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Con più donne che lavorano in sala operatoria gli interventi hanno esiti migliori: lo studio

Lo studio è stato condotto su oltre 700.000 operazioni chirurgiche eseguite in Canada in un arco di tempo di dieci anni. I dati hanno dimostrato che gli interventi effettuati da équipe mediche in cui almeno il 35% dei chirurgi e degli anestesisti erano donne hanno mostrato esiti post-operatori migliori.
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"Non ha nemmeno senso provarci, non potrai mai essere ammessa. Dovresti andare a Parigi e travestirti da uomo". Quando nel 1845, una giovane di 26 anni di nome Elizabeth Blackwell, tentò di iscriversi a Medicina fu questa la risposta che le tornò indietro. Ma Blackwell non si arrese e alla fine riuscì a realizzare il suo sogno: nel 1849 divenne la prima donna negli Stati Uniti a laurearsi in Medicina.

Dopo quasi un secolo di battaglie, le cose per le donne che vogliono seguire l'esempio di Blackwell e diventare medico sono migliorate, certo, ma la strada è ancora lunga e i colleghi uomini sono ancora in netta maggioranza negli ospedali e soprattutto in sala operatoria. Eppure, stando alle ultime ricerche, gli ospedali con una maggiore parità di genere garantiscono anche risultati migliori per i pazienti. Tra i più recenti, uno studio condotto dall'Università di Toronto ha osservato che le operazioni chirurgiche eseguite da équipe mediche con almeno il 35% di chirurghe e anestesiste implicano un tasso minore di complicazioni post-operatorie nei primi 90 giorni successivi all'intervento.

Più donne in team, risultati migliori per i pazienti

I ricercatori hanno studiato i dati di 709.899 pazienti che hanno subito interventi chirurgici in Ontario, Canada, dal 2009 al 2019, indagando il tasso di eventi avversi o complicazioni – in termini medici vien definita morbilità post-operatoria – che si sono verificati nei tre mesi successivi all'intervento. Hanno osservato che sul totale degli interventi studiati, eseguiti in 88 ospedali, eventi di questo tipo si sono verificati nel 14% dei casi.

Lo studio, pubblicato sul British Journal of Surgery, ha infatti osservato che le operazioni eseguite da team in cui almeno il 35% dei chirurgi e degli anestesisti era formato da donne hanno avuto iter post-operatori migliori: nello specifico, la maggiore presenza delle professioniste donne è stata associata a una riduzione del 3% delle probabilità di complicazioni a 90 giorni dall'intervento.

Ancora troppe poche donne in sala operatoria

Inoltre, lo studio di un così ampio spettro di dati ha anche confermato quanto ancora la strada sia lunga verso un'effettiva equità di genere nelle professioni mediche. È infatti emerso che degli altri 700.000 interventi chirurgici in media solo il 6,7% è stato eseguito da chirurghe donne (47.874 operazioni).

Le cose non vanno molto meglio per le anestesiste, che si sono occupate del 27% dei pazienti  (192.144 delle operazioni). A conferma della netta minoranza delle professioniste donne presenti in media in sala operatoria. Inoltre, le cose sembrano cambiare molto lentamente: nei dieci anni a cui è riferito lo studio, il numero di anestesiste e chirurghi è cresciuto solo del 5% in 10 anni.

Favorire la collaborazione tra professioni e professioniste

Questa ricerca, spiegano gli autori, non punta affatto ad affermare una presunta migliore preparazione delle professioniste donne. Tutt'altro, l'obiettivo è comprendere il modo in cui la diversità può essere usata a vantaggio dei pazienti stessi. "Volevamo sfidare il discorso binario di confrontare medici di sesso femminile e maschile – scrivono gli autori – ma porre l'attenzione sul valore della diversità come risorsa di squadra nel migliorare l'assistenza di qualità".

In fondo, la stessa Blackwell era giunta alla stessa conclusione, già decenni anni fa: nonostante gli enormi ostacoli affrontati soltanto in quanto donna, la prima medica della storia degli Stati Uniti sostenne sempre che solo attraverso "un'intelligente cooperazione tra i due sessi" si può lavorare per raggiungere un "reale progresso" nello studio della natura umana.

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