video suggerito
video suggerito
Cambiamenti climatici

Cosa sono i piccoli reattori nucleari che il governo vuole costruire in Italia: le risposte del fisico

A oltre 30 anni dal referendum che ha fatto chiudere le centrali nucleari in Italia, l’energia atomica non è più un tabù ed è ritenuta una valida alleata sia contro la crisi climatica che per sopperire ai deficit energetici del nostro Paese. In particolar modo, il governo punta sui piccoli reattori nucleari o SMR. Per capire cosa sono, quali vantaggi offrono e se sono fattibili Fanpage.it ha intervistato il fisico nucleare Marco Casolino. Ecco cosa ci ha raccontato.
A cura di Andrea Centini
136 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica del governo Meloni, in una recente intervista al Corriere della Sera ha annunciato che sono state gettate le basi per un piano nazionale destinato alla produzione di energia attraverso piccoli reattori nucleari, quelli che in gergo tecnico vengono chiamati Small Modular Reactors o con l'acronimo di SMR. Si tratta di reattori a fissione nucleare basati su una tecnologia analoga a quella delle tradizionali centrali nucleari di terza generazione, che producono sì meno energia (in linea generale entro i 300 megawatt) ma con diversi vantaggi. Tra quelli principali vi sono costi ridotti, tempi per l'entrata in funzione, maggiore sicurezza e quantitativo limitato di suolo occupato. In base a quanto affermato dal ministro, i primi di questi nuovi reattori potrebbero essere disponibili e operativi nel nostro Paese entro 6 o 7 anni. Per saperne di più su come funzionano, quanti potrebbero servirne, se abbiamo effettivamente la capacità di svilupparli e quali sono i potenziali rischi Fanpage.it ha intervistato il dottor Marco Casolino, Dirigente di Ricerca presso l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) sezione di Roma Tor Vergata, collaboratore del centro Ricerca del RIKEN in Giappone e divulgatore scientifico, anche sui social network. Qui potete seguire i suoi video su YouTube. Ecco cosa ci ha raccontato.

Dottor Casolino, innanzitutto le chiediamo cosa sono effettivamente questi piccoli reattori nucleari e come funzionano

Partiamo dal funzionamento. Tutti i reattori a fissione nucleare funzionano con lo stesso principio: si utilizza un materiale che decade, in questo caso l'uranio. L'uranio ha tantissimi protoni e neutroni e tende a spezzarsi e a decadere. Questo decadimento, se avviene in modo naturale, non provoca nulla. Può essere misurato con un contatore Geiger. Ci sono tantissimi piatti, bottoni, fioriere e ceramiche di uranio che possono essere legalmente acquistati online per 5 Euro. Arrivano soprattutto dalla Repubblica Ceca. Si può vedere il decadimento, ma non è per niente pericoloso. Ma come si fa a produrre energia da questo processo? Innanzitutto l'uranio viene raffinato e arricchito con isotopi che decadono maggiormente, poi si fa in modo che il decadimento di una singola particella di uranio lo attiva in altre due particelle, che a loro volta lo inducono a quattro, a otto e così via. E così ho la famigerata reazione a catena in cui ne ho sempre di più. Ora la reazione a catena incontrollata ti dà la bomba nucleare: scateno l'esplosione, non la posso controllare e distruggo una città. Invece nei reattori nucleari avvengono reazioni a catena controllate e regolate dal moderatore, cioè da elementi che fanno sì che tu ne puoi produrre due, quattro, sei, ma a otto ti fermi. Qualunque reattore nucleare sta sempre in queste zone di equilibrio: sono stabili e sicure, tra una reazione che aumenta e una che la spegne. Per ottenere l'energia, essenzialmente, si fa scaldare l'acqua.

Ci spieghi questo processo

Il principio base è che noi con i reattori scaldiamo l'acqua. Anche in tutte le centrali elettriche e nelle altre convenzionali lo facciamo. Solo i pannelli solari, se vogliamo, sono un po' più raffinati, dato che prendono l'elettricità come elettrone strappato nel silicio dal fotone del sole. Quest'acqua io la voglio né troppo fredda, che altrimenti non bolle, né troppo calda. Questo è il principio base. A seconda di che tipo di carburante e di moderatore ci metto, posso avere tantissime tipologie di reattori differenti. Ma il punto essenziale è che tutto questo decadimento serve a produrre calore termico. Ce lo ricorda l'incidente di Fukushima. Una volta spenta la reazione nucleare, i prodotti di decadimento e quelli secondari hanno continuato a produrre calore e hanno letteralmente squagliato il contenitore. Con il calore dell'acqua noi ci facciamo girare le turbine, indirettamente. L'acqua – o il sodio liquido o altro – del circuito primario che viene a contatto con le barre di uranio non va mai a far girare la turbina; l'acqua del primario scalda quella del circuito secondario che a sua volta produce vapore che fa girare la turbina. Questo avviene per motivi di sicurezza. È il miglior uso che possiamo fare delle reazioni nucleari forti, perché meglio di così non sappiamo fare. Quello che si cerca è la fusione nucleare, molto più raffinata, ma è un'altra storia.

