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Cosa sono i buchi coronali e quali effetti hanno sulla Terra: la spiegazione della fisica Valentina Penza

Tra le più grandi strutture che si manifestano sul Sole vi sono i buchi coronali, regioni della corona solare che diventano visibili come grandi macchie scure a determinate lunghezze d’onda. La fisica solare Valentina Penza ha spiegato a Fanpage.it cosa sono, come si formano e quale impatto possono avere sulla Terra.
Intervista a Valentina Penza
Ricercatrice del Gruppo Solare dell'Università di Tor Vergata di Roma
A cura di Andrea Centini
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Un grande buco coronale apparso sul Sole. Credit: NASA/SDO
Un grande buco coronale apparso sul Sole. Credit: NASA/SDO

Alla fine di gennaio un gigantesco buco coronale si è manifestato sulla corona solare, lo strato più esterno dell'atmosfera del Sole, dando vita a un rapido flusso di vento solare che avrebbe potuto innescare una tempesta geomagnetica tra venerdì 31 e sabato 1 febbraio. La struttura, secondo i calcoli degli scienziati, aveva un diametro di ben 800.000 chilometri, pari a circa 60 pianeti Terra allineati. Si tratta di fenomeni molto diversi dalle macchie solari legate alla fotosfera, la superficie visibile della stella, pur condividendo alcune caratteristiche. Per comprendere meglio cosa sono i buchi coronali, come si formano e quali rischi potenziali comportano per la Terra, Fanpage.it ha intervistato la dottoressa Valentina Penza, ricercatrice presso il Gruppo Solare dell'Università di Tor Vergata di Roma. Ecco cosa ci ha raccontato.

Un buco coronale di 800.000 chilometri comparso sul Sole a fine gennaio 2025. Credit: NASA/SDO
Un buco coronale di 800.000 chilometri comparso sul Sole a fine gennaio 2025. Credit: NASA/SDO

Dottoressa Penza, cosa sono esattamente questi buchi coronali?

I buchi coronali sono delle strutture che sembrano scure se si osserva il Sole ad alte energie, quindi raggi X e ultravioletto estremo. Sono stati scoperti solo da quando è stato possibile mandare i satelliti a osservare fuori atmosfera, perché ultravioletto e raggi X sono onde elettromagnetiche assorbite dall'atmosfera. Al contrario delle macchie solari, la cui esistenza veniva appuntata da Galileo già nel 1600 perché si vedono nel visibile, questi buchi coronali sono strutture più fredde proprio nella corona, che è la parte più esterna del Sole. Sembra incredibile, ma i pianeti più vicini sono immersi nell'atmosfera solare. Noi vediamo la fotosfera, ma il Sole diminuendo la sua densità permane un po' in tutto il Sistema solare a livello particellare, ad esempio con il vento solare. Vengono chiamati buchi coronali – gli astrofisici non sono bravi a dare i nomi alle cose (sorride) – ma in realtà non sono buchi. Sono strutture che se osservate ai raggi X si vedono effettivamente più scure, perché lì il plasma è un po' più freddo e un po' meno denso. Quindi come contrasto sembrano scuri. Il fenomeno pur con delle differenze è simile nelle macchie solari.

Ci spieghi

Le macchie solari non è che sono macchie sulla fotosfera, sembrano scure perché sono a 4.000 °C, mentre la fotosfera sta a 6000 °C. Quindi i buchi coronali rispetto alla corona – che è molto calda e molto poco densa – sono più freddi. Questo effetto di raffreddamento e di poca densità è dovuto al fatto che sono regioni cosiddette unipolari. Il Sole ha un campo magnetico, in qualche modo – e soprattutto in certe fasi – molto simile a quello della Terra, con le classiche linee che si chiudono, che escono dal Sole e ritornano sul Sole. Il campo magnetico è sempre bipolare, però in quelle zone si apre. Prima o poi si richiude – non esiste il monopolo magnetico – però non in quella zona. Quindi, aprendosi, il campo magnetico fa sfuggire il vento solare, che è questo flusso continuo di particelle dal Sole. Diventa il cosiddetto vento solare veloce e queste particelle possono raggiungere la Terra.

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Cosa può dirci sulla loro formazione?

I buchi coronali in realtà ci sono sempre sul Sole, ma di solito sono localizzati ai poli. Se si ha presente un po' il campo magnetico terrestre, ai poli è aperto. È il motivo per cui le aurore si vedono soprattutto ai poli. Allo stesso modo, sul Sole ci sono sempre questi fasci di campo magnetico aperto. Quando il ciclo solare magnetico aumenta, i buchi coronali tendono a scendere un po', a diventare più equatoriali, quindi li vediamo. Perché Terra e Sole più o meno stanno nell'eclittica, quindi noi vediamo bene il Sole dall'equatore fino alle alte latitudini, ma i poli non li vediamo. Infatti è un motivo di studio, c'è la cosiddetta fisica solare polare, un campo molto aperto perché si cerca di mandare satelliti che facciano orbite polari per vedere questa zona del Sole.

