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Alluvione a Valencia

Cosa succede se le piogge di Valencia arrivano in Italia: le risposte dell’esperto

Anche se fare un paragone certo è impossibile, un simile quantitativo di pioggia potrebbe avere effetti disastrosi. Il professore Stefano Caserini, esperto di mitigazione dei cambiamenti ambientali: “Ora è arrivato il momento di mettersi davvero a lavorare”.
Intervista a Prof. Sefano Caserini
Docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici e dell’impatto ambientale dell’Università di Parma
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Trascorrono i giorni dalla disastrosa alluvione che nella notte tra il 29 e il 30 ottobre 2024 ha devastato diverse aree della regione di Valencia, eppure il conteggio delle vittime continua a salire: gli ultimi dati parlano di almeno 217 morti, ma i sub ancora proseguono le loro ricerche.

Molti fattori hanno probabilmente contribuito al disastro, dal ritardo del governo di Valencia nel comunicare alla popolazione l'allarme, alla forte urbanizzazione dell'area, fino alla traiettoria del fiume Turia, modificato negli anni '50 per proteggere la città di Valencia da nuove alluvioni dopo quella devastante del 1956.

Eppure un dato è certo: il fattore alla base di tutto è stata la quantità impressionante di pioggia caduta in così poche ore. Sappiamo che in alcune delle aree più colpite in otto ore è caduta la pioggia di un anno, 491 litri di pioggia per metro quadrato. La stazione meteorologica di Turìs ha registrato un totale di 641 millimetri: in poche più di tre ore è caduto l'equivalente della media annuale, pari a 475 millimetri,.

Che cosa succederebbe se una simile precipitazione si verificasse in Italia? Fanpage.it lo ha chiesto al professore Stefano Caserini, docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici e dell’impatto ambientale dell’Università di Parma.

In Italia esiste una regione con un profilo morfologico o idrogeologico simile a quello dell'area di Valencia? 

Non è facile fare questo tipo di paragoni, anche perché non abbiamo ancora dati certi su quanto accaduto a Valencia. Quello che possiamo dire è che sicuramente anche in Italia ci sono delle zone che corrono il rischio di subire eventi di questo tipo. Pensiamo alle zone del bacino del Mar Mediterraneo, come la Liguria, dove già in passato si sono verificate in passato precipitazioni molto intense.

Certo, non possiamo dire che il meccanismo fenomenologico con cui potrebbe verificarsi sarebbe o meno lo stesso, ma in fondo non è questo il punto. Ciò che conta è che stiamo andando incontro a un intensificarsi delle precipitazioni estremi per effetto del cambiamento climatico, anche in Italia.

Quali sono i fattori che ci espongono a questo rischio?

Il riscaldamento del Mar Mediterraneo rende le precipitazioni intense ancora più estreme. Come spiegano i climatologi, se il mare è più caldo fa aumentare il vapore acqueo concentrato nella colonna di atmosfera che diventerà pioggia: in sostanza è come se ci fosse più combustibile per le precipitazioni.

Nelle località colpite nella provincia di Valencia è caduta in otto ore la pioggia che normalmente si registra in un anno. Se succedesse la stessa cosa in Italia cosa ci potremmo aspettare?

Parliamo di livelli di precipitazione mostruosi. Se dovessimo immaginare il caso in cui lo stesso livello di pioggia cada in Italia, sicuramente sono molte le aree del nostro territorio in cui causerebbe dei disastri epocali. Se dovesse cadere mezzo metro di acqua in 6-8 ore il nostro sistema fognario chiaramente non reggerebbe: in quel caso, l'acqua che non può essere contenuta deve per forza cercare una via di uscita.

Perché i sistemi fognari non reggono questi quantitativi di pioggia? 

Su tutti i territori si fanno delle statistiche sulla base dei dati storici sulle precipitazioni: le curve pluviometriche. Queste legano l'intensità delle precipitazioni al tempo di ritorno, ovvero ogni quanto una certa precipitazione si verifica di nuovo nella storia. Ogni territorio ha la sua curva pluviometrica, quindi non si possono paragonare diversi territori, ma quello che li accumuna tutti è l'impatto del cambiamento climatico su questi dati.

Qual è il problema quindi?

Questo cambiamento sull'intensità e sulla frequenza delle precipitazioni intense chiaramente pone un problema: i sistemi fognari sono stati progettati sulla base dei tempi di ritorno delle precipitazioni come erano in passato, in base a curve pluviometriche non più veritiere. E su questi dati tutto l'edificato è stato costruito nei decenni successivi. Ora però il profilo pluviometrico del territorio non è chiaramente più lo stesso e quei sistemi non sono più in grado di reggere le precipitazioni attuali, modificate dal cambiamento climatico.

Cosa possiamo fare per non assistere a eventi simili in Italia?

In Italia è stato elaborato un Piano nazionale di adattamento climatico, che prevede oltre 350 azioni diverse per limitare gli effetti non solo del rischio alluvionale, ma anche degli altri possibili scenari disastrosi dovuti al cambiamento climatico.

C'è però un ma. Qual è? 

Il punto è che questo piano non è stato finanziato e finché non ci saranno i soldi queste misure non verrano mai messe in atto. Ora è arrivato il momento di mettersi davvero a lavorare sull'adattamento al cambiamento climatico perché al momento non c'è ancora un'azione concreta in atto. Abbiamo un piano ma non è considerato nel quadro delle politiche di sviluppo del nostro Paese: è ancora marginale e lo dimostra il fatto che se ne parla solo quando si verificano le alluvioni.

Parliamo di misure che in ogni caso richiederebbero molto tempo?

Certo, ci sono azioni infrastrutturali che richiedono tempo e investimenti, ma ci sono anche azioni "soft", che richiedono di sviluppare invece politiche di adattamento e nuove normative.

Ovviamente non parliamo di azioni semplici, che possono essere attuate nel giro di pochi mesi, ma si tratta di un piano che deve essere attuato in modo coerente e che deve diventare una priorità nello sviluppo socio-economico del Paese. Se non lo faremo, semplicemente dovremmo pagare di più, perché dovremo subire gli effetti disastrosi del cambiamento climatico: ci conviene investire nell'adattamento al cambiamento climatico, ma non sempre facciamo quello che ci conviene.

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