Cosa ha causato la quarta alluvione dell’anno in Emilia-Romagna, l’esperto: “Così i fiumi non possono reggere”
Per la quarta volta quest'anno un fiume di fango e detriti ha invaso diverse aree dell'Emilia-Romagna, lasciando dietro sé danni e morte. Questa volta a essere stata colpita in modo più severo è stata l'area metropolitane di Bologna e alcuni comuni vicini. Un ragazzo, Simone Farinelli, ha perso la vita a soli 20 anni.
Come ci siamo abituati a dire spiegando eventi estremi di questo tipo, la causa scatenante sono state le piogge intense che si sono abbattute nella regione. Tra sabato 19 e domenica 20 ottobre a Bologna sono caduti più di 160 millimetri di pioggia in meno di 24 ore. A maggio 2023, uno dei mesi più piovosi dello scorso anno, ne sono caduti complessivamente 126 mm.
Le intense piogge del weekend sono arrivate inoltre a conclusione – speiega Arpae – di un mese molto piovoso, che già aveva reso i terreni completamente saturi d'acqua. Questo insieme di fattori ha portato molti dei piccoli torrenti della collina bolognese in uno stato di crisi, facendoli straripare e causando frane e smottamenti lungo i loro percorsi.
Fanpage.it ha intervistato il professore Stefano Caserini, docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici e dell’impatto ambientale dell’Università di Parma per fare un quadro sulle cause degli eventi drammatici delle prossime ore.
Questa è la quarta alluvione in Emilia-Romagna dall'inizio dell'anno. È una nuova conferma che gli eventi estremi in Italia stanno aumentando?
Anche se è troppo presto per valutare i dati pluviometrici di quanto successo in queste ore per stabilire si si possa parlare o meno di un evento estremo, è certo che la scienza del clima aveva previsto ormai anni fa che l'aumento delle temperature globali avrebbe portato a un aumento delle precipitazioni intense. Quindi dal punto di vista fenomenologico, quello a cui stiamo assistendo ha una spiegazione.
Perché gli eventi estremi sono legati al cambiamento climatico?
Già nel 2010, il climatologo statunitense James Hansen sosteneva come uno dei segni del riscaldamento globale sarebbe stata proprio la maggiore frequenza di precipitazioni molto intense. Se fa più caldo infatti aumenta anche il tasso di umidità nell'aria: si stima che ogni grado in più implica un aumento dell'8% dell'umidità presente nell'aria, e quindi piogge più intense e più frequenti. Anche se non in modo uniforme e da per tutto, in Italia cominciamo a vederne gli effetti in termini statistici.
Cosa c'entra il mare più caldo?
Ogni evento atmosferico ha una storia a sé, quindi non si può generalizzare. Ma chiaramente a livello fenomenologico ci sono dei motivi noti per cui ci si attende un aumento dei venti estremi e l'aumento delle temperature dei mari è chiaramente uno di questi. Poi è importante dire che alluvioni e precipitazioni intense sono due fenomeni distinti, se da una pioggia intensa si verifica un'alluvione dipende dal rischio idrogeologico.
Secondo la Protezione Civile il 95% del territorio italiano è a rischio idrogeologico. C'è chi indica tra i motivi i fiumi tombali, cosa sono?
I fiumi tombati sono fiumi che sono stati chiusi con una copertura superiore per trasformati in canali. Se ci sono piogge intense un fiume può esondare, ma se è chiuso il rischio è che prima o poi esploda per la troppa pressione, facendo fuoriuscire l'acqua nel punto in cui si verifica questa rottura. Il fatto è semplice: i fiumi hanno bisogno di spazio per espandersi, ma se noi li canalizziamo per costruirci vicino, l'acqua non ha abbastanza spazio per defluire e quindi per forza di cose esondano.
Cosa possiamo fare per limitare i danni dei prossimi eventi estremi?
Le strategie che abbiamo a disposizione sono due. La prima consiste nella mitigazione dei cambiamenti climatici, riducendo le emissioni di CO2 e potenziando l'assorbimento dei gas serra. Questo sarà possibile solo investendo sulle energie rinnovabili e facendo a meno dei combustibili fossili. In parte lo stiamo iniziando a fare, ma troppo lentamente. Bisogna accelerare in questo cambiamento.
La seconda?
La seconda consiste nell'adattamento agli effetti del cambiamento climatico, ma chiaramente l'adattamento da solo non può bastare. Se non si interviene in modo più sistematico, le temperature aumenteranno a un livello tale che le piogge di oggi non ci sembreranno niente in confronto.
Perché non si sta facendo ancora abbastanza?
La percezione è che ci sia sempre qualcosa di più importante su cui investire. Anche a livello d'opinione pubblica, direi che in quanto collettività soffriamo di un deficit dell'attenzione: quando si verificano eventi drammatici, come le alluvioni di questi giorni, ci allarmiamo, ma il giorno dopo siamo pronti a dimenticarcene.
I negazionismi sostengono che l'aumento delle piogge provi che non esista nessuna crisi climatica e nessuna siccità. Cosa risponderebbe?
Un conto è il volume totale delle piogge, ovvero la quantità di pioggia caduta in un certo periodo, un conto è la distribuzione delle piogge. A parità di volume, se la stessa quantità di acqua cade in 150 giorni o in 50 giorni è chiaro che si non è la stessa cosa. Guardiamo il caso della Sicilia: ha vissuto una siccità estrema e oggi è sommersa dall'acqua.