorrendo a spingere sempre più su le temperature. Il punto di interesse è la concomitanza di più fattori che purtroppo concorrono, e sottolineo purtroppo, all'innalzamento ulteriore e probabile delle temperature nella prossima primavera.
In base a questa situazione, cosa dobbiamo aspettarci per l'Italia tra marzo e maggio?
Faccio un piccolo inciso: quello abbiamo detto fino ad adesso ha un valore globale. Come se noi guardassimo la Terra come un unico punto nell'Universo in cui c'è una temperatura media. Fin qui abbiamo parlato di un meccanismo molto grande, che però ha un riverbero planetario. Sul nostro Paese, o meglio sul Mediterraneo – noi ci siamo dentro – gli effetti diretti, che significa con una corrispondenza precisa, sono molto più deboli. Quello che noi vediamo non dipende solo dal Pacifico, ma da un numero sconfinato di altri meccanismi. È chiaro che il Pacifico ha un effetto, ma non come ce lo immaginiamo. Abbiamo delle ripercussioni ma che sono comunque l'effetto della sovrapposizione di molti altri meccanismi. Questo secondo me è un elemento da cogliere. Il punto sostanziale è questo; El Niño sta vivendo la sua fase finale, ha superato il picco e sta entrando in un momento che anche tecnicamente si chiama decadimento. Stiamo tornando verso una condizione di neutralità delle condizioni climatiche del Pacifico. Però quello che noi vediamo dalle previsioni stagionali, che vengono fatte sulla base dei modelli numerici che sono lo strumento migliore che abbiamo per vedere l'evoluzione su queste scale temporali di mesi, è che c'è un segnale straordinariamente forte di probabilità di avere anomalie di temperatura più alta della norma su gran parte del pianeta, Mediterraneo compreso. Le anomalie per l'Italia sono consultabili sul sito del CNR.
Ma non possiamo prevedere effettivamente quali saranno gli effetti di queste anomalie stagionali
No, non è possibile capirlo. Quando facciamo le previsioni stagionali noi non facciamo le previsioni meteorologiche, nelle quali vediamo nel dettaglio l'evoluzione. Noi cerchiamo di stimare qual è l'anomalia nell'insieme, quindi nell'intera stagione, di tre mesi in tre mesi. Perché quel tipo di informazione ha una predicibilità superiore. Altrimenti daremmo i numeri. Le previsioni per i prossimi mesi indicano la probabilità maggiore per un'anomalia positiva delle temperature su gran parte del pianeta e in particolar modo sul Mediterraneo. Ci sono due mezzi indizi: da una parte abbiamo appena superato il fatto di avere un meccanismo che tendenzialmente amplifica il riscaldamento, dall'altro vediamo anche le previsioni stagionali che in qualche maniera confermano questa ipotesi. Il comunicato stampa della WMO sottolinea che veniamo da un periodo con mesi di temperatura record su scala mondiale, mai registrati prima negli ultimi 200 anni (anche in Italia) e ci affacciamo su un periodo, la primavera 2024, cioè marzo-aprile-maggio, particolarmente caldi. Queste cose destano ancora di più la preoccupazione per quello che ci dobbiamo attendere.
Ciò che preoccupa particolarmente gli esperti è il fatto che negli ultimi 12 mesi il riscaldamento medio è stato di circa 1,5 °C superiore rispetto all'epoca preindustriale.
Questi mesi in cui noi abbiamo superato i record di temperatura su scala mondiale non erano come gli altri. Hanno un sapore differente proprio perché sono intorno a quel valore soglia che noi abbiamo individuato nella COP di Parigi del 2015: 1,5 °C. Non è semplicemente un nuovo record, per quanto tragico, ma siamo in una situazione nella quale stiamo “giocando” con quello che doveva essere un limite da non superare nel 2030. Stiamo sperimentando ora sulla nostra pelle – con largo anticipo – il superamento di un limite che non avremmo dovuto superare. È un valore che apre uno scenario di conseguenze climatiche parecchio più impattanti rispetto a quelle che abbiamo con anomalie inferiori. Faccio una doverosa precisazione; quel limite di 1,5 °C si riferiva a un periodo prolungato, di alcuni decenni in cui la temperatura media risulta al di sopra di quella soglia. Qui stiamo vedendo la media di diversi mesi, ma è comunque un flash, una anticipazione di un qualcosa da non superare. Nell'immaginario collettivo ciascuno di noi ha un'esperienza diretta di questa situazione, anche banale. Ad esempio non ha dovuto fare un vero e proprio cambio di stagione, oppure ha visto la neve a marzo, non l'ha vista per niente o magari l'ha vista e ci è salito sopra in maniche corte. È un dettaglio rilevante da sottolineare. Stiamo toccando con mano questa anticipazione.
Nel comunicato della WMO si fa riferimento anche a un incremento di eventi estremi, cosa rischiamo nei prossimi mesi?
