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Covid 19

Cosa sappiamo sulle sottovarianti BA.4 e BA.5 di Omicron monitorate dall’OMS

In Sudafrica stanno aumentando i casi delle sottovarianti di Omicron BA.4 e BA.5, caratterizzate da diverse mutazioni. Ecco cosa sappiamo.
A cura di Andrea Centini
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Particelle virali del coronavirus su cellula umana. Credit: NIAID
Particelle virali del coronavirus su cellula umana. Credit: NIAID
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L'attuale ondata della pandemia di COVID-19 è guidata dalle sottovarianti BA.2 e BA.1 di Omicron, ma non sono le uniche “figlie” del ceppo emerso in Sudafrica a essere finite nel mirino degli esperti. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), come riportato dall'agenzia di stampa britannica Reuters, ha infatti affermato di aver appena messo sotto indagine anche BA.4 e BA.5. Le due sottovarianti sono caratterizzate da un insieme di mutazioni peculiari che potrebbero avere un impatto su trasmissibilità, aggressività e resistenza gli anticorpi neutralizzanti, sia quelli indotti da una precedente infezione naturale che quelli legati ai vaccini anti Covid. Al momento, comunque, non ci sono dati sufficienti al riguardo ed è troppo presto per giungere a conclusioni. È noto che sono state rilevate alcune dozzine di casi delle sottovarianti in Belgio, Sudafrica, Danimarca, Botswana, Scozia e Inghilterra, le cui sequenze sono state caricate sul database internazionale GISAID. Proprio in Sudafrica, dove a novembre del 2021 fu sequenziata Omicron, BA.4 e BA.5 stanno mostrando una certa crescita, ma il loro impatto è ancora tutto da definire.

A descrivere alcune caratteristiche delle due sottovarianti vi è il professor Tulio de Oliveria dell'Università di KwaZulu-Natal (UKZN), direttore presso il Center for Epidemic Response & Innovation (CERI) in Sudafrica, uno dei più importanti e avanzati laboratori dell'intero continente. Lo scienziato, che divulga informazioni epidemiologiche e genetiche su Twitter sin dall'inizio della pandemia, ha affermato che al momento non c'è alcun motivo di preoccupazione; sebbene infatti i contagi legati a BA.4 e BA.5 siano in crescita, al momento non è stato osservato alcun “picco importante di casi, ricoveri o decessi in Sudafrica”. Ricoveri in ospedale e morti sono anzi ai “minimi storici”, come rilevato dall'esperto.

Un'altra notizia positiva risiede nel fatto che entrambi i lignaggi possono essere identificati attraverso “il marker proxy di SGTF utilizzando il test qPCR Thermo Fisher”, spiega de Oliveria. In parole semplici, le due sottovarianti non sfuggono all'occhio degli scienziati, dato che si tratta dello stesso metodo utilizzato per monitorare la variante originale di Omicron in Sudafrica.

Per quanto concerne le mutazioni, lo scienziato sottolinea che BA.4 e BA.5 hanno un profilo genetico simile a BA.2 (Omicron “invisibile”) a livello della proteina S o Spike, il “grimaldello biologico” che il coronavirus SARS-CoV-2 sfrutta per agganciarsi alle nostre cellule, invaderle e innescare la replicazione che è alla base della malattia, la COVID-19. Tuttavia presentano mutazioni supplementari chiamate 69-70del, L452R e F486V. De Oliveira spiega che la prima di queste mutazioni era stata osservata anche nelle varianti Delta, Kappa ed Epsilon, mentre F486V è considerata una mutazione “non comune” sita nel dominio di legame del recettore (RBD). Mutazioni in quella posizione sono legate alla resistenza agli anticorpi neutralizzanti, proprio per questo l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso di indagare più a fondo su BA.4 e BA.5.

Lo scienziato ha indicato anche che le due sottovarianti differiscono l'una dall'altra per tre mutazioni site al di fuori della proteina Spike, ovvero ORF7b:L11F e N:P151S per BA.4 e M:D3N per BA.5. Sia in BA.4 che in BA.5 sono inoltre presenti “reversioni al tipo wild type su nsp4:L438 e ORF6:D61”, in pratica hanno cambiamenti osservati nel ceppo ancestrale del SARS-CoV-2.

Le autorità sanitarie del Sudafrica e l'OMS continueranno a monitorare attentamente le due sottovarianti per comprenderne l'impatto sulla gestione della pandemia, ma al momento, come indicato, non c'è alcun motivo di allarme. La sottovariante BA.2, del resto, ha solo allungato l'ondata di Omicron ma non ha provocato picchi importanti di casi, ricoveri e decessi, come spiegato da de Oliveria; BA.4 e BA.5 potrebbero avere un destino analogo nel caso in cui dovessero imporsi sulle altre.

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