Torniamo alle dimensioni. Nel piano per l'Italia citato dal ministro Pichetto Fratin si parla di piccoli reattori nucleari: che differenza hanno con gli altri?

Il reattore a fissione nucleare può essere grande, medio o piccolo. E ciascuno di essi ha vantaggi e svantaggi. Quello grande ha il vantaggio dell'economia di scala. In un mondo ideale, cioè su un altro pianeta, identifico la zona che mi interessa, ci metto 8, 10, 100 reattori e ho risolto il problema per 10-20 anni (a seconda del tipo di reattore). Ma è chiaro che non si può fare così, quindi cerchiamo degli oggetti con meno impatto ambientale, come gli Small Modular Reactors, i piccoli reattori che interessano all'Italia. Ci sono delle accortezze che li rendono più maneggevoli, sicuri e fruibili. Sono quelli da 300 megawatt. Poi ci sono anche i microreattori, che arrivano fino a 20 megawatt, ma in realtà è un termine errato, perché in realtà sarebbero “milli”, non “micro”. Non sono infatti un milionesimo del reattore nucleare convenzionale, ma sono grossomodo un millesimo. L'idea di fondo, comunque, è avere dei reattori nucleari di dimensioni più compatte, con un output di energia ridotto. Può essere metà, 1/5, 1/10 di quello convenzionale, a seconda del tipo di oggetto. Di solito sono singoli, mentre le centrali nucleari convenzionali per ottimizzare i costi e i rischi di costruzione hanno più di un rettore nucleare. La centrale di Fukushima, ad esempio, ha sei reattori nucleari.

La tecnologia di questi piccoli reattori non è ancora pronta però. Da quel che sappiamo c'è soltanto uno Small Modular Reactor in funzione, ed è il prototipo installato a Pevek, nella Russia orientale.

Sì, sta all'Accademia Lomonosov. È in una centrale nucleare galleggiante che sta su una chiatta. Ha cominciato a produttore energia nel 2020 e sta producendo 35 megawatt di tipo elettrico, cioè già tenendo conto del calore prodotto. Ce ne sono comunque vari in costruzione di questi oggetti. In Cina, Canada, Stati Uniti, Corea del Sud e così via. Esistono addirittura 80 progetti differenti, quindi ci sono varie opzioni, vari modi di implementare questo tipo di oggetto.

Quanti ne servirebbero all'Italia? Considerando il delicato contesto energetico in cui si trova il nostro Paese, intimamente legato ai combustibili fossili importati dall'estero

Facciamo un ragionamento. Una casa in Italia solitamente ha una potenza di 2-3 kwatt. Quando parliamo di piccoli reattori nucleari, si arriva fino a 300 megawatt, quindi a 300.000 kilowatt. A grandi linee è un oggetto che può dare corrente a 150.000 case. Una centrale nucleare classica con più reattori ti dà 3 gwatt, ciò significa che può dare corrente a un milione e mezzo di case, grossomodo. Facendo la media su un anno, la potenza media richiesta in Italia è 36 GW. Circa 2/3 derivano dai combustibili fossili, gas e carbone insomma, mentre 1/3 è legato alle rinnovabili. Ovviamente non abbiamo il nucleare. È chiaro che non si vuole soppiantare completamente le rinnovabili o i combustibili fossili con i nuovi reattori. Auspicabilmente questi piccoli reattori potrebbero coprire 1/4 o 1/3 del fabbisogno nazionale. In teoria la centrale più efficiente in termini di costi, consumi, mantenimento etc etc sarebbe quella grande e convenzionale. Ogni singolo reattore produce da 700 a 1600 megawatt e se metto tre o quattro grandi reattori, ho vari gigawatt di potenza. È chiaro che di quelli piccoli ne devi mettere di più, essendo meno potenti.

Sono veramente sostenibili e puliti come si dice, anche se non sono di quarta generazione?