Qui entriamo in un ambito in cui diventa più difficile declinare o comunque entrare nello specifico, per vari motivi. Il primo è che la connessione tra l'aumento delle temperature su scala mondiale e gli eventi estremi è stata ormai sostanzialmente sviscerata. Possiamo riassumere dicendo che all'aumento dell'energia a disposizione del sistema climatico, energia che è misurabile ad esempio attraverso l'aumento della temperatura superficiale dei mari, anche i singoli eventi possono in qualche maniera avere accesso a un potenziale energetico superiore. Avere un potenziale energetico superiore significa che un'ondata di calore può avere dei connotati più intensi, può durare di più, può essere più intensa in termini di calore, può avvenire prima o dopo rispetto alla stagione estiva e così via. Così come per gli eventi di precipitazione, ad esempio, possiamo avere un arricchimento di vapore nell'atmosfera per effetto dell'evaporazione dal mare, quindi una maggiore quantità di acqua precipitabile. Sostanzialmente, quanto vapore c'è in atmosfera che che può essere convertito in precipitazione.
Questo è il concetto semplice, sintetico e diretto, però non mi spiega cosa succederà, perché fortunatamente gli eventi estremi sono anche rari. Questa rarità aumenta la difficoltà di previsione. Se da una parte possiamo dire con ragionevole attendibilità che è molto probabile che i prossimi tre mesi saranno mesi con anomalie di temperature superiori alla norma per quel che concerne il Mediterraneo, non possiamo in maniera altrettanto attendibile declinare per gli eventi estremi che si verificheranno nell'area mediterranea. È evidente che qualcosa succederà. Gli eventi potrebbero essere più intensi, ma capire effettivamente cosa accadrà nei prossimi mesi è straordinariamente difficile e meno attendibile.
Insomma, sappiamo che ci sono queste anomalie e che sussiste questa probabilità di rischio per gli eventi estremi, ma al momento non sappiamo dove, quando e come
Sappiamo che quel meccanismo funziona. Quando io ho più energia non solo ho classi di eventi diversi, ma anche gli eventi a cui sono abituato hanno la possibilità di esprimersi in maniera più estrema. Però diventa molto difficile prevederli. Un altro punto sostanziale del comunicato è che sottolinea che bisogna stare più in campana, proprio perché la situazione mi dà delle indicazioni ma non si riesce a chiarirle con attendibilità. Viene chiesta una maggiore attenzione. Il punto di ricaduta è proprio questo; non interessa adesso prevedere l'evento estremo a scala stagionale, se vogliamo. Io so che nella prossima stagione potrei aspettarmi degli eventi estremi e quindi devo monitorare. Il che significa anche fare le previsioni del tempo di giorno in giorno con un alert sottotraccia, perché comunque abbiamo temperature più alte, abbiamo più energia per i sistemi precipitativi e più energia per il mantenimento delle ondate di calore. La situazione può apparire particolare: non piove e c'è temperatura molto alta, oppure piove e cade tantissima acqua. È un po' quello che abbiamo visto nel 2022.
Ci spieghi
Passavamo da periodi di lunga siccità ad eventi estremi di precipitazione. Ricordiamoci le alluvioni nelle Marche, in Emilia Romagna. Anche in questi giorni abbiamo visto zone delle Alpi Occidentali essere praticamente sommerse di neve. In tre passaggi abbiamo avuto abbondanti nevicate che, per effetto delle temperature, hanno poi portato alle allerte per possibili valanghe. La crisi climatica si esprime attraverso l'acuirsi di situazioni al limite. L'obiettivo non è quello di fare delle previsioni come quelle meteorologiche, ma è quello di trovare quelle che si chiamano finestre di opportunità, periodi con delle caratterizzazioni che devono servire a integrare l'informazione che io devo vedere giorno dopo giorno. In questo senso la nota del WMO va anche in questa direzione. Dice che la situazione deve essere monitorata da vicino nei mesi a venire, di fornire output aggiornati delle situazioni. L'alert sta proprio nell'elevare il livello di attenzione.
Acclarato che il 2023 è stato l'anno più caldo di sempre, possiamo aspettarci un nuovo record anche nel 2024?
Alcuni ingredienti ci sono, però ad oggi, a marzo, questi ingredienti non fanno la ricetta. Ce ne sono infatti alcuni che vanno nella direzione opposta. Abbiamo fatto la lunga disquisizione iniziale su El Niño e La Niña; per la fine dell'estate è prevista proprio una rimonta dell'anomalia negativa La Niña, che quindi potrebbe avere effetti differenti. Magari l'annata avrà anomalie positive ma non da record. Il trend negativo comunque c'è, anche se non ci sarà il nuovo record non ci aspettiamo un'inversione tale della tendenza da rivoltare il mondo. Insomma, anche il 2024 potrebbe risultare da record ma dobbiamo ancora aspettare.