Cosa sono gli ftalati, le sostanze chimiche della plastica collegate ai decessi per malattie cardiache

Un nuovo studio ha riacceso l’attenzione sugli ftalati, una famiglia di composti chimici utilizzati per rendere flessibile e durevole la plastica, presenti in molti prodotti di uso quotidiano: dagli imballaggi alimentari ai contenitori per i cibi, ai giocattoli per bambini fino ai materiali per uso medico, gli ftalati sono agenti plastificanti ampiamente utilizzati per rendere la plastica più pieghevole e morbida, impiegati soprattutto per ammorbidire il cloruro di polivinile (PVC). Con tuttavia il rischio, ampiamente documentato, che queste sostante chimiche vengano rilasciate nel tempo, finendo per essere ingerite attraverso la dieta.
L’esposizione agli ftalati è stata già collegata a un aumento del rischio di diverse patologie, come obesità, diabete, problemi di fertilità e cancro, a seconda del tipo di composto che è stato preso in esame: secondo la nuova indagine, guidata dai ricercatori della NYU Langone Health, l’esposizione a uno dei diversi ftalati, noto come di-2-etilesil ftalato (DEHP), è collegata ogni anno a centinaia di migliaia di decessi per malattie cardiache, inclusi infarti e ictus.
I risultati dell’analisi che ha stimato l’impatto del DEPH sulla mortalità cardiovascolare al livello globale sono stati pubblicati in uno studio pubblicato oggi sulla rivista scientifica eBioMedine di The Lancet.
Ftalati e cuore, il rischio nascosto della plastica di uso quotidiano
Per decenni, gli esperti hanno collegato diversi problemi di salute all’esposizione a specifici ftalati presenti in diversi prodotti in plastica di uso quotidiano, ma uno di questi ftalati, il DEHP (di-2-etilesil ftalato), ampiamente utilizzato per rendere più morbidi e flessibili prodotti come contenitori per alimenti, apparecchiature mediche e altre plastiche, è recentemente emerso per il suo potenziale ruolo nell’aumentare il rischio di patologie a carico del cuore.
In particolare, ricerche precedenti hanno messo in luce che l’esposizione al DEHP può determinare una risposta immunitaria iperattiva (infiammazione) nelle arterie cardiache, che, nel tempo, è associata a un aumento del rischio di infarti o ictus.
Nella nuova analisi, i ricercatori della NYU Langone Health hanno stimato che l’esposizione al DEHP abbia contribuito a 356.238 decessi, ovvero ad oltre il 13% di tutta la mortalità globale per malattie cardiache nel 2018 tra uomini e donne di età compresa tra 55 e 64 anni. “Evidenziando il collegamento tra gli ftalati e una delle principali cause di morte in tutto il mondo, le nostre scoperte si aggiungono alla vasta mole di prove che queste sostanze chimiche rappresentano un enorme pericolo per la salute umana” ha affermato l'autrice principale dello studio, la ricercatrice Sara Hyman della NYU Grossman School of Medicine.
Tra i risultati principali, lo studio ha mostrato che i decessi nella regione combinata dell’Asia orientale e del Medio Oriente e nella regione combinata dell’Asia orientale e del Pacifico rappresentano, rispettivamente, circa il 42% e il 32% della mortalità per malattie cardiache legate al DEHP. Nello specifico, l’India ha registrato il numero più alto di decessi con 103.587 decessi, seguita da Cina e Indonesia.
Secondo gli autori dello studio, una possibile spiegazione di questa disparità potrebbe risiede in differenti livelli di esposizione ai DEPH nelle diverse aree del mondo. “È possibile che le persone che vivono nei Paesi con i tassi di mortalità per malattie cardiache collegate al DEPH stiano sperimentando un boom nella produzione di plastica, ma con meno restrizioni produttive rispetto ad altre regioni – hanno precisato gli studiosi – . I nostri risultati sottolineano l’urgente necessità di normative globali per ridurre l’esposizione a queste sostanze, soprattutto nelle aree più colpite dalla rapida industrializzazione e dal consumo di plastica”.