Il nucleare è intrinsecamente pulito e non ha impatto ambientale. O meglio, abbiamo solo le scorie che sono un problema non trascurabile, ma ti fanno salvare tutta la CO2. La Germania, ad esempio, ha chiuso le centrali nucleari ma ha riacceso le centrali a carbone. La quantità di CO2 che emette è aumentata in maniera mostruosa rispetto a prima. La Francia, che invece il 62,6% di nucleare, ha un impatto ambientale molto più basso. Bisogna fare il possibile per ridurre le emissioni di CO2 in un contesto di riscaldamento globale, che abbiamo sott'occhio. Il nucleare viene considerato come una fonte di energia a basso impatto ambientale, ovviamente fatto salvo per le già citate scorie, che devi mettere da qualche parte. Vanno stoccate per 10.000 anni e va tenuto in conto anche il fatto che non si possono imporre le centrali nucleari alla popolazione, senza che non ci sia un accordo dei comuni, delle regioni eccetera eccetera. Però appunto, io mi limito alla questione tecnica.

Questi reattori sono piccoli, modulari e sono intrinsecamente sicuri. Hanno appunto meno output e li posso mettere con minor impatto ambientale locale. Le centrali convenzionali, anche a carbone, occupano un sacco di spazio. La tecnologia, che è ancora in fase di sviluppo, dovrebbe essere appunto di tipo modulare, quindi questi reattori possono essere assemblati in fabbrica o in situ, senza tutta la complessità della realizzazione di un classico reattore nucleare, con tutta la schermatura e tutta l'infrastruttura intorno.

In molti sono preoccupati per la propria salute e non vogliono centrali nucleari nei paraggi, ritenendole non sicure

Non c'è nessuna contaminazione all'esterno. È chiaro che poi la gente non ci crede, però è altrettanto chiaro che chiunque può prendersi un contatore Geiger e misurare la contaminazione ambientale, rendendosi conto di persona che non c'è pericolo. È stato fatto per Fukushima. La popolazione giapponese, che pure tende a fidarsi molto di più del governo di quella italiana, all'epoca dell'incidente non si fidava e ha messo in piedi il tipico esempio di citizen science. Si sono comprati i contatori Geiger e hanno mappato personalmente tutto l'ambiente. Si sono resi conto che sì, c'era un incremento, ma non era pericoloso. La cosa importante è che se si vuole ritornare a sviluppare il nucleare in Italia – finalmente, aggiungerei io – va fatto uno sforzo di informazione, reso partecipe il pubblico. Se c'è chi non si fida va benissimo, vi diamo noi i contatori Geiger gratis e potete misurare voi stessi come stanno le cose, verificarle e controllarle. Si può vedere come aumenta la radioattività.

Che fra l'altro è presente anche naturalmente, soprattutto in determinati ambienti 

Sì. Se state vicino al tufo, ad esempio ai Castelli Romani, potete già vedere come aumenta con un contatore Geiger, oppure se andate in alto perché c'è la radiazione cosmica. Potete rendervi conto di persona del fatto che una centrale è sicura e che non ci sono perdite, perché i reattori sono puliti. Contaminano molto di meno l'ambiente, sia dal punto di vista della CO2, ma anche – se vuoi – dal punto di vista del materiale radioattivo. Il fumo delle centrali a carbone immette nell'ambiente carbonio 14, che è quello usato per la datazione al radiocarbonio ed è appunto radio e carbonio. Cioè è radioattivo. Quindi respiri più materiale radioattivo da una centrale a carbone che da una nucleare. Poi è chiaro che è difficile farsi credere quando dici che le cose stanno così. Ma di nuovo, se uno va a controllare, può misurarlo di persona.

E poi si tende a trascurare l'effetto del radon. È giusto che qualcuno possa preoccuparsi di una centrale nucleare, ma in Italia, essendo zona vulcanica su tufacee, c'è una grossa quantità di radiazione ambientale. Roma, i Castelli Romani, stanno sul tufo. L'altra cosa che ricordo sempre è che le sigarette contengono il Polonio 210, per come viene cresciuto il tabacco. È lo stesso isotopo con cui, tra l'altro, hanno ammazzato Litvinenko, ovviamente in dosi molto più elevate. Non si riesce a toglierlo dal tabacco e quindi provoca una grossa percentuale di tumori. Ti ammali perché inspiri materiale radioattivo e lo porti dentro i polmoni. Poi c'è un effetto negativo di sinergia, nel senso che siccome inspiri il catrame, questo si ferma sui bronchi e blocca le particelle di radon, che tu inspiri se stai in una zona a rischio di radiazione. C'è un numero molto grosso di morti all'anno. Tutto questo secondo me si inserisce in un contesto in cui, a mio modestissimo parere, si dovrebbe cominciare a sostenere lo sviluppo di questi Small Modular Reactors, ma deve essere fatto informando il pubblico. Anche in collaborazione con gli ambientalisti, perché non può essere certo una cosa che viene imposta.