Come la sonda Parker Solar

Esatto. Quello che succede in quelle parti del Sole non è mai stato visto chiaramente, esistono dei modelli. Questi buchi coronali che di solito stanno ai poli, quando cresce l'attività magnetica del ciclo solare scendono, quindi compaiono e “fanno paura”. Ma in realtà non sono pericolosi.

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Per quale motivo?

È vero che da questi campi magnetici aperti il vento solare aumenta sensibilmente la sua velocità – si raggiungono anche 700-800 chilometri al secondo – però difficilmente generano tempeste geomagnetiche molto forti.

Perché le tempeste geomagnetiche innescate dei buchi coronali sono meno intense di quelle provocate dalle espulsioni di massa coronale (CME) legate ai brillamenti delle macchie solari?

Anche dai buchi coronali possono generarsi CME, però, per quanto veloce, il vento solare non ha quell'effetto esplosivo e violento che hanno invece i flare solari. Che sono appunto emissioni di particelle e radiazione.

Quindi è una questione di velocità

È sempre vento solare, ma non ce la fa a disturbare in modo molto forte il campo magnetico terrestre, che ha la sua bella struttura a scudo. Le tempeste geomagnetiche vanno da G1 a G5; tipicamente quelle generate dai buchi coronali non superano la G2. Quindi generano disturbo e possono generare aurore, ma non alle latitudini basse come abbiamo visto recentemente anche in Italia, a maggio e ottobre dello scorso anno. Questi fenomeni, in generale, sono dovuti a flare solari che sono molto più violenti. I buchi coronali nel loro evolversi dai poli verso l'equatore si trasformano in “oggetti che sparano contro la Terra”, però sparano a energie tali per cui il campo magnetico terrestre viene disturbato un po'. Per questo è sempre meglio tenerli sotto controllo. Esistono dei sistemi della NOAA e tutta una serie di studi per evitare che i satelliti che stanno in orbita possano essere disturbati. Li mettono in safe mode, in modo che quando il flusso arriva non faccia danni. Però non arriva a livelli molto elevati: G1 o G2 come dicevamo.

Le macchie solari risultano scure perché i loro turbolenti campi magnetici imbrigliano il calore degli strati sottostanti rispetto alle aree limitrofe. Anche i buchi coronali risultano più scuri, però i loro campi magnetici sono aperti. Perché c'è questa differenza?

I buchi coronali sono più scuri perché sono meno densi. Poiché parliamo di un campo magnetico aperto, le particelle possono sfuggire più velocemente, uso un termine un po' naïf. Quindi la minore densità genera anche una minore temperatura. Già la corona è molto poco densa, quindi i buchi coronali sono contemporaneamente più freddi e meno densi. In questo caso il campo magnetico non funge da tappo alla radiazione, mentre le macchie solari sono più scure perché sotto la fotosfera solare ci sono moti convettivi. Infatti la fotosfera solare cosiddetta quieta, vedendola dalle foto si mostra come granulare. Si vedono proprio bene questi granuli. È un po' l'effetto dell'acqua che bolle, ma ovviamente non è acqua, è plasma. Ecco in quel caso il campo magnetico fotosferico blocca la convezione solare e quindi blocca la radiazione. Nel caso dei buchi coronali, la radiazione è già molto flebile. Infatti noi la corona non la vediamo. C'è bisogno dei coronografi, che praticamente simulano l'eclissi coprendo il disco solare e permettono di vedere la corona solare e la cromosfera, che sono gli strati meno densi.

Una lingua di plasma nell'atmosfera del Sole. Credit: spaceweather.com / Solar Dynamics Observatory
Una lingua di plasma nell'atmosfera del Sole. Credit: spaceweather.com / Solar Dynamics Observatory

Nella corona solare in qualche modo c'è una temperatura cinetica, definita in base alla velocità delle particelle che sono molto veloci. Ma sono così poche che non c'è l'effetto della temperatura cui siamo abituati. Nei buchi coronali c'è questa zona unipolare di campo magnetico aperto che lascia passare il vento solare. Le particelle sono di meno proprio perché sono passate. C'è dunque un effetto di minore densità e minore temperatura. Il risultato è quasi lo stesso. Nelle macchie solari c'è un po' meno densità, ma è soprattutto una questione di temperatura; nei buchi coronali c'è poca densità e più freddo.

Fino agli anni '70 nessuno si era accorto che c'erano queste strutture. Fino a quando non si è potuto andare a osservarle a lunghezze energetiche come i raggi X. Magari si verificava un'aurora e non si riusciva a capire perché. I flare solari del resto si vedono in luce bianca, la luce visibile. Il famoso Evento di Carrington si vide proprio. Ci sono scienziati che dichiararono che c'era stata una grande emissione localizzata nel Sole che praticamente era più luminosa del Sole stesso. I buchi coronali si vedono solo se si osserva la stella nei raggi X e un pochino nell'ultravioletto.

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