Cosa sono i batteri mangia carne: sintomi, prevenzione e cura della fascite necrotizzante
I cosiddetti batteri "mangia carne" sono un variegato insieme di patogeni in grado di determinare una gravissima infezione dei tessuti molli chiamata fascite necrotizzante, che se non trattata tempestivamente può portare a uno shock settico e alla morte del paziente. Tra essi figurano gli streptococchi del Gruppo A (come lo Streptococcus pyogenes), il Vibrio vulnificus e il Bacteroides fragilis. Come spiegato dall'autorevole portale healthline.com, l'invasione batterica può distruggere pelle, muscoli, il grasso e il tessuto sottocutaneo, lasciando sul corpo lesioni spaventose. Da qui gli inquietanti nomi comuni di "malattia carnivora" e "batteri mangia carne". Più volte sono balzati agli onori della cronaca nazionale e internazionale i casi di persone infettate e uccise da questi agenti patogeni, spesso comuni e responsabili di patologie banali, ma che in determinate condizioni possono trasformarsi in nemici mortali. Ecco quali sono questi microorganismi, quali sono i sintomi della fascite ncecrotizzante e come si interviene per trattarla.
Quali sono i ‘batteri mangia carne'
Sebbene da microorganismi con un nome così spaventoso ci si possa attendere gruppi di batteri ‘rari', in realtà si tratta di conoscenze molto comuni, talvolta responsabili di semplici infezioni come un mal di gola. Tra essi troviamo infatti gli stafilococchi come lo stafilococco aureo (Staphylococcus aureus); bacilli anaerobi appartenenti al genere Clostridium (Clostridium perfringens); streptococchi alla stregua dello streptococco β-emolitico del gruppo A (Streptococcus pyogenes) e il Bacteroides fragilis. Anche il patogeno opportunista Escherichia coli può scatenare la gravissima infezione, in determinate circostanze, come indicato da Healthline.com. Non mancano tuttavia batteri tipici delle acque di mare contaminate, come l'aggressivo Vibrio vulnificus, quello generalmente responsabile dei casi che finiscono nei giornali e nei telegiornali. Ma come fanno questi a batteri a diventare così pericolosi e letali? In base a una ricerca dello Houston Methodist Research Institute (Texas) pubblicato sulla rivista PNAS, essi sarebbero soggetti a una serie di mutazioni che li ‘trasforma' rendendoli capaci di innescare la fascite necrotizzante. Un uomo ha recentemente contratto l'infezione dopo il morso di un parente.
Come si contrae il Vibrio vilnificus
Come indicato, il Vibrio vulnificus è uno dei batteri mangia carne che più spesso viene coinvolto nei casi mediatici. La ragione risiede nel fatto che si contrae facendo il bagno in acque marine basse / costiere contaminate. Basta infatti una piccolissima ferita aperta, anche quella provocata dalla punta di spillo, per permettere l'accesso all'organismo a questi patogeni, che rischiano di scatenare la fascite necrotizzante soprattutto nei soggetti immunocompromessi o con determinate condizioni cliniche sottostanti. Come spiegato dagli autorevoli Manuali MSD per operatori sanitari, il Vibrio vulnificus è il patogeno abituale per un "sottogruppo di infezioni necrotizzanti dei tessuti molli di tipo II", che di solito "si verifica con lesioni acquatiche prodotte in zone costiere calde". Questo è il motivo per cui le autorità statunitensi raccomandano a chiunque entri in acqua di proteggere con cerotti qualunque ferita aperta, anche la più piccola. Tre decessi si sono verificati nell'estate del 2023 a causa di questo batterio, un Gram negativo che vive anche in acque marine / salmastre che può essere ingerito mangiando crostacei e molluschi (può provocare anche gastroenteriti e setticemia). Una corretta cura delle ferite è il metodo migliore per prevenire le infezioni della pelle e anche della fascite necrotizzante.
Cos'è la fascite necrotizzante
Per fascite necrotizzante si intende una rara infezione con esito spesso infausto provocata dai ‘batteri mangia carne', una definizione terrificante che ne sottolinea l'estrema aggressività ma che tuttavia non è veritiera dal punto di vista scientifico. I batteri, infatti, non si nutrono della carne, ma la distruggono e la decompongono attraverso il rilascio di potenti tossine. I batteri "si moltiplicano rapidamente, rilasciando tossine ed enzimi che causano coaguli di sangue nei vasi sanguigni. Questo porta alla morte dei tessuti della pelle e dei muscoli e dei tessuti sotto la pelle", spiega il governo del Queensland in un documento dedicato alla grave patologia.
Il termine fascite deriva invece dal fatto che essa aggredisce le componenti sottocutanee come il tessuto connettivo, passando rapidamente dalla cosiddetta fascia – composta da tessuto fibroso – ad altri tessuti molli dell'organismo, come muscoli e derma. Esistono diverse tipologie di fascite necrotizzante in base all'area dell'organismo colpita (la cosiddetta ‘gangrena di Fournier‘ interessa la zona genitale), ma anche dal tipo di batterio coinvolto. Le Tipo I, II e III sono tutte di origine batterica, ma esiste anche una variante fungina, la Tipo IV. I Manuali MSD specificano che, nella maggior parte dei casi, l'infezione "colpisce le estremità e il perineo". Tra i fattori di rischio nello sviluppo della "malattia carnivora" vi sono immunodepressione; lesioni cutanee; malattie cardiache; uso di droghe; malattie del fegato; abuso di alcol; diabete; problemi renali e altri ancora. La fascite necrotizzante "può essere una rara complicanza della varicella nei bambini piccoli", spiega il Governo del Queensland. Può comunque colpire anche soggetti giovani e in perfetta salute. Un articolo dell'Università degli Studi di Verona evidenzia che si tratta di un’infezione “rapidamente progressiva delle fasce che colpisce soggetti spesso giovani ed apparentemente sani, rara (0,4 casi ogni 100.000 persone) e associata a elevata mortalità”.
I sintomi della fascite necrotizzante
Non è necessaria una grande ferita per essere colpiti da questa grave infezione. In caso di piccole ferite infettate dai batteri mangia carne, tra i primi sintomi emerge un dolore sottocutaneo decisamente intenso rispetto all'entità della lesione superficiale, che viene seguito da gonfiore, eritema, vomito, diarrea, tachicardia, febbre alta e un forte senso di malessere generalizzato. I Manuali MSD specificano che "i tessuti interessati diventano eritematosi, caldi e tumefatti, simulando una cellulite di grado grave, e il dolore è sproporzionato rispetto ai reperti clinici".
La pelle, dopo il normale arrossamento, inizia a presentare i primi segni della necrosi tissutale sottostante, colorandosi in blu e viola. "Durante l'esplorazione chirurgica, ci sono essudato grigio, fascia superficiale friabile e assenza di pus. In assenza di un trattamento tempestivo, l'area diventa gangrenosa. I pazienti presentano segni di malattia acuta", sottolineano gli esperti. La fascite necrotizzante è così rapida e aggressiva che il paziente, con un quadro clinico che precipita vertiginosamente, può finire in ipotensione e shock settico, andando incontro alla morte in 5/6 giorni. Basti pensare che la sopravvivenza a un'infezione di questo tipo è limitata a poco più del 25 percento dei casi; le probabilità sono più elevate per chi viene sottoposto a cure mediche immediate. La prognosi, infatti, "è infausta senza un trattamento precoce e aggressivo".
Diagnosi e Cura
La diagnosi di fascite necrotizzante, dopo l'esame visivo ed esplorativo del tessuto lesionato, che presenta caratteristiche specifiche, viene fatta con successive analisi del sangue, del pus e delle biopsie. Determinata l'infezione si procede immediatamente alla rimozione del tessuto in necrosi, che spesso comporta la creazione di vastissime ferite aperte nel paziente. Se l'infezione riguarda porzioni periferiche (piedi, mani e nei casi più estesi braccia e gambe) si procede direttamente con l'amputazione. "Gli interventi chirurgici multipli non sono insoliti e il paziente potrebbe aver bisogno di trasfusioni di sangue. In alcuni casi può essere necessaria l'amputazione di uno o più arti", spiegano i sanitari australiani. La rimozione dei tessuti colpiti deve essere drastica e certosina: "L'errore più frequente è un intervento chirurgico insufficiente; bisogna ripetere routinariamente l'operazione ogni 1-2 giorni, con un'ulteriore incisione e sbrigliamento, quando necessario", evidenziano i Manuali MSD.
All'intervento chirurgico si accompagna un'estesa e aggressiva terapia antibiotica che prevede in particolar modo l'utilizzo di clindamicina, penicillina e vancomicina, ritenuti i più efficaci contro la fascite necrotizzante. In aggiunta possono essere previsti anche trattamenti nella camera iperbarica, utili soprattutto per i pazienti con ferite estese. Il tasso di mortalità per tutte le cause nei pazienti sottoposti a trattamento arriva fino al 30 percento.