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Covid 19

Cosa sappiamo sulla variante ricombinante XE, figlia di Omicron 1 e Omicron 2 “invisibile”

Nel Regno Unito sono stati rilevati 637 casi di variante ricombinante XE, originata in un paziente infettato da Omicron 1 e 2. Ecco cosa sappiamo.
A cura di Andrea Centini
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Particelle virali del coronavirus su cellule. Credit: NIAID
Particelle virali del coronavirus su cellule. Credit: NIAID
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L'Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (UKHSCA) ha annunciato che sta monitorando con attenzione una variante ricombinante della Omicron (B.1.1.529) chiamata XE, della quale ad oggi si conoscono 637 casi ufficiali sul territorio nazionale. Le ultime ondate della pandemia di COVID-19 sono state guidate proprio dalla variante Omicron del coronavirus SARS-CoV-2, scoperta in Sudafrica alla fine di novembre 2021 e diffusasi rapidamente nel mondo. Il ceppo, replicandosi negli ospiti, ha continuato a mutare in sottovarianti più o meno rilevanti, dando vita a due rami principali: BA.1, l'Omicron “originale”, e BA.2, la cosiddetta Omicron 2 “invisibile” che ha iniziato a diffondersi in Danimarca e ora è principale responsabile dei contagi in molti Paesi. L'UKHSCA ha ad esempio comunicato che oggi BA.2 rappresenta il 93,7 percento dei casi in UK. La sottovariante XE è una variante ricombinante figlia proprio dei due ceppi principali della Omicron, come sottolineato dall'agenzia sanitaria britannica.

Nel suo ultimo bollettino dedicato alla pandemia l'UKHSCA ha spiegato che una variante ricombinante “si verifica quando un individuo viene infettato con due o più varianti contemporaneamente, con conseguente mescolamento del loro materiale genetico all'interno del corpo del paziente”. In parole semplici, XE è originata in un paziente Covid colpito sia da BA.1 che BA.2. Naturalmente non si tratta della prima variante ricombinante emersa durante la pandemia di COVID-19, dato che ne sono originate molte negli ultimi 2 anni. Recentemente sono state scoperte anche le ricombinanti XD e XF, entrambe nate da un'infezione combinata di variante Omicron e variante Delta. Ad oggi nel Regno Unito sono stati scoperti 38 casi di XF, ma da febbraio non vengono più rilevati. Non c'è da stupirsi, dato che le varianti ricombinanti spesso si estinguono rapidamente, senza diventare varianti di preoccupazione (VoC) classificate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), come l'Alfa, la Beta, la Gamma, la Delta e la Omicron. Di XD sono stati invece registrati 49 casi in tutto il mondo, la maggior parte dei quali in Francia.

Come indicato, della XE nel solo Regno Unito sono stati rilevati 637 casi, il primo dei quali il 19 gennaio di quest'anno. I dati epidemiologici hanno permesso agli scienziati di determinare che al 16 marzo presentava un tasso di crescita del 9,8 percento, come evidenziato nel bollettino "SARS-CoV-2 variants of concern and variants under investigation in England – Technical briefing 39". È un dato superiore a quello della Omicron 2. Tuttavia questa percentuale è risultata variabile nel tempo e ancora non è possibile determinare la crescita con certezza. “Questo particolare ricombinante, XE, ha mostrato un tasso di crescita variabile e non possiamo ancora confermare se abbia un vero vantaggio di crescita”, ha dichiarato in un comunicato dell' UKHSCA la professoressa Susan Hopkins, Chief Medical Advisor presso l'agenzia sanitaria. Alla luce dei pochi dati su XE, specifica la scienziata, al momento non è possibile trarre conclusioni su trasmissibilità e virulenza della variante ricombinante, così come non si conosce quanto sia “brava” a eludere i vaccini anti Covid. È noto che la variante Omicron “super mutata” da cui deriva ha una ridotta sensibilità agli anticorpi neutralizzanti, sia quelli indotti da precedenti infezioni che della vaccinazione. Al momento, comunque, non c'è motivo di particolare preoccupazione. “Le varianti ricombinanti non sono un evento insolito, in particolare quando ci sono diverse varianti in circolazione e molte sono state identificate nel corso della pandemia fino ad oggi. Come con altri tipi di varianti, la maggior parte morirà in tempi relativamente brevi”, ha chiosato la professoressa Hopkins. L'UKHSCA continuerà a monitorare la situazione.

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