I reattori nucleari pongono anche problemi di sicurezza legati a eventuali azioni ostili. Più ce ne sono, maggiori sono i bersagli sensibili

Esatto, vanno protetti dagli attacchi terroristici. Se poi c'è un furto di uranio, ci possono fare una bomba sporca. Quindi se ne ho 50, devo proteggere 50 centrali nucleari. Non li possono lasciare lì per strada. Questo è un problema che va capito. Resta il fatto che richiedono molta meno manutenzione e molto meno refueling, cioè la sostituzione del carburante. Può essere fatto dopo qualche anno, 5 anni, 7 anni. Alcuni potrebbero anche andare avanti per trent'anni senza rimpiazzare il carburante. Sono più semplici da gestire e da manutenere.

Per quanto riguarda le tempistiche, il ministro Pichetto Fratin ha parlato di 6 – 7 anni. Alcune aziende come l'Ansaldo Nucleare sarebbero già a lavoro su questi piccoli reattori. È una tempistica fattibile secondo lei?

Sì, sì. Le competenze ce le hanno, l'Ansaldo Nucleare, gli istituti, le università, sanno come farli. Poi è chiaro che ci sono tantissime accortezze tecniche e tecnologiche che magari ti fanno anche tardare di due o tre anni, però metti che non bastano 7 anni e ne servono 14, cioè il doppio che è un numero esagerato, però intanto nel 2038 avremmo un fonte di energia che non ha impatto ambientale. Se le cose vanno come dicono, ce l'avremmo nel 2031. L'importante è partire e cominciare a sviluppare questi oggetti, conoscerli, capire come ridurre i costi, come fare appunto l'economia di scala, non sulla costruzione dell'oggetto, ma farne tanti relativamente piccoli, sempre tenendo presente la sicurezza del sito.

Per quanto concerne i costi cosa può dirci? Lo SMR della Rolls-Royce, che è un po' più potente dei “piccoli” veri e propri arrivando a 470 megawatt, secondo le stime dovrebbe avere un costo di 2,14 miliardi di Euro. Comunque molto meno dei 26 miliardi di Euro stimati per la centrale nucleare tradizionale Sizewell C da 3.300 MW che il Regno Unito intende costruire nel Suffolk

La cifra precisa non la conosco, però siamo nell'ordine di qualche miliardo di Euro. Il costo va sempre raffrontato con quanto noi spendiamo per acquistare l'energia dall'estero o i combustibili fossili che poi produciamo. Si devono pagare la costruzione, l'uranio etc etc, ma poi sei autonomo. Senza contare il fatto che se noi ricostituiamo e aumentiamo le competenze che abbiamo sulla creazione del nucleare, poi sapremo sviluppare brevetti nostri, reattori con nostri design che poi possono essere venduti all'estero. Calcolare i costi e i benefici è un po' complesso. Immaginiamo anche il costo dell'impatto ambientale legato alle emissioni di CO2, ad esempio le forti piogge che portano alle esondazioni dei fiumi e fanno danni al territorio. Già te la sei ripagata. Il costo comunque sarà intorno a qualche miliardo, che poi lo riduci se ne fai di più ovviamente, è chiaro. Devi partire con dei prototipi, che non vengono utilizzati per produrre l'energia elettrica su grande scala, poi li validi e cominci a installarli.

Quali altri vantaggi avremmo?

Un altro vantaggio di questi piccoli reattori e soprattutto dei microreattori – che appunto sono ancora più piccoli – è che sono facilmente spostabili e installabili. In caso di disastri naturali, come ad esempio un terremoto, che è quello più comune in Italia, una certa regione può essere tagliata fuori dalla rete elettrica. Puoi trasportare questi microreattori su un camion come avviene con un generatore diesel, installarli e ridare energia elettrica in pochissimo tempo. Producono molta più energia di un generatore diesel. Arriviamo fino a 20 megawatt. Sono utilizzabili in maniera relativamente semplice in caso di emergenza. Puoi usarli anche sulle isole più lontane dalla terraferma e renderle indipendenti dal punto di vista energetico. Ci sono vari usi.

Come può andare a braccetto questa decisione di avviare un nuovo piano nucleare in Italia tenendo presente il referendum del 1987, che ha fatto chiudere le centrali nel nostro Paese?

Questa è una domanda politica, io posso rispondere per la parte tecnica. Non è di mia competenza

136 CONDIVISIONI
592 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views