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Cosa succederà dopo Omicron? Le risposte degli esperti

Dopo l’ondata di contagi spinta dalla versione più contagiosa del coronavirus dovrebbe esserci un periodo di bassa circolazione virale, con un continuo calo del numero dei casi da marzo alla primavera o forse fino all’estate.
A cura di Valeria Aiello
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Se l’ondata di Omicron sarà superata rapidamente, come pensano molti esperti, ci sarà un “periodo tranquillo”, con un continuo calo del numero dei casi da marzo alla primavera o forse fino all’estate. È questa, in sintesi, quella che negli Stati Uniti sta diventando l’ipotesi condivisa dai principali esperti delle agenzie federali, docenti universitari e leader della sanità pubblica locale, che guardano con fiducia al futuro. I segnali di un raffreddamento della curva dei contagi, che negli Usa mostra una riduzione di almeno il 10% delle infezioni in 14 Stati nella scorsa settimana, sembrano indicare che l’ondata spinta da Omicron abbia raggiunto il picco nelle aree per prima colpite dalla nuova variante, come Boston e New York, sebbene il virus stia imperversando in diverse altre parti del Paese.

A supportare l’ipotesi di un dopo-Omicron a bassa circolazione virale, quanto sta accadendo in Sudafrica, dove la nuova variante è stata inizialmente identificata nel mese di novembre e, una volta raggiunto il picco di contagi, i casi sono diminuiti rapidamente. Questo stesso andamento si sta osservando anche nel Regno Unito, spingendo gli esperti a pensare che questo stesso scenario si verificherà un po’ ovunque. “Prevedo che nel breve periodo, dalle quattro alle sei settimane, sarà ancora piuttosto difficile – ha affermato alla CNN il dottor John Swatzberg, esperto di malattie infettive e professore emerito presso l’Università della California – . Arriveremo a circa la metà di febbraio prima di iniziare a vedere davvero che le cose stanno migliorando”.

Swartzberg ritiene che da marzo alla primavera o fino all’estate affronteremo una fase tranquilla come quella dello scorso anno, con un continuo calo del numero di casi. “Ci sarà un senso di ottimismo e poi saremo in grado di fare più cose nella nostra vita – ha aggiunto l’esperto – . Penso che maggio o giugno andranno davvero bene. Sono piuttosto ottimista”.

Parte del suo ottimismo deriva dal fatto che ci sarà una popolazione molto più ampia che potrà contare su un certo livello di immunità, considerando il crescente numero di persone vaccinate e con tre dosi, e quelle che hanno contratto l’infezione durante l’ondata di Omicron. “In generale, il livello di immunità nella nostra popolazione sarà molto più alto, e questo ci aiuterà non solo con Omicron e Delta, se stanno ancora circolando, ma sarà in grado di aiutarci con eventuali nuove varianti – ha detto Swartzberg – . In che misura, dipenderà dalla disponibilità di farmaci per intervenire”.

Questo perché il coronavirus Sars-Cov-2 probabilmente non scomparirà mai del tutto. “Prevedo pienamente il ritorno di un’altra versione del virus – ha detto Yvonne Maldonado, epidemiologa e specialista in malattie infettive presso la Stanford University – . Questi sono gli scenari che portano davvero incertezza su ciò che verrà dopo. Nessuno di noi aveva previsto Omicron. Anche se c’erano degli indizi, non ci aspettavamo che accadesse esattamente ciò che è successo”.

La prossima variante Covid

Sebbene esistano modelli di malattia e infezione dalle pandemie passate, il modo in cui è comparsa la variante Omicron ha suggerito che “non è affatto chiaro cosa accadrà dopo” ha affermato il dottor George Rutherford, epidemiologo dell’Università della California a San Francisco. Secondo l’esperto il virus potrebbe mutare gradualmente, come accaduto con le varianti Alfa e Beta, oppure compiere un salto evolutivo più grande, come osservato con Delta e Omicron.

Guardando al passato, un esempio che potrebbe dare indicazioni su quali saranno le prossime fasi della pandemia, sarebbe quello legato al virus dell’influenza H1N1, responsabile di una delle peggiori epidemie della storia, la Spagnola scoppiata nel 1918: all’epoca, il virus infettò un terzo della popolazione mondiale e uccise 50 milioni di persone. Quella pandemia alla fine si è conclusa, ma il virus è ancora oggi tra noi. “Quel patogeno era il trisnonno di tutti i virus H1N1 che vediamo ogni anno – ha spiegato Maldonado – . Hanno riportato molte mutazioni da allora, ma questi virus sono dello stesso ceppo. Quindi è possibile che anche Sars-Cov-2 faccia una cosa simile” .

In questo scenario, sottolinea Maldonado, dovremmo concentrarsi sulla protezione di coloro che sono vulnerabili alla malattia grave, assicurandoci che queste persone siano vaccinate e abbiano accesso agli anticorpi monoclonali e agli antivirali. Sempre secondo l’esperta, le aziende produttrici di vaccini dovrebbero sviluppare formulazioni specifiche per le varianti, in modo che le persone possano farsi vaccinare contro il Covid ogni anno. E i Paesi dovrebbero anche migliorare l’attività di test. “I farmaci orali e i monoclonali non vanno bene a meno che le persone non sappiano di essere positive” ha precisato Swartzberg.

Uno scenario intermedio sarebbe quello per cui non ci sarebbero abbastanza antivirali o monoclonali per curare le persone che si ammalano, e i produttori di vaccini non sarebbero in grado di sviluppare formulazioni specifiche per nuove varianti abbastanza velocemente. Nella peggiore delle ipotesi, le future varianti potrebbero sfuggire alla protezione di vaccini e trattamenti. “Penso che questo scenario sia il meno probabile” ha indicato Maldonato.

Una speranza condivisa anche da Anthony Fauci, direttore dell'Istituto nazionale di allergie e malattie infettive (NIAID) degli Stati Uniti, che tuttavia ha affermato di non poter fare una previsione statistica sulle possibilità che questo accada. “Speriamo quindi per il meglio, e ci prepariamo al peggio” ha affermato Fauci